Quarant’anni al servizio dei migranti in Brasile, suor Rosita Milesi, scalabriniana, ha vinto il Premio Nansen dell’Unhcr

L’avvocato dei rifugiati

This handout picture taken on August 24, 2024 by Marina Calderon and released by the United Nations ...
09 ottobre 2024

«Farò l’avvocato dei poveri» rispose a chi — anche all’interno della sua congregazione — le chiedeva perché lei, religiosa scalabriniana, stava seguendo un master in giurisprudenza. È stata proprio questa formazione giuridica a consentire a suor Rosita Milesi, dagli anni Ottanta in poi, di assistere migliaia di migranti in Brasile aiutandoli ad accedere a documentazione legale, riparo, cibo, cure sanitarie, formazione linguistica, mercato del lavoro. E il suo ruolo di avvocato (con laurea alla Pontificia università cattolica di Rio Grande do Sul) ha avuto un ruolo determinante nel dare forma alla legge brasiliana sui rifugiati del 1997 (e poi del 2017) ampliandone i diritti in linea con la Dichiarazione di Cartagena del 1984.

Ora che, a 79 anni, l’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) l’ha insignita con il Premio Nansen (che dal 1954 onora individui e organizzazioni che hanno intrapreso azioni straordinarie per proteggere rifugiati, sfollati interni e apolidi), suor Rosita, ringraziando, non può far altro che confermare che questa è la sua missione di vita: «Non ho paura di agire, anche se non realizziamo tutto ciò che vogliamo. E se mi assumo una responsabilità, capovolgerò il mondo per realizzarla».

Genitori di origini italiane (contadini che terminavano ogni giornata lavorativa pregando con i loro undici figli), suora a 19 anni, impossibile elencare gli incarichi passati e presenti assunti da Rosita Milesi: fondatrice a Brasília del Centro scalabriniano di studi sulle migrazioni; direttrice a Boa Vista dell’Istituto per le migrazioni e i diritti umani (dedicato specialmente ai profughi venezuelani); membro del Comitato nazionale per i rifugiati collegato al ministero della Giustizia. Il riconoscimento dell’Unhcr giunge alla soglia degli 80 anni ma suor Rosita non lo considera di certo un premio alla carriera: è già al lavoro per aumentare l’accesso all’istruzione per i bambini rifugiati e certificare i loro diplomi. «Avere un’utopia, un sogno, avere la convinzione di costruire qualcosa di meglio, è fondamentale», confida.

Assieme a lei saranno premiate altre quattro donne, vincitrici regionali del “Nansen”: Maimouna Ba, per l’Africa, attivista del Burkina Faso che ha aiutato un centinaio di bambini sfollati a tornare a scuola e avviato quattrocento donne sulla strada dell’indipendenza finanziaria; Jin Davod, per l’Europa, imprenditrice sociale che ha attinto alla sua esperienza personale di rifugiata siriana per creare una piattaforma online mettendo in contatto sopravvissuti a traumi con terapisti che forniscono supporto gratuito per la salute mentale; Nada Fadol, per il Medio Oriente e il Nord Africa, rifugiata sudanese che ha mobilitato aiuti essenziali per centinaia di famiglie in fuga verso l’Egitto; Deepti Gurung, per l’Asia-Pacifico, che ha condotto una campagna per riformare le leggi sulla cittadinanza in Nepal in quanto le sue due figlie erano apolidi, aprendo così la strada alla cittadinanza per loro e per migliaia di altre persone in situazioni simili.

di Giovanni Zavatta