La sinodalità come stile
Pubblichiamo di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, il testo del saluto pronunciato all’inizio dei lavori dal presidente delegato di turno, cardinale Carlos Aguiar Retes, arcivescovo di México (Messico).
Mi permetto di iniziare questo saluto di apertura ricordando una riflessione che, nell’ambito dello svolgimento del Concilio Vaticano ii , propose Papa san Paolo vi nella sua prima enciclica Ecclesiam suam, e che mi sembra sia ancora attuale rispetto alle sfide presenti, che stiamo affrontando per realizzare la Nuova Evangelizzazione indicata da Papa san Giovanni Paolo ii come indispensabile per trasmettere, con speranza, con gioia e con efficacia, la fede alle nuove generazioni, specialmente a tutti coloro che subiscono le deplorevoli conseguenze della disuguaglianza e della polarizzazione sociale, tanto diffuse nei nostri Paesi.
Papa san Paolo vi diceva: «Terzo pensiero Nostro, e vostro certamente, sorgente dai primi due sopra enunciati, è quello delle relazioni che oggi la Chiesa deve stabilire col mondo che la circonda ed in cui essa vive e lavora… Si presenta cioè il problema, così detto, del dialogo fra la Chiesa ed il mondo moderno. È problema questo che tocca al Concilio descrivere nella sua vastità e complessità, e risolvere, per quanto è possibile, nei termini migliori» (n. 5).
A nome di tutti i presenti e di tutti i vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, consacrate, consacrati, e fedeli in generale che stanno partecipando al processo sinodale — che oggi raggiunge il suo culmine con la xvi Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi — esprimo la nostra gratitudine al Santo Padre Francesco, per la sua provvidenziale convocazione, poiché abbiamo percepito in questo processo il crescente risvegliarsi della Chiesa per stabilire la sinodalità come stile di vita proprio, al fine di rafforzare i vincoli fraterni della grande famiglia di Dio che peregrina verso la Casa del Padre, come base prioritaria per rispondere adeguatamente alle sfide presenti nel nostro tempo.
In particolare ho apprezzato, grazie alla maggiore partecipazione dei settori ecclesiali, l’importanza di ascoltare le diverse e molto positive percezioni dei fedeli sulla missione evangelizzatrice, come pure i loro bisogni e i loro frutti tanto incoraggianti che senza dubbio ci rafforzano, soprattutto noi vescovi, presbiteri e agenti di pastorale, affinché continuiamo ad assumerci, con maggiore entusiasmo e più accuratezza, le nostre responsabilità, e affinché uniamo gli sforzi nel processo sinodale, rendendo realtà quello che Lei, Santo Padre, ha detto al punto 5 della Episcopalis communio: «Il Vescovo è contemporaneamente maestro e discepolo. Egli è maestro quando, dotato di una speciale assistenza dello Spirito Santo, annuncia ai fedeli la Parola di verità in nome di Cristo capo e pastore. Ma egli è anche discepolo quando, sapendo che lo Spirito è elargito a ogni battezzato, si pone in ascolto della voce di Cristo che parla attraverso l’intero Popolo di Dio, rendendolo infallibile in credendo».
Pertanto, con una grande convinzione da pastori, dobbiamo proseguire i nostri sforzi con il massimo impegno e speranza possibile, perché le inerzie del tradizionale modello piramidale di esercizio dell’autorità ecclesiale, nei suoi diversi livelli, persistono in buona parte dei presbiteri e dei fedeli, e anche alcuni dei nostri fratelli vescovi.
In queste settimane cammineremo con questa fiducia, ascoltando la Parola di Dio e la parola dei nostri fratelli, e condividendo ciò che lo Spirito Santo seminerà nel nostro cuore.
Ora, poiché abbiamo constatato il beneficio del camminare verso una Chiesa sinodale missionaria, con la benedizione divina, riponiamo la nostra ferma speranza nell’assistenza dello Spirito Santo, ricordando sempre che in questa vita terrena non si raggiunge la pienezza e che i successi sono solo un incoraggiamento per non perderci d’animo lungo il cammino e perseverare fino alla fine.
A tale proposito mi sembra opportuno ricordare le parole iniziali dell’enciclica Spe salvi di Papa Benedetto xvi : «La “redenzione”, la salvezza, secondo la fede cristiana, non è un semplice dato di fatto. La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino».
Confido effettivamente che tutti noi presenti, avendo vissuto il processo sinodale fin dal 2021 — sebbene abbiamo constatato la difficoltà reale di rinnovare le nostre Chiese particolari —, abbiamo percepito come, specialmente i nostri fedeli e agenti di pastorale, si siano entusiasmati, pieni di speranza, nel realizzare una Chiesa fraterna, solidale, sussidiaria, che sia luce nelle difficili circostanze della nostra epoca contemporanea.
Così facendo metteremo in pratica quanto espresso al punto 6 della Episcopalis communio: «Per i Padri sinodali chiediamo, innanzitutto, il dono dell’ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del Popolo; ascolto del Popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama».
È pertanto molto opportuno, in questa Assemblea che apriamo oggi, recuperare la consapevolezza della promessa di Gesù, il quale ha detto: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
Lasciamoci dunque guidare dallo Spirito Santo, e sperimenteremo quanto il Signore è buono per quelli che confidano in Lui! Che Dio Trinità e la Vergine Maria, Madre della Chiesa, ci accompagnino!