La Seconda sessione della XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi
1.ma Congregazione generale
La relazione del cardinale segretario generale Mario Grech

In ascolto del grido
e del pianto di quanti soffrono sotto le bombe

 In ascolto del grido e del pianto  di quanti soffrono sotto le bombe  QUO-224
03 ottobre 2024

Pubblichiamo la relazione tenuta dal cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo.

Bentornati! A tutte e a tutti, sorelle e fratelli in Cristo, il nostro saluto.

Convocati per la seconda sessione dell’Assemblea, invochiamo lo Spirito perché ci illumini e renda il nostro orecchio attento alla sua Voce. Lo Spirito che, dalle profondità della creazione violata e delle creature che patiscono ingiustizie su ingiustizie, geme e soffre per un parto darà inizio a una nuova stagione.

Mentre celebriamo questa Assemblea, in tante parti del mondo si combattono guerre! Siamo sull’orlo di un allargamento del conflitto. Quante generazioni dovranno passare prima che i popoli in guerra possano tornare a “sedersi insieme” e parlarsi, a edificare insieme un futuro di pace?

Ci stringiamo alle sorelle e ai fratelli presenti in aula che provengono dalle zone di guerra o dalle nazioni che vedono violate le libertà fondamentali dei popoli. Attraverso la loro voce possiamo ascoltare il grido e il pianto di quelli che soffrono sotto le bombe, soprattutto dei bambini, che respirano questo clima di odio. Come credenti siamo chiamati a desiderare e pregare per il dono prezioso della pace per tutti i popoli.

Alla preghiera continua dobbiamo unire sempre la testimonianza credibile. Questa Assemblea è per se stessa una testimonianza credibile! Il fatto che uomini e donne siano convenuti da tutte le parti della terra per ascoltare lo Spirito ascoltandosi gli uni gli altri è un segno di contraddizione per il mondo. Mi viene alla mente il passaggio finale del discorso del Santo Padre nel 50° dell’istituzione del Sinodo dei vescovi: «Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni (cfr. Is 11, 12) in un mondo che — pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica — consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere».

Il Sinodo è essenzialmente una scuola del discernimento: è la Chiesa radunata insieme con Pietro per discernere insieme. Una Chiesa sinodale è una proposta alla società di oggi: il discernimento è frutto di un esercizio maturo della sinodalità come stile e come metodo. Il discernimento ecclesiale può essere una sfida e un esempio per ogni tipo di assemblea, che deve trovare nell’ascolto reciproco dei suoi membri la regola d’oro per la ricerca della verità e del bene comune. Senza dimenticare che il discernimento è un “ponte” attraverso cui credenti e non credenti possono ascoltarsi e comprendersi utilizzando una grammatica comune. A dirlo non sono io, ma un autore laico, Umberto Eco. L’orizzonte di questa nostra Assemblea è la Chiesa, ma il desiderio è che il risultato del nostro lavoro sulle relazioni, sui processi, sui luoghi possa essere di aiuto per tutti gli uomini e contribuire all’edificazione di un mondo più giusto.

Tanti pensano che la finalità del Sinodo sia un cambiamento strutturale della Chiesa, sia la riforma. È questa un’ansia, un desiderio che attraversa tutta la Chiesa. Tutti noi la desideriamo, eppure non abbiamo tutti la stessa idea di riforma e delle sue priorità. Già nel 1950 Yves Congar parlava di «vera o falsa riforma nella Chiesa». Perché sia vera, bisogna che anche le nostre priorità siano vere, siano cioè sottoposte allo «Spirito della verità, che guida la Chiesa a tutta intera la verità» (Gv 16, 13). Se lo Spirito Santo non avesse il primato nei nostri lavori, la finalità del Sinodo sarebbe amministrativa giuridica o politica, non ecclesiale!

È lo Spirito che conduce la Chiesa a conoscere la verità. Il concilio ci ha ricordato che «Dio, il quale ha parlato in passato, parla senza interruzioni con la Sposa del Figlio suo diletto, e lo Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce dell’Evangelo risuona nella Chiesa e attraverso di essa nel mondo, introduce i credenti alla verità tutta intera e in essi fa dimorare abbondantemente la parola di Cristo» ( dv 8c). La costituzione Dei Verbum per spiegare come questo possa avvenire, ricorda che «la comprensione tanto delle cose quanto delle parole trasmesse cresce sia con la contemplazione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr. Lc 2, 19.51), sia con la profonda intelligenza delle cose spirituali di cui fanno esperienza, sia per la predicazione di coloro che, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» ( dv 8b).

Sono questi i soggetti che rendono possibile il dinamismo della Tradizione, la quale «progredisce nella Chiesa sub assistentia Spiritus Sancti» ( dv 8b). Questi soggetti altro non sono che la Chiesa stessa, il Popolo di Dio radunato dai suoi Pastori, che «persevera continuamente nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni (At 2, 47), in modo che nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca un singolare accordo tra Pastori e fedeli» ( dv 10). Il consenso delle Chiese era per la Chiesa antica criterio certo della verità di Cristo: è vero ciò che crede la Chiesa, perché la totalità dei battezzati non può sbagliarsi nel credere, in forza del dono dello Spirito.

Fin dall’inizio di questo processo sinodale abbiamo ribadito che esso fonda in questa verità il discernimento ecclesiale, l’ascolto gli uni degli altri per ascoltare ciò che lo Spirito dice alla Chiesa. Si tratta di un ascolto che ha sostenuto tutte le tappe del processo: la consultazione del Popolo santo di Dio nelle Chiese locali, il discernimento dei Pastori nelle Conferenze episcopali, l’ulteriore discernimento nelle Assemblee continentali, la doppia sessione dell’Assemblea intorno al Santo Padre, principio e fondamento di unità della Chiesa tutta. Così elencate, le tappe sembrano configurare un processo lineare, dove il Popolo di Dio appare solo all’inizio per dare l’illusione di prendere parte a un processo decisionale che però rimane concentrato nelle mani di pochi. Se così fosse, avrebbero ragione quanti sostengono che il processo sinodale, una volta passato alla tappa del discernimento dei vescovi, ha spento ogni istanza profetica del Popolo di Dio!

Ma l’«universale consenso» frutto del discernimento nasce dall’ascolto di tutti. Vale la pena ribadire quanto diceva il Santo Padre in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo: «una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto», in cui tutti — Popolo santo di Dio, Collegio Episcopale, Vescovo di Roma — sono chiamati ad ascoltarsi gli uni gli altri, per ascoltare ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Per garantire che questo ascolto sia di tutti e coinvolga sempre tutti — cioè la Chiesa — abbiamo attuato il principio della restituzione. Sempre, ad ogni passaggio che fissava in un testo il discernimento ecclesiale in atto, abbiamo restituito alle Chiese il frutto dell’ascolto.

Non si tratta di un atto di cortesia. È, al contrario, un atto dovuto, un’applicazione del principio di circolarità che deve regolare la vita della Chiesa. Inviare al Vescovo, «principio e fondamento di unità nella sua Chiesa», ogni documento significa restituire al soggetto dal quale tutto il processo sinodale è partito — il Popolo di Dio — il frutto del discernimento, perché la risposta delle Chiese possa dare nuovo impulso al discernimento ecclesiale. Il senso ultimo di questa restituzione è ecclesiale: se la Chiesa è «il corpo delle Chiese», «nelle quali e a partire dalle quali esiste l’una e l’unica Chiesa Cattolica» ( lg 23), il Sinodo è un processo che impegna tutta la Chiesa e tutti nella Chiesa, ciascuno secondo la sua funzione il suo carisma e ministero.

Impegna la Segreteria Generale del Sinodo, che «presta un’efficace collaborazione al Romano Pontefice, secondo i modi dallo stesso stabiliti o da stabilirsi, nelle questioni di maggiore importanza, per il bene di tutta la Chiesa» ( pe 33). Attraverso una circolarità continua sarà possibile maturare uno stile e una forma sinodale di Chiesa, nella quale vale il principio dello scambio dei doni: avvenga presto che ogni Chiesa «offra i propri doni alle altre Chiese e alla Chiesa intera, così che la Ecclesia tota ed ogni Chiesa traggano vantaggio dalla reciproca comunicazione di tutti, e dal tendere insieme verso la salvezza» ( lg 13).

Impegna ogni Vescovo nella sua Chiesa. Una Chiesa sinodale dipende in larga parte da un vescovo sinodale. Il suo compito primo e fondamentale è quello di essere maestro e garante del discernimento ecclesiale. Questo compito vale anzitutto nella sua Chiesa, dove svolge il suo ministero di guida. Ma non vale di meno quando lo esercita insieme agli altri vescovi negli organismi che manifestano i raggruppamenti di Chiese. Così, il vescovo che ha avviato la consultazione nella sua Chiesa e ha attivato gli organismi di partecipazione come soggetti del discernimento ecclesiale, continua questo discernimento nella Conferenza episcopale e nelle Assemblee continentali, che il processo sinodale ci ha consegnato come “luogo” significativo dell’ascolto delle Chiese di un continente. Su questo aspetto bisognerà continuare a riflettere sul piano teologico, canonico e pastorale.

Di questo processo ordinato benefica molto il ministero petrino, che emerge sempre più come il servizio all’unità della Chiesa e nella Chiesa: della communio Ecclesiarum, Fidelium, Episcoporum egli è «il perpetuo e visibile principio e fondamento di unità», che ha chiamato tutta la Chiesa all’azione sinodale e a favore della Chiesa raccoglie e restituisce i frutti del discernimento, in ragione del suo ministero di sollecitudine per tutte le Chiese. Questo vale per questa xvi Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha per tema la sinodalità. Ma può diventare lo stile e il modo di procedere in una Chiesa sinodale, che ha riscoperto, con lo Spirito che parla alla Chiesa, anche la forza del discernimento ecclesiale come frutto dell’ascolto dello Spirito attraverso l’ascolto reciproco di tutti nella Chiesa. Il ministero petrino è l’asse della sinodalità cattolica ed il processo sinodale ha lo scopo di aiutare Pietro nel suo discernimento per tutta la Chiesa.

Ci attende un lavoro intenso. A questa fase seguirà quella della recezione e attuazione di ciò che è maturato nel processo sinodale 2021-2024. Le Chiese tanto più recepiranno il risultato, tanto quanto esso sarà non il risultato dei nostri sforzi, ma il frutto dell’ascolto docile dello Spirito. Come scrive san Tommaso: «Actus credentis non terminatur ad enuntiabile, sed ad rem» (S. Th., ii/ii, q. 1, art. 2, ad 2). Massima che possiamo tradurre in una dimensione ecclesiale: l’atto di una Chiesa che crede — questa Assemblea — non si conclude con una enunciazione teorica, un Documento finale, ma con la vita concreta della Chiesa, una Chiesa che vive del Vangelo, che cammina insieme nella forza dello Spirito verso il compimento del Regno. Buon lavoro!