San Francesco

 San Francesco   ODS-025
04 ottobre 2024

San Francesco come e dove avrebbe annunciato e vissuto oggi la povertà, la pace, la fratellanza? Ascanio Celestini lo ha raccontato nello spettacolo «Rumba — L’asino e il bue», andato in scena per la prima volta nel 2023, nell’ottavo centenario del presepe di Greccio. Per questo numero dell’«Osservatore di Strada», che esce nella festa del santo di Assisi, l’attore e regista romano ci ha fatto dono del testo che pubblichiamo qui di seguito tratto dal suo monologo ed anche dal libro che sarà pubblicato all’inizio del prossimo anno col titolo «I Poveri Cristi».

Facciamo la recita di san Francesco. Io sono sicuro che è perfetta per impressionare la gente a Natale. I pellegrini vengono a Roma per commuoversi. Appena vedo l’occhio lucido io passo col cappello e raccolgo i soldi.

Se vedo il tipo di pellegrino scanzonato, quello che frequenta i monasteri in cerca di prodotti tipici, grappe trappiste e tozzetti co’ le nocchie gli racconto gli episodi folcloristici. Tipo Francesco che si schifa del lebbroso, poi cambia idea e lo abbraccia. Che ne dici?

Oppure quando si spoglia dei vestiti che gli aveva dato il padre. «Fino a adesso ti ho chiamato padre mio — dice — da adesso dirò solo padre nostro che sei nei cieli». Da quel giorno non usa più la parola padre, o quasi. Preferisce parlare di fratelli e sorelle.

Tocca dirlo che Francesco e i frati erano tutti nobili e borghesi che hanno rinunciato alle ricchezze. Che vivono nelle baracche e non toccano più il denaro. Se erano tutti poveracci mica facevano fatica a fare voto di povertà!

Racconto pure la storia del frate che trova un sacchetto di monete. «Magari non ce le teniamo noi — dice a Francesco — le portiamo ai poveri».

«E perché? Già c’hanno la disgrazia di essere poveri e tu gli vuoi accollare anche quella di prendersi il denaro e difenderlo dai ladri?». Gli dice «Infilati le monete in bocca, fatti un bel giro e cerca un escremento di somaro. Meglio se è bello fresco. Quando lo trovi: sputacele in mezzo».

Se vedo il tipo di pellegrino devoto e praticante la butto sul burocratico. Tipo Francesco che va dal Papa. Quello vede arrivare i frati scalzi, sporchi e vestiti di stracci. Non ci pensa proprio di starli e sentire e li manda a predicare nelle porcilaie visto che sono più simili ai maiali che agli uomini. «Vai a rotolarti con loro nella melma, consegna a loro la tua regola. Parla ai porci!» dice a Francesco. I frati escono dalle stanze principesche, si trovano una porcareccia e poi tornano più sporchi di prima.

«Signor Papa, ho fatto come mi avete ordinato. Le scrofe e i porci ci sono stati a sentire, adesso ascoltateci pure voi». Quel Papa si chiamava Innocenzo iii . E mica poteva rimproverare quella dozzina di cristiani che seguivano para para la parola di Cristo! Gli scritti del tempo ci dicono che è solo un’approvazione orale. Ma ai frati gli basta. Lasciano il Papa e se ne vanno per le strade di Roma. Predicano ai romani che non se li filano di pezza, come si dice. Solo i corvi, le gazze, gli avvoltoi e altre razze di uccelli che ruspano tra carcasse di animali putrefatti in una discarica lo stanno a sentire.

Se vedo il tipo intellettuale, c’ho una storia pure per lui. C’hai presente? Il tipo pacifista e libertario.

Francesco parte per la terra santa. Arriva in Egitto. I crociati non lo stanno a sentire, conquistano Damietta, saccheggiano e stuprano. Allora se ne va a parlare coi musulmani e col sultano al-Malik al-Kamil. Quello gli vuole regalare Gerusalemme se i crociati sloggiano dall’Egitto. È una bella storia, ma il cardinale Pelagio, che parla a nome del Papa, rifiuta. Vuole vederli tutti morti ai musulmani. E invece saranno i cristiani a farsi ammazzare come mosche.

Francesco se ne va via schifato. Però c’ha una folgorazione e torna a casa. Trova l’ordine dei frati minori in subbuglio. A molti non gli piace di vivere in povertà, né di dormire nelle capanne o curare i lebbrosi. Accusano Francesco di fanatismo. Lui lascia la guida dell’ordine e si mette a scrivere la regola di vita per i frati. Così nessuno può dire che non conosce le direttive che valgono per tutti quanti. La scrive e se la fa approvare dal Papa con tanto di marca da bollo!

Appena si libera da ‘st’impiccio burocratico se ne va a Greccio, un borgo di quattro case. Parla con Giovanni, il signore del paese. «C’ho avuto una folgorazione» gli dice «Voglio fare il presepe. Senza pecore e senza re magi. E nemmeno Maria e Giuseppe. Non ci metto manco il bambinello. Né vivo di carne e né un pupazzo. Cristo è nato povero in un paese di poveri. I ricchi fanno a gara per distinguersi, ma i poveri so’ tutti uguali e le baracche so’ fatte alla stessa maniera, precarie e sbreccolate. Quelle di Betlemme e quelle di Greccio. E allora a che serve ammazzarsi per prendere con la forza la terra santa? Un povero Cristo stanotte lo facciamo nascere tra i boschi della Sabina».

Hai inteso?

Questo è il momento che si capisce tutto. Perché se i poveri stanno ovunque, Betlemme sta pure nella nostra borgata! E Gesucristo nasce davanti a un condominio di gente scannata. Perché no? Nel bar con quattro vecchi che non escono mai, tra le corsie di un supermercato che mette tristezza e pure in quel magazzino pieno di schiavi africani che spostano pacchi senza sapere quello che ci sta dentro. Questo dobbiamo dire ai pellegrini che vengono con i pullman.

Gesucristo nasce in questo parcheggio, di fianco a un barbone imbriaco che dorme tra i cassonetti della monnezza. E chi non ci crede, peggio per lui. Non scenderà dal cielo per farsi mettere il dito nella piaga.

di Ascanio Celestini