San Francesco d’Assisi
Lettera Enciclica Laudato si’ (nn. 10, 11, 12)
Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. È il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore.
La sua testimonianza ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione» (Tommaso da Celano, Vita prima di San Francesco, xxix , 81: ff 460). La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, «considerando che tutte le cose hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella» (Legenda Maior, viii , 6: ff 1145). Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.
D’altra parte, san Francesco, fedele alla Scrittura, ci propone di riconoscere la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà: «Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore» (Sap 13,5) e «la sua eterna potenza e divinità vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (Rm 1,20). Per questo chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza (Cfr Tommaso da Celano, Vita seconda di San Francesco, cxxiv , 165: FF 750). Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode.
Saint Francis of Assisi
Encyclical Letter Laudato si’ (nn. 10, 11, 12)
Whose name I took as my guide and inspiration when I was elected Bishop of Rome. I believe that Saint Francis is the example par excellence of care for the vulnerable and of an integral ecology lived out joyfully and authentically. He is the patron saint of all who study and work in the area of ecology, and he is also much loved by non-Christians. He was particularly concerned for God’s creation and for the poor and outcast. He loved, and was deeply loved for his joy, his generous self-giving, his openheartedness. He was a mystic and a pilgrim who lived in simplicity and in wonderful harmony with God, with others, with nature and with himself. He shows us just how inseparable the bond is between concern for nature, justice for the poor, commitment to society, and interior peace.
Francis helps us to see that an integral ecology calls for openness to categories which transcend the language of mathematics and biology, and take us to the heart of what it is to be human. Just as happens when we fall in love with someone, whenever he would gaze at the sun, the moon or the smallest of animals, he burst into song, drawing all other creatures into his praise. He communed with all creation, even preaching to the flowers, inviting them “to praise the Lord, just as if they were endowed with reason” ( Thomas of Celano , The Life of Saint Francis, i , 29, 81: in Francis of Assisi: Early Documents, vol. 1, New York-London-Manila, 1999, 251). His response to the world around him was so much more than intellectual appreciation or economic calculus, for to him each and every creature was a sister united to him by bonds of affection. That is why he felt called to care for all that exists. His disciple Saint Bonaventure tells us that, “from a reflection on the primary source of all things, filled with even more abundant piety, he would call creatures, no matter how small, by the name of ‘brother’ or ‘sister’” (The Major Legend of Saint Francis, viii , 6, in Francis of Assisi: Early Documents, vol. 2, New York-London-Manila, 2000, 590). Such a conviction cannot be written off as naive romanticism, for it affects the choices which determine our behaviour. If we approach nature and the environment without this openness to awe and wonder, if we no longer speak the language of fraternity and beauty in our relationship with the world, our attitude will be that of masters, consumers, ruthless exploiters, unable to set limits on their immediate needs. By contrast, if we feel intimately united with all that exists, then sobriety and care will well up spontaneously. The poverty and austerity of Saint Francis were no mere veneer of asceticism, but something much more radical: a refusal to turn reality into an object simply to be used and controlled.
What is more, Saint Francis, faithful to Scripture, invites us to see nature as a magnificent book in which God speaks to us and grants us a glimpse of his infinite beauty and goodness. “Through the greatness and the beauty of creatures one comes to know by analogy their maker” (Wis 13:5); indeed, “his eternal power and divinity have been made known through his works since the creation of the world” (Rom 1:20). For this reason, Francis asked that part of the friary garden always be left untouched, so that wild flowers and herbs could grow there, and those who saw them could raise their minds to God, the Creator of such beauty (Cf. Thomas of Celano , The Remembrance of the Desire of a Soul, ii , 124, 165, in Francis of Assisi: Early Documents, vol. 2, New York-London-Manila, 2000, 354). Rather than a problem to be solved, the world is a joyful mystery to be contemplated with gladness and praise.
Saint François d’Assise
Lettre encyclique Laudato si’ (nn. 10, 11, 12)
J’ai pris son nom comme guide et inspiration au moment de mon élection en tant qu’Évêque de Rome. Je crois que François est l’exemple par excellence de la protection de ce qui est faible et d’une écologie intégrale, vécue avec joie et authenticité. C’est le saint patron de tous ceux qui étudient et travaillent autour de l’écologie, aimé aussi par beaucoup de personnes qui ne sont pas chrétiennes. Il a manifesté une attention particulière envers la création de Dieu ainsi qu’envers les pauvres et les abandonnés. Il aimait et était aimé pour sa joie, pour son généreux engagement et pour son cœur universel. C’était un mystique et un pèlerin qui vivait avec simplicité et dans une merveilleuse harmonie avec Dieu, avec les autres, avec la nature et avec lui—même. En lui, on voit jusqu’à quel point sont inséparables la préoccupation pour la nature, la justice envers les pauvres, l’engagement pour la société et la paix intérieure.
Son témoignage nous montre aussi qu’une écologie intégrale requiert une ouverture à des catégories qui transcendent le langage des mathématiques ou de la biologie, et nous orientent vers l’essence de l’humain. Tout comme cela arrive quand nous tombons amoureux d’une personne, chaque fois qu’il regardait le soleil, la lune ou les animaux même les plus petits, sa réaction était de chanter, en incorporant dans sa louange les autres créatures. Il entrait en communication avec toute la création, et il prêchait même aux fleurs « en les invitant à louer le Seigneur, comme si elles étaient dotées de raison » (Thomas de Celano, Vita prima de saint François, xxix , 81 : ff 460). Sa réaction était bien plus qu’une valorisation intellectuelle ou qu’un calcul économique, parce que pour lui, n’importe quelle créature était une sœur, unie à lui par des liens d’affection. Voilà pourquoi il se sentait appelé à protéger tout ce qui existe. Son disciple saint Bonaventure rapportait que, « considérant que toutes les choses ont une origine commune, il se sentait rempli d’une tendresse encore plus grande et il appelait les créatures, aussi petites soient-elles, du nom de frère ou de sœur » (Legenda Maior, viii , 6: ff 1145). Cette conviction ne peut être considérée avec mépris comme un romantisme irrationnel, car elle a des conséquences sur les opinions qui déterminent notre comportement. Si nous nous approchons de la nature et de l’environnement sans cette ouverture à l’étonnement et à l’émerveillement, si nous ne parlons plus le langage de la fraternité et de la beauté dans notre relation avec le monde, nos attitudes seront celles du dominateur, du consommateur ou du pur exploiteur de ressources, incapable de fixer des limites à ses intérêts immédiats. En revanche, si nous nous sentons intimement unis à tout ce qui existe, la sobriété et le souci de protection jailliront spontanément. La pauvreté et l’austérité de saint François n’étaient pas un ascétisme purement extérieur, mais quelque chose de plus radical : un renoncement à transformer la réalité en pur objet d’usage et de domination.
D’autre part, saint François, fidèle à l’Écriture, nous propose de reconnaître la nature comme un splendide livre dans lequel Dieu nous parle et nous révèle quelque chose de sa beauté et de sa bonté : « La grandeur et la beauté des créatures font contempler, par analogie, leur Auteur » (Sg 13, 5), et « ce que Dieu a d’invisible depuis la création du monde, se laisse voir à l’intelligence à travers ses œuvres, son éternelle puissance et sa divinité » (Bm 1, 20). C’est pourquoi il demandait qu’au couvent on laisse toujours une partie du jardin sans la cultiver, pour qu’y croissent les herbes sauvages, de sorte que ceux qui les admirent puissent élever leur pensée vers Dieu, auteur de tant de beauté (Cf. Thomas de Celano, Vita Secunda de saint François, cxxiv , 165: ff 750). Le monde est plus qu’un problème à résoudre, il est un mystère joyeux que nous contemplons dans la joie et dans la louange.
San Francisco de Asís
Carta Encíclica Laudato si’ (nn. 10, 11, 12)
Tomé su nombre como guía y como inspiración en el momento de mi elección como Obispo de Roma. Creo que Francisco es el ejemplo por excelencia del cuidado de lo que es débil y de una ecología integral, vivida con alegría y autenticidad. Es el santo patrono de todos los que estudian y trabajan en torno a la ecología, amado también por muchos que no son cristianos. Él manifestó una atención particular hacia la creación de Dios y hacia los más pobres y abandonados. Amaba y era amado por su alegría, su entrega generosa, su corazón universal. Era un místico y un peregrino que vivía con simplicidad y en una maravillosa armonía con Dios, con los otros, con la naturaleza y consigo mismo. En él se advierte hasta qué punto son inseparables la preocupación por la naturaleza, la justicia con los pobres, el compromiso con la sociedad y la paz interior.
Su testimonio nos muestra también que una ecología integral requiere apertura hacia categorías que trascienden el lenguaje de las matemáticas o de la biología y nos conectan con la esencia de lo humano. Así como sucede cuando nos enamoramos de una persona, cada vez que él miraba el sol, la luna o los más pequeños animales, su reacción era cantar, incorporando en su alabanza a las demás criaturas. Él entraba en comunicación con todo lo creado, y hasta predicaba a las flores «invitándolas a alabar al Señor, como si gozaran del don de la razón» (Tomás de Celano, Vida primera de San Francisco, XXIX, 81: FF 460). Su reacción era mucho más que una valoración intelectual o un cálculo económico, porque para él cualquier criatura era una hermana, unida a él con lazos de cariño. Por eso se sentía llamado a cuidar todo lo que existe. Su discípulo san Buenaventura decía de él que, «lleno de la mayor ternura al considerar el origen común de todas las cosas, daba a todas las criaturas, por más despreciables que parecieran, el dulce nombre de hermanas» (Legenda maior, viii , 6: ff 1145). Esta convicción no puede ser despreciada como un romanticismo irracional, porque tiene consecuencias en las opciones que determinan nuestro comportamiento. Si nos acercamos a la naturaleza y al ambiente sin esta apertura al estupor y a la maravilla, si ya no hablamos el lenguaje de la fraternidad y de la belleza en nuestra relación con el mundo, nuestras actitudes serán las del dominador, del consumidor o del mero explotador de recursos, incapaz de poner un límite a sus intereses inmediatos. En cambio, si nos sentimos íntimamente unidos a todo lo que existe, la sobriedad y el cuidado brotarán de modo espontáneo. La pobreza y la austeridad de san Francisco no eran un ascetismo meramente exterior, sino algo más radical: una renuncia a convertir la realidad en mero objeto de uso y de dominio.
Por otra parte, san Francisco, fiel a la Escritura, nos propone reconocer la naturaleza como un espléndido libro en el cual Dios nos habla y nos refleja algo de su hermosura y de su bondad: «A través de la grandeza y de la belleza de las criaturas, se conoce por analogía al autor» (Sb 13,5), y «su eterna potencia y divinidad se hacen visibles para la inteligencia a través de sus obras desde la creación del mundo» (Rm 1,20). Por eso, él pedía que en el convento siempre se dejara una parte del huerto sin cultivar, para que crecieran las hierbas silvestres, de manera que quienes las admiraran pudieran elevar su pensamiento a Dios, autor de tanta belleza (Cf. Tomás de Celano, Vida segunda de San Francisco, cxxiv , 165: ff 750). El mundo es algo más que un problema a resolver, es un misterio gozoso que contemplamos con jubilosa alabanza.