Tornare dopo più di 50 anni
Avevo da poco compiuto 18 anni quando ebbi la fortuna di ammirare per la prima volta i Giardini delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo. Era il 1958 e vi arrivai accompagnando mio padre che — era un ingegnere del Comune di Roma — doveva effettuare dei sopralluoghi nella zona per verificare la possibilità di realizzare un acquedotto per usi agricoli captando le acque del lago.
Accompagnati dal personale delle Ville Pontificie, potemmo visitare una piccola parte dei giardini: bellissimi e molto ben curati. Ricordo ancora le parole di mio padre che mi diceva come le Ville fossero state risparmiate dalla guerra e che, anzi, proprio lì avevano potuto trovare rifugio, per volere del Papa, tante persone sfollate dai paesi vicini a causa dei bombardamenti.
Da quella prima visita sono passati tanti anni e tornare adesso in quei luoghi è stata per me una grandissima emozione. Come lo è stato vedere come questo “gioiello” paesaggistico sia oggi, per volere di Papa Francesco, un borgo aperto a tutti dove insieme con i fiori e le piante si coltiva anche la fraternità.
Alessandro Milza
Quanto abbiamo
da imparare
“Laudato si’, mi Signore... per sore piante, le quali sono le uniche creature che per sostentarsi non sopprimo alcuna altra forma di vita”. Il Santo di Assisi mi perdonerà (spero) la libertà che ha osato prendere rimaneggiando il suo Cantico. Ma così — tanto per metter le cose in chiaro — ha esordito Paolo Luzzi accogliendoci al Borgo Laudato si’. D’altra parte è altresì chiaro — come ci ha spiegato padre Fabio Baggio, direttore generale — che questo Borgo non è affatto uno spazio museale, bensì un luogo dove la natura è elemento chiave e materia prima per la promozione di persone a vario titolo vulnerabili ed in disagio sociale, che hanno bisogno di ri-costruire la propria dignità.
Non penso sia necessario scomodare san Paolo, secondo il quale la preghiera senza opere serve a poco, per comprendere che se alcune pietre sono state scattate da certi costruttori bisognerà bene che altri recuperino quegli “scarti” per farne pietre d’angolo.
In altri termini, il Centro ed il Borgo Laudato si’ si propongono di essere la realizzazione pratica di tutto ciò che Papa Francesco ha enunciato nell’enciclica «Laudato si’» sulla cura della casa comune. Promozione umana e sociale, mediante il reinserimento nella vita lavorativa; nuovi modi di produzione, che garantiscano anche l'autosufficienza energetica dei produttori; diffusione di una cultura del consumo volta all'abbattimento dello spreco: quindi, recupero e riciclo di tutto.
Ancora una volta mi torna in mente la mi’ mamma (sempre lei!) che faceva l'esempio — un po' prosaico — del maiale di cui ’un si getta via nulla!”
E c’è dell’altro. Se è vero, come Paolo Luzzi ci insegna, che le piante intessono fra loro una rete fittissima di connessioni, interazioni, comunicazioni, relazioni sociali, rapporti solidali, forse allora abbiamo molto da imparare noi umani da loro, che tanto, troppo spesso disprezziamo e trascuriamo.
Forse è l’ora che scendiamo dal piedistallo dell’auto-sufficienza, della superbia, della protervia nei confronti della natura tutta sul quale siamo saliti dimenticando, con superficialità estrema, di esserne noi stessi parte. E, alla fine, applicando la stessa arroganza nei rapporti con il resto del consorzio umano.
Può essere un caso che le disuguaglianze sociali sono più marcate proprio nelle società maggiormente alienate dalla natura?
Tornando alla questione del recupero degli scarti e dell’abbattimento dello spreco, l’altro esempio macroscopico che credo balzi agli occhi è quello di Palazzo Migliori. Ex-abitazione aristocratica, poi convento, era ormai inutilizzato — quindi un bene sprecato — in attesa di una nuova destinazione d’uso. La prospettiva più realistica era che venisse ristrutturato per ricavarne un albergo di lusso. Ma quei piani andarono a monte per l’intervento personalissimo e deciso di Papa Francesco che stabilì, invece, che venisse trasformato sì in un albergo, ma per persone senza dimora.
E anche questo è uno strumento fondamentale del processo per reinserire nella vita civile chi ne è ai margini, conditio sine qua non per costruire un percorso di ritorno alla dignità, per tutto ciò che offre, non tanto in termini di comodità pratica, quanto piuttosto psicologici: non si può fare a meno di un minimo di tranquillità e sicurezza per radunare e riorganizzare le proprie forze e ripartire.
In uno dei loro massimi successi discografici (Let's work together) i Canned Heat cantavano «Together we’ll stand, divided we'll fall; come on, now, people, let's by get on the ball and work together. come on, come on, let's work together! because together we will stand, every bot, girl, woman and man!» (Insieme staremo in piedi, divisi cadremo; dai, allora, gente, rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo insieme. Dai, dai, lavoriamo insieme perché insieme staremo in piedi, ogni ragazzo, ragazza, donna e uomo).
E poi: «Make someone happy, make someone smile; let's all work together and make life worthwhile...» (Rendiamo felice qualcuno, facciamo sorridere qualcuno; lavoriamo insieme e facciamo sì che la vita valga la pena d'esser vissuta...).
Insomma, come si dice a Roma: Daje!
Fabrizio Salvati
Due rami nati da un tronco che pareva morto
In una giornata di fine estate, ho avuto l’occasione e l’onore di visitare i giardini di quella che era la residenza estiva dei Papi a Castel Gandolfo.
Quella giornata resterà nel mio cuore come una delle esperienze più armoniose che abbia mai vissuto.
Matusalemme è il nome del leccio secolare che ci ha accolti. Il contatto con la natura, penso, è essenziale per ogni singolo uomo, permette, a me per primo, di tornare nella realtà. Le piante non litigano, non fanno la guerra, sono in armonia tra di loro. Le piante e gli alberi rappresentano la resilienza, sono capaci di affrontare intemperie, cambiamenti e lo insegnano all’uomo.
Il luogo che abbiamo visitato per me rappresenta un angolo di paradiso, dove l’uomo non ha messo le mani per distruggerlo. Al contrario, gli uomini che sono stati a contatto con questi alberi, li hanno aiutati a crescere nel migliore dei modi, rispettandoli.
È stato veramente affascinante ascoltare la nostra guida, Paolo Luzzi.
Mi ha colpito, in particolare, quando ci ha indicato un tronco secco, dal quale però sono nati due rami forzuti. Quel ramo, che poteva essere visto come un tronco sterile, mi ha fatto pensare alla speranza, alla speranza di non arrendersi mai. Quel tronco è realmente morto, ma da lui sono nati due splendidi rami che troveranno in futuro spazio per diventare anch’essi dei tronchi forti.
Rispetto, ci vuole rispetto. Se ci fosse un po’ più di rispetto, l’uomo sarebbe capace di trovare la forza di quei rami.
Il progetto del Centro di alta formazione e del Borgo Laudato si’ è nato proprio per trattare l’interconnessione tra crisi ambientale e crisi sociale. L’obbiettivo di Papa Francesco è quello di guidare i cattolici e tutti i popoli del mondo ad agire per preservare la nostra casa comune per le generazioni presenti e future.
Quando siamo ripartiti per tornare a Roma, ho portato con me i profumi e le fragranze che ho potuto respirare in quell’“oasi di pace”.
Ciro Salvucci
L'anima progettuale della natura
Da sempre, la natura è la migliore insegnante esistente e senza salire su nessuna cattedra. Per trovare ispirazione, tanti letterati sono andati da lei: Goethe, Torquato Tasso, Dante Alighieri, Shakespeare, ecc… Pure per me è così, come in un percorso narrativo tracciato tenendo la mano di qualcuno.
Il divertimento della scoperta è stare con lei, passando attraverso la flora e vedendo gli alberi presi di mira da un fulmine, ma che poi, come un’Araba Fenice, riprendono vita. Si tratta di un’anima dialogante con i propri occhi.
La visita nelle ambientazioni di Castel Gandolfo ha animato i passi nel divertimento della scoperta.
Anche se ti allontani dalla natura, lei è pronta a sparare la pistola dello starter per una competizione gioiosa e le scoperte arrivano senza sforzo: ad esempio, in casa propria, attraverso l’economia circolare, il riuso e la forza progettuale, che è senso pratico del vivere.
Non c’è nessuna comparsa, ma siamo tutti primi attori.
Occorre cercare di aggiustare le cose e non gettarle via, proprio come avviene in natura: gli uccellini creano il loro nido, le attività degli impollinatori sono in piena azione e nei terreni i lombrichi generano fertilità.
La natura ti porge soluzioni. Ad esempio, gli alberi attorno alle abitazioni: in inverno sono spogli per far passare la luce e nelle stagioni calde, con le fioriture, ti difendono dal caldo e attenuano il passaggio della luce.
Tutto ciò è la prova che la natura ha un’anima progettuale. Il tuo compito è raccogliere il testimone.
Attilio, detto Arios, uomo libero