Come affrontare

Come far comprendere ai giovani la natura prioritaria del dialogo interreligioso? In che modo affrontare la paura del giudizio nelle questioni polarizzanti, mantenendosi al passo con le aspettative della società? Ancora, quali strategie mettere in atto per sfruttare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale, gestendo i rischi che questa comporta per la comprensione reciproca tra gruppi diversi?
Sono le domande poste a Papa Francesco stamani 13 settembre — notte in Italia — da alcuni giovani partecipanti all’incontro interreligioso che ha avuto luogo al Catholic Junior College di Singapore, nell’ultimo appuntamento prima della cerimonia di congedo e del rientro a Roma.
A prendere la parola per primo è stato Shukul Raaj Kumar, indu e coordinatore capo dell’Ala giovanile dell’organizzazione Inter-religious, con circa dieci anni di esperienza nel campo. «Ci sono giorni in cui non so quale sia la strada da seguire e fatico nel mio cammino spirituale» ha confidato a Francesco, perché «se da un lato mi sono fatto molti buoni amici e ho incontrato alcuni giovani straordinari, dall’altro sento che questo spazio è una bolla» che «non cresce facilmente».
Delle volte, ha proseguito il giovane leader, lo sconforto può prendere il sopravvento: «Piango fino ad addormentarmi, perché sento che proprio quando facciamo progressi nel promuovere le amicizie tra i giovani, improvvisamente sentiamo parlare di violenza globale e di perdita di vite umane in nome della religione». Auspicando che possa diffondersi in questo maggiore consapevolezza, Raaj ha rimarcato la folta presenza di «critici da salotto» che non partecipano agli incontri non comprendendo bene che «ci apparteniamo gli uni gli altri».
Sulla necessità, in un mondo sempre più diviso, di «unire le persone al di là delle differenze” si è soffermata Preet Kaur Veygal, donna sikh appartenente dal 2017 all’organizzazione giovanile “Sikh Sewaks Singapore”. «Essere coinvolta in dialoghi e discussioni interreligiosi — ha spiegato nella sua testimonianza al Pontefice — mi ha insegnato ad apprezzare la vita che mi è stata donata» e uscendo dalla “zona di comfort” è stato possibile «fare di più per la comunità allargata in cui vivo» applicando un modello di condivisione con gli altri non solo di beni materiali ma di apprendimento e legami tra gli individui.
Certa che i giovani oggi siano interessati alle questioni che riguardano il mondo e possono avere su questi argomenti opinioni diverse, la leader ha paventato il rischio che si formino delle “forze polarizzanti”: «I giovani vogliono essere ascoltati e trattare punti di vista diversi, ma si preoccupano di essere giudicati. Oltre alla mancanza di spazi sicuri in cui impegnarsi in queste conversazioni, un’ulteriore limitazione — ha aggiunto — è rappresentata dalla necessità di tenere il passo con le aspettative scolastiche e lavorative».
La cattolica Nicole Law, educatrice già responsabile dei giovani del Consiglio arcidiocesano per il dialogo interreligioso, ha condiviso la propria esperienza nell’ambito della comunicazione e nell’utilizzo delle nuove tecnologie, in modo particolare riferendosi all’intelligenza artificiale. Con la proliferazione di quest’ultima, ha evidenziato la ragazza, «emergono anche le falsità, e diventa sempre più difficile distinguere ciò che è reale da ciò che è artefatto» anche nello spazio interreligioso, un terreno particolarmente delicato e soggetto a «manipolazioni e interpretazioni errate».