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«Posso dare un consiglio alle atlete? Per essere mamme non bisogna per forza interrompere la carriera sportiva o aspettarne la fine. La maternità non è né una malattia né un infortunio. Essere atlete professioniste e mamme è possibile, lo dico per esperienza personale. Come fare? Organizzazione è la parola chiave». Mara Navarria — medaglia d’oro, ieri sera, con la squadra italiana di spada — ci tiene tantissimo a dare un colpo di spada anche a pregiudizi e tristi cliché.
Friulana, 39 anni, in forza al Gruppo sportivo dell’Esercito, con la medaglia d’oro olimpica ha concluso la carriera (è stata campionessa del mondo) e oggi festeggia il 14° anniversario di matrimonio con Andrea Lo Coco, suo preparatore atletico, e con il figlio Samuele, nato nel 2013. Il “segreto” del suo oro, confida, è anche nella serenità della famiglia. E la famiglia è una «somma di individualità», proprio come la squadra vincente di ieri composta da Alberta Santuccio, Rossella Fiamingo e Giulia Rizzi.
Mamma nel pieno di un carriera sportiva al massimo livello: allora si può! «Ho scoperto di aspettare Samuele proprio durante i Giochi di Londra nel 2012 e ora festeggio con lui l’oro a Parigi: sono davvero una mamma olimpica!» ricorda Navarria. «Non riuscirei a immaginare il mio percorso sportivo senza la bellezza della mia famiglia. Qui a Parigi, per la prima volta, gli organizzatori hanno allestito la nursery. Ho chiesto a Samuele, che ha 11 anni, cosa ne pensasse e... mi ha guardata malissimo! Ho capito che devo cominciare a leggere libri per essere preparata all’arrivo dell’età dell’adolescenza».
A Parigi la sua collega egiziana Nada Hafez ha annunciato di aver tirato in pedana nella sciabola con un figlio di sette mesi in grembo. Però il sistema dello sport professionistico non prevede la maternità. «Essere genitore è un’esperienza bellissima e cerco di comunicarlo meglio che posso, anche con l’hashtag #mammaatleta» afferma Navarria. «Con mio marito abbiamo organizzato una “rete” di collaborazione che ci sostenga e non ci sostituisca. Alle giovani atlete che desiderano avere un figlio suggerisco di avere il coraggio di alzare la mano e chiedere aiuto a familiari e amici. Senza paura di veder cambiare il proprio corpo. È facile? Certo che no! Anzi è tosta e, a volte, è da andare proprio fuori di testa. Ma la felicità che ho dentro — come donna, moglie, mamma — non ha prezzo e vorrei anche un altro figlio...»
Perché, allora, le mamme atlete sono considerate eccezioni? Per Navarria, «in realtà, almeno nella scherma italiana non è così: a Parigi ci sono le mamme Arianna Errigo e Irene Vecchi. E ricordo grandissime campionesse mamme: Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, Diana Bianchedi. La Federazione italiana ha sempre sostenuto le donne nel loro desiderio di maternità. Una mamma atleta non dovrebbe essere una “eccezione” e neppure considerata una “super woman”!». Del resto, fa notare, «ci sono mamme che hanno lavori con orari più complessi» rispetto a un’atleta «e, con un’organizzazione familiare pianificata, vivono questa esperienza bellissima». Con semplicità. Tanto che, conclude la campionessa olimpica, «quando Samuele era piccolo, mio marito e io lo portavamo sempre con noi alle gare. Ma lui ci ha fatto capire che preferiva restare a casa con i nonni. Abbiamo rispettato la sua scelta».
di Giampaolo Mattei