Il sole è ancora caldo quando, poco dopo le 17.30 del 30 luglio, Papa Francesco arriva in piazza San Pietro per incontrare i ministranti e le ministranti partecipanti al xiii pellegrinaggio della loro Associazione internazionale (Coetus internationalis ministrantium - Cim). Un calore accresciuto dalla gioia di circa 70.000 tra chierichette e chierichetti giunti sulla tomba di Pietro da diversi Paesi del mondo. Il gruppo più numeroso (35.000) proviene dalla Germania.
Incentrato sul tema “Con te” (Is, 41, 10), il pellegrinaggio era iniziato il giorno precedente, lunedì 29, e prosegue fino a sabato 3 agosto. Bandiere colorate e fazzoletti variopinti sventolano tra la folla, mentre il Pontefice, a bordo della jeep bianca scoperta, compie un lungo giro per salutare i presenti, arrivando fin quasi a metà di via della Conciliazione e abbracciando così, idealmente, anche i tantissimi fedeli assiepati dietro le transenne che fiancheggiano la strada.
A bordo del veicolo con Francesco ci sono cinque giovani ministranti in rappresentanza di tutti coloro che sono radunati in piazza San Pietro. Un luogo, commenta il Pontefice all’inizio dell’incontro, che «è sempre bello», ma con i giovani «è ancora più bello!».
«Il nostro pellegrinaggio — spiega, nel saluto rivolto a Papa Francesco, il cardinale gesuita Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente del Cim — ha come motto “Con te”, in primo luogo riferito a Cristo. Perché è a Lui che ci avviciniamo in modo particolare durante il servizio all’altare». “Con te”, aggiunge il porporato, «significa anche avvicinarsi l’uno all’altro», perché «l’amicizia con Cristo ci obbliga a coltivare l’amicizia con i membri più poveri nel nostro ambito sociale», tendendo la mano verso «i poveri, i perseguitati, gli oppressi, i senzatetto, i disoccupati, i rifugiati o coloro senza patria, tutti i bambini e ragazzi vittime di bullismo e che si sentono soli».
Il Coro delle Nazioni, composto da 500 pellegrini provenienti da tutti i Paesi iscritti, scandisce con i canti i vari momenti dell’incontro, sul quale “veglia”, in un certo qual modo, il patrono dei ministranti, san Tarcisio, giovane martire del iii secolo ucciso mentre portava l’Eucaristia ai cristiani in carcere.
Dopo la lettura del passo del Vangelo di Matteo che narra la rivelazione del Figlio di Dio sull’acqua (14, 22-33), Papa Francesco si rivolge ai ragazzi, esortandoli a stare accanto al prossimo «non a parole, ma nei fatti, con i gesti, con il cuore, con la vicinanza concreta: piangere con chi piange, gioire con chi gioisce, senza giudizi e pregiudizi, senza chiusure, senza esclusioni».
I presenti ascoltano le sue parole in silenzio. Alcuni sono seduti sul sagrato, accanto alla sede del Papa. Tra di essi anche ragazzi e ragazze con disabilità; e il loro entusiasmo traspare dai volti sorridenti, segno di una Chiesa “dalle porte aperte” per tutti e che non lascia indietro nessuno.
Lo stesso entusiasmo sale come un’onda durante la preghiera dei fedeli, insieme all’incenso che fuoriesce da un grande turibolo posto sul sagrato della basilica Vaticana. I giovani si alternano al microfono per elevare le intenzioni in diverse lingue: dal tedesco al francese, dal romeno al portoghese e all’ungherese, gli accenti dei vari Paesi risuonano incessanti per invocare soprattutto «la pace in Europa e in tutto il mondo», affinché «i popoli comprendano che la vera pace può essere trovata soltanto nella collaborazione e nel rispetto vicendevole», ponendo fine alla violenza e alla guerra. Si prega anche per gli stessi ministranti, affinché crescano nella fede con coraggio; e per «il futuro della Chiesa», perché «possa avere sempre un posto sicuro nel cuore dei credenti, anche nei momenti difficili, e continui ad essere un luogo di rifugio e di speranza per tutti gli uomini». I chierichetti e le chierichette, auspica dal canto suo il cardinale Hollerich, «riportino a casa da testimoni la gioia di questi giorni e trovino la forza di portare il messaggio del Vangelo nella loro vita quotidiana e luce e speranza alle loro comunità».
Dopo il Padre Nostro, che il Pontefice introduce in tedesco e che ogni ministrante recita nella propria lingua di origine, è il momento dello scambio di un segno di pace, accompagnato da un canto in cui risuona più volte la parola Shalom.
L’incontro si conclude sul far della sera. Dopo aver impartito la benedizione a tutti i presenti, il Papa lascia la piazza, soffermandosi ancora a salutare i giovani. Tanti gli porgono un dono, gli chiedono una foto o un pensiero scritto su un block-notes. Con tutti Francesco sorride e scambia qualche parola. In sottofondo, il coro intona all’uniscono l’inno dell’incontro: «Con te, mit dir, with you, contigo, avec toi...». Mille accenti, un unico desiderio: servire Dio e gli uomini con gioia, nella Chiesa e per le strade del mondo, per tutta la vita.
di Isabella Piro