Il cardinale Parolin in Ucraina
La messa nel santuario della Madonna del Carmine a Berdychiv

In preghiera per invocare
il miracolo della pace

 In preghiera per invocare il miracolo della pace  QUO-165
22 luglio 2024

Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, al terzo giorno della sua visita in Ucraina come legato pontificio, fa risuonare il grido di pace del Papa e del popolo ucraino dal santuario della Madonna del Carmine, a Berdychiv, uno dei centri spirituali della comunità cattolica del Paese, caro a quanti professano il rito latino, che concludono qui le celebrazioni del loro pellegrinaggio. Da questo tempio mariano — assicura il porporato — «salgono al cospetto di Dio non solo le nostre preghiere di ringraziamento per le grazie ricevute ma, in modo particolare, le suppliche per ciò che agli occhi di molti può sembrare impossibile, per un miracolo: il miracolo della tanto desiderata pace!».

Accompagnato dal nunzio Visvaldas Kulbokas, il cardinale è arrivato nella mattina di ieri, domenica 21 luglio, al monastero carmelitano, nella regione di Zhytomyr, proclamato santuario nazionale, dove ad attenderlo c’erano rappresentanti delle autorità e del corpo diplomatico, pellegrini provenienti da diverse parti dell’Ucraina e delegazioni dall’estero.

Alla messa, curatissima con canti suggestivi e allestimenti decorativi dove primeggiano i colori del bianco e dell’azzurro, si ripete il rito di un’accoglienza calorosa e intima. Qui si leva, per intercessione di Maria, l’invocazione per il dono tanto atteso della pace per chi è provato da quasi due anni e mezzo di guerra. Nulla è impossibile a Dio, ripete il legato pontificio attraverso la voce dell’ausiliare di Lviv, rassicurando il popolo che il Pontefice è vicino e condivide il dolore degli ucraini a cui si stringe «con il suo abbraccio paterno».

Nulla è impossibile a Dio


Nell’omelia, letta quasi interamente in lingua locale da monsignor Eduard Kawa, ausiliare dell’arcidiocesi di Lviv dei latini — ad eccezione del saluto iniziale e della preghiera finale alla Madonna del Carmine pronunciati da Parolin in italiano — il ricordo del primo miracolo che ha segnato la storia di questo luogo di culto. Era il 1627, quando Janusz Tyszkiewicz, il governatore delle terre di Kyiv e Zhytomyr, fu imprigionato in una battaglia contro i Tartari. Incatenato, promise di compiere qualche opera buona in onore di Dio e della Vergine se avesse ottenuto la libertà. Mentre stava dormendo, gli apparvero dei frati sconosciuti che pregavano Dio e la Madonna per la sua liberazione. Una volta liberato decise di far edificare un monastero a Berdychiv per i religiosi che aveva visto in sogno e che riconobbe nei carmelitani a Lublino, tre anni dopo. La chiesa fu consacrata nel 1642: sull’altare maggiore fu collocata l’icona della Madonna della Neve, copia di quella conservata nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, conosciuta come Salus populi Romani. La riproduzione fu donata dallo stesso Tyszkiewicz, che prima la custodiva presso la sua famiglia, e nel 1647 fu dichiarata miracolosa dall’allora vescovo di Kyiv, che era stato guarito dopo aver pregato davanti ad essa.

Dio converta chi semina violenza e calpesta la dignità


Vengono ripercorse le vicende narrate nella prima lettura, dal primo Libro dei Re, quelle dell’episodio noto come il sacrificio del profeta Elia sul Monte Carmelo. Alla luce di questo racconto, l’invito alla Chiesa ucraina a essere “profetica”. Essa deve, sottolinea il legato del Pontefice, chiamare a una «preghiera incessante, affinché Dio converta i cuori di coloro che, allontanatisi dalle sue vie e divenuti schiavi del proprio orgoglio, seminano violenza e morte, calpestando negli altri quella dignità di figli di Dio». Furore e ira, guerre e omicidi, scriveva l’antico autore Marco l’Asceta, accecano l’intelletto dell’uomo. «Davvero dobbiamo chiedere al Signore, Lui che è il medico celeste, di guarirci da queste malattie letali e mettere al posto del cuore di pietra un cuore di carne!», scandisce ancora il cardinale.

Quando non c’è più forza per pregare, confidare in Dio


«Non perdere mai la fiducia e la speranza in Dio, soprattutto oggi, quando sembra che il male abbia il sopravvento, quando gli orrori della guerra e il dolore per le numerose vittime e le massicce distruzioni mettono in crisi la fede nella bontà divina, quando le nostre braccia cadono e non abbiamo nemmeno più forza per pregare». Così prosegue l’omelia in cui si invita a guardare al Cristo crocifisso: in quel Venerdì Santo, quando il peccato sembrava aver trionfato, e la missione salvifica di Dio fallita, proprio allora, è esplosa l’alba radiosa della Pasqua. La morte non avrà l’ultima parola, viene sottolineato, anche se si fatica a vedere l’orizzonte della Resurrezione.

La Madonna interceda: un futuro sereno e certo per l’Ucraina


L’ultima parte dell’omelia del porporato è dedicata squisitamente alla Vergine, alla Madre di Dio che ci sta accanto nella fatica delle nostre croci personali, e «ci accompagna dolcemente verso la sua gloriosa resurrezione». L’invito a contemplare l’icona della Madre di Dio di Berdychiv, rappresentata come Odighítria, cioè colei che conduce. Simbolo di tenerezza e amore, «è annunciatrice dell’alba», di Gesù, che è la Luce. È consolazione nella tristezza, pronta a offrire un rifugio sicuro. «Al suo Divino Figlio le nostre suppliche per il martoriato popolo ucraino», è la preghiera con il cardinale Parolin che riprende la parola e chiude con questa invocazione: «O Madre Santissima, fa’ che i bambini e i giovani abbiano un futuro sereno e certo, che le famiglie siano focolai dell’amore, che gli anziani e gli ammalati ricevano conforto e sollievo nella sofferenza, che quanti difendono la loro patria siano protetti dagli attacchi del male, che i prigionieri di guerra tornino ad abbracciare i propri cari e che le vittime siano accolte nel Regno dei cieli».

Infine, il cardinale riprende una delle sequenze più importanti e conosciute dedicate alla Madonna del Monte del Carmelo: il Flos Carmeli (“Fiore del Carmelo”), che secondo la tradizione è attribuita al santo inglese eremita Simone Stock: «Fior del Carmelo, vite fiorente, splendore del cielo, tu solamente sei vergine Madre. Forte armatura dei combattenti, la guerra infuria: poni a difesa lo scapolare. O chiave e porta del Paradiso, fa’ che giungiamo ove di gloria sei coronata!».

L’Atto di consacrazione a Maria, la preghiera a San Michele


Dopo la benedizione finale, monsignor Pavlo Goncharuk, vescovo di Kharkiv-Zaporizhia, ha proclamato l’atto di consacrazione dell’Ucraina al Cuore immacolato di Maria, in cui si invoca conversione e ispirazione per «tutti i governanti a prendere decisioni sagge». Si chiede il dono di incrementare gli sforzi degli operatori di pace. Il legato pontificio ha consegnato poi, da parte del Papa, un rosario al rettore del santuario, padre Vitaliy Kozak, come dono che resterà in questo luogo a mo’ di «impegno di tutti noi a continuare a pregare perché la Madonna venga incontro alle nostre intenzioni, alle nostre necessità e ai nostri bisogni», ha detto Parolin. Nel cortile del santuario, il cardinale ha benedetto le statue di san Michele Arcangelo, portate dal vescovo di Lutsk, Vitaly Skomarovskyj, dal santuario di San Michele Arcangelo sul Monte Gargano in Italia e destinate a ogni diocesi ucraina: «Le lascio come proclamazione di speranza e di forza nella lotta contro il male alla vostra Chiesa, provata dalla crudeltà della guerra», le parole del porporato. «La pace regni dentro di voi affinché possa regnare nella vostra patria. Dio Onnipotente, benedici l’Ucraina e donale la pace».

di Antonella Palermo