Nel mondo 250 milioni di bambini e ragazzi non hanno accesso all’istruzione. Un’emergenza che provoca enormi danni sociali

Il prezzo dell’esclusione

This screen grab from AFPTV video footage taken on May 31, 2021 in Tegina, Nigeria, shows a general ...
16 luglio 2024

Nel mondo 250 milioni di ragazze e ragazzi sono esclusi dal mondo della scuola. È uno dei dati contenuti in The price of inaction: The global private, fiscal and social costs of children and youth not learning, il rapporto dell’Unesco che scatta la fotografia su quella che, ad oggi, è la situazione generale in termini di abbandono scolastico e mancanza di istruzione.

Un fenomeno estremamente preoccupante che provoca un impatto sociale non indifferente anche sotto l’aspetto economico, visto che il costo stimato ammonta a 10.000 miliardi di dollari all’anno entro il 2030: tanto per comprendere meglio le dimensioni di quella che potremmo definire una vera e propria piaga, basti pensare che l’importo è superiore al Pil annuale di Francia e Giappone messi insieme. Ecco, quindi il richiamo alla responsabilità generale.

Diritto umano universale. È così che nel 1948 è stata dichiarata l’istruzione, un titolo che è stato poi riaffermato nel 2015 dalle Nazioni Unite che hanno inserito l’accesso all’istruzione di qualità per tutti tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Nonostante le buone intenzioni, però, l’attualità dice che la strada da compiere è ancora lunga e tortuosa. Ai numeri sopra citati, infatti, già impietosi di per sé, bisogna aggiungere che il 70% dei bambini di 10 anni di età, che vivono nei Paesi a basso e medio reddito, ad oggi non è in condizione di comprendere un qualsiasi semplice testo scritto.

Far capire che l’istruzione rappresenta un investimento strategico, non solo per le singole persone, ma anche per ogni Paese, è l’obiettivo di questo rapporto con cui l’Unesco cerca di parlare una lingua chiara, ma efficace: ridurre anche solo del 10% la percentuale di coloro che abbandonano la scuola o di chi non ha acquisito competenze di base, permetterebbe di far crescere il Pil annuale di 1-2 punti percentuali.

Questioni finanziarie a parte, ciò su cui è doveroso porre l’attenzione sono i massicci danni sociali che queste carenze formative generano. Provare a colmare queste enormi lacune in fase di apprendimento comporta a livello mondiale una maggiore attenzione soprattutto allo sviluppo integrale delle ragazze, contribuendo a ridurre le possibilità di matrimoni precoci (anche forzati) e di gravidanze premature. Agire in questa direzione, quindi, diventa prioritario.

In tal senso è significativo quanto avvenuto nel corso di una riunione dei ministri dell’Istruzione tenutasi nei giorni scorsi nella sede dell’Unesco a Parigi: Audrey Azoulay, il direttore generale, ha invitato i 194 Stati membri dell’Organizzazione a rispettare il loro impegno «per trasformare l’istruzione da privilegio a prerogativa per ogni essere umano del mondo», sottolineando quanto la stessa istruzione rappresenti una risorsa fondamentale per affrontare le sfide attuali, dalla riduzione della povertà al contrasto al climate change.

Per far sì che l’istruzione di qualità per tutti si trasformi da Obiettivo di sviluppo sostenibile a risultato concreto, il rapporto dell’Unesco suggerisce dieci raccomandazioni per i vari governi mondiali: assicurare percorsi didattici gratuiti e finanziati con fondi pubblici per un minimo di 12 anni per tutte le ragazze e i ragazzi, destinando almeno il 4-6% del Pil all’istruzione; creare ambienti di apprendimento inclusivi che sfidino disuguaglianze, pregiudizi e stereotipi di genere; investire nell’educazione della prima infanzia per affrontare le disuguaglianze di genere e le norme di genere dannose fin dalla tenera età; fornire sostegno accademico e opzioni di seconda opportunità per le ragazze e i ragazzi che hanno perso l’istruzione o che l’hanno interrotta; migliorare le infrastrutture scolastiche, con strutture idriche e igienico-sanitarie e garantire distanze più brevi per raggiungerle; assumere insegnanti qualificati, motivati e sostenerne lo sviluppo professionale; sensibilizzare comunità locali e famiglie sull’importanza che ragazze e ragazzi completino un ciclo completo di istruzione di base; affrontare la salute e il benessere mentale di ragazze e ragazzi, l’educazione sessuale completa e lo sviluppo di competenze socio-emotive; mettere in contatto gli studenti con il mondo del lavoro, anche con un’istruzione e una formazione professionale che risponda alle esigenze del mercato del lavoro; condurre ricerche su ciò che funziona per trattenere o riportare ragazze e ragazzi a scuola, in particolare quelli ad alto rischio di povertà di apprendimento e di abbandono.

Era il 2014 quando, durante un incontro con il mondo della scuola, Papa Francesco disse: «Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà». È ora di dimostrarlo. (emiliano magistri)