I comici, i potenti
Ieri, venerdì 14 giugno, se si dovesse indicare un “tema” alla giornata trascorsa da Papa Francesco, si potrebbe dire che è stata la giornata del potere. E il pensiero va subito al G7, all’incontro che il Papa ha fatto in tarda mattinata con “i potenti” della Terra a Borgo Egnazia dopo che di mattina presto si era incontrato in Vaticano con circa duecento comici. Ma forse vale la pena soffermarsi su questo incontro, quello della mattina presto, avuto con i comici, perché anche loro sono dei “potenti”, proprio come i politici, per certi versi anche di più.
Un genio del cinema come Federico Fellini, regista come è noto molto amato da Papa Francesco, in una delle ultime interviste disse di provare una grande attrazione per gli attori comici, che considerava benefattori dell’umanità: «Far ridere la gente mi è sempre sembrata la più privilegiata delle vocazioni, un po’ come quella dei santi». E proprio all’inizio del suo discorso il Papa ha riconosciuto il grande “potere” di questa spesso sottostimata categoria della società: «In mezzo a tante notizie cupe, immersi come siamo in tante emergenze sociali e anche personali, voi avete il potere di diffondere la serenità e il sorriso». Un potere non da poco, perché grazie al loro talento, «dono prezioso» lo ha definito Bergoglio, i comici riescono ad unire la gente, «perché il riso è contagioso. È più facile ridere insieme che da soli: la gioia apre alla condivisione ed è il miglior antidoto all’egoismo e all’individualismo.
Ridere aiuta anche a rompere le barriere sociali, a creare connessioni tra le persone. Ci permette di esprimere emozioni e pensieri, contribuendo a costruire una cultura condivisa e a creare spazi di libertà». Viene da chiedersi se non sia (anche) questo il compito dei politici: rompere le barriere sociali e creare spazi di libertà. Non è un caso che la figura, ampiamente citata nell’incontro con i comici, Tommaso Moro con la sua Preghiera del Buon Umore (che il Papa ha voluto fosse letta da Luciana Litizzetto al termine dell’udienza), sia anche il campione della libertà di coscienza e il patrono dei politici, realizzando così un perfetto ponte tra i due eventi, da sembrare quasi un monito ai potenti riuniti nel G7 come a dire: ricordatevi di ridere ogni tanto e soprattutto di ridere di voi stessi!
Il potere di far ridere è un grande potere, che mette in crisi tutti gli altri poteri, perché come ha ricordato il Papa, i comici riescono in un miracolo: «Far sorridere anche trattando problemi, fatti piccoli e grandi della storia. Denunciate gli eccessi del potere; date voce a situazioni dimenticate; evidenziate abusi; segnalate comportamenti inadeguati... Ma senza spargere allarme o terrore, ansia o paura, come fa molta comunicazione; voi svegliate il senso critico facendo ridere e sorridere. Lo fate raccontando storie di vita, narrando la realtà, secondo il vostro punto di vista originale; e in questo modo parlate alla gente di problemi piccoli e grandi». E anche qui il pensiero vola alla politica che oggi appare molto distante dalla gente e dai loro problemi.
Quando Tommaso Moro nel 1500 denunciò gli eccessi del potere, fino a pagarne di persona con il suo martirio, scrisse in quella preghiera l’esatto “antidoto all’individualismo”: «... e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa tanto ingombrante che si chiama “io”». Il santo Cancelliere (oggi si direbbe Primo Ministro) profetizzò contro il male di sempre e che oggi più che mai domina la società occidentale contemporanea; egli fu un grande umanista e un raffinato umorista, le due cose infatti si tengono: umanista e umorista hanno la radice in “humus”, la terra fertile, da cui deriva la parola “umiltà”, cioè il riconoscere le proprie fragilità, contraddizioni, debolezze, perché l’uomo guarda e anela alle stelle, ma è fatto di fango. Ecco perché il sano umorismo, che nasce da questa umiltà, è collegato con la misericordia: il vero umorista ride e fa ridere ma non de-ride mai. Il Papa lo ha detto con parole forti e chiare: «L’umorismo non offende, non umilia, non inchioda le persone ai loro difetti. Mentre oggi la comunicazione genera spesso contrapposizioni, voi sapete mettere insieme realtà differenti e a volte anche contrarie. Quanto abbiamo bisogno di imparare da voi! La risata dell’umorismo non è mai “contro” qualcuno, ma è sempre inclusiva, propositiva, suscita apertura, simpatia, empatia». Anche qui la politica, spesso ridotta ad “essere contro”, avrebbe molto da imparare. Il potente se accoglie la lezione dell’umorismo, smette di essere “pre-potente” e depone le sue armi spesso imbracciate per una difesa che diventa subito offesa, aggressività.
E come i potenti della politica, anche i cristiani potrebbero imparare molto dai comici. Il teologo Elmar Salmann, monaco benedettino tedesco, nel saggio Presenza di Spirito, ci ricorda che il buon umore salva i credenti dal rischio che l’idea della fede possa degradare in ideologia permettendo loro di «essere veritieri senza fanatismo, dediti al bene senza moralismo, inclini al bello senza essere esteti». L’humour secondo Salmann si manifesta come «un piccolo sacramento della grazia, uno spiraglio per l’avvenire di Dio in mezzo agli uomini».
Nel passaggio più intenso del suo discorso il Papa ha detto che voi comici «quando riuscite a far sgorgare sorrisi intelligenti dalle labbra anche di un solo spettatore, fate sorridere anche Dio». E Dio anche Lui sempre sorride e mai deride, e ride abbracciando, invitando gli uomini a entrare nella sua gioia come dice più volte nei Vangeli, perché è un Deus Ludens, giocoso, e questo permette all’homo sapiens di essere anche homo ludens in questo pre-ludio che è la vita terrena. Forse allora i potenti dovrebbero calcolare, pensare di meno e sorridere di più, anche perché come dice un vecchio detto ebraico: «L’uomo pensa, Dio ride».
Lo humour come “spiraglio per l’avvenire di Dio”. L’umorismo, infine, ha a che fare non solo con la misericordia ma anche con la speranza. Nel chiudere l’incontro con i comici il Papa in un fuori programma ha invocato Dio che «vi accompagni in questa vocazione tanto bella di far ridere, dei comici. È più facile fare il tragico che il comico, è più facile. Grazie per far ridere e anche grazie del ridere dal cuore».
Queste parole colgono una verità profonda, che ancora una volta vale anche per la politica: la via del male, far piangere, è più facile di far ridere, così come la disperazione è più facile della speranza. Ma proprio per questo vale la pena intraprendere la strada della speranza, “armandosi” del potere del buon umore, il potere più forte proprio perché disarmato.
di Andrea Monda