11 giugno 2024
«Se l’occhio non si esercita, non vede, se la pelle non tocca, non sa, se l’uomo non immagina, si spegne». Lo spettacolo teatrale Digiunando davanti al mare (drammaturgia Francesco Niccolini, regia Fabrizio Saccomanno) è una sorta di “esercizio di immedesimazione” con la storia di Danilo Dolci; in scena, Giuseppe Semeraro, che con la forza espressiva del dialetto ci fa immergere nella Sicilia rurale degli anni Cinquanta. Luoghi in cui la povertà e il malaffare negavano di fatto l’accesso a beni essenziali quali il cibo e l’acqua, il lavoro e l’istruzione, intesa e vissuta da Dolci come quel nesso che rende possibile un reciproco apprendimento tra esseri umani. Uno dei simboli evocati in scena è il “posto delle anatre”; chi ha visto lo spettacolo o conosce la storia di Danilo Dolci sa perché. ...
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Cara Lettrice, caro Lettore,
la lettura de L'Osservatore Romano in tutte le sue edizioni è riservata agli Abbonati
la lettura de L'Osservatore Romano in tutte le sue edizioni è riservata agli Abbonati