Questa volta non erano i saloni o i teatri parrocchiali, ma un garage condominiale col pavimento in brecciolino, il muro di mattoni, le piante rampicanti e tutte intorno le saracinesche con dentro le auto parcheggiate. Al centro una poltrona; sedute davanti una trentina di famiglie, coppie con neonati, ragazzi, parrocchiani della vicina chiesa di Santa Brigida di Svezia, avvertiti all’ultimo minuto dal parroco per ragioni di sicurezza e alcuni arrivati a incontro già iniziato con ciabatte o vestiti di casa. Come la signora scesa «de corsa» dalle scale che provava a sistemarsi i capelli: «Oddio, ma che sorpresa e me lo potevate di’ prima che ce stava er Papa!». È stato uno scenario del tutto inedito quello del terzo appuntamento della “Scuola di preghiera”, la serie di incontri di Papa Francesco in giro per Roma nell’Anno della preghiera in vista del Giubileo 2025.
Dopo bambini e adolescenti, Francesco ha voluto incontrare nel pomeriggio di ieri, giovedì 6 marzo, le famiglie nel quartiere romano di Palmarola, in zona Borgata Ottavia, estrema periferia ovest della città. Oltre a loro c’erano il gruppo giovani della parrocchia, un gruppo di donne immigrate dal Senegal, un ortodosso, il presidente del Municipio xiv, Marco Della Porta. Insomma un’umanità variegata che si è intrattenuta per circa tre quarti d’ora in un libero botta e risposta con Jorge Mario Bergoglio che, divertito all’inconsueto scenario («Il muro... le piante... i pomodori...»), ha introdotto il dialogo con quella che scherzando ha definito «una predica».
La famiglia è stata il centro di ogni parola e riflessione, quindi le sue sfide e difficoltà, le bellezze e la potenzialità per la Chiesa e la società. «Difendiamo la famiglia — ha esordito il Papa — è ossigeno per crescere i figli». Certo, ci sono i litigi, le discussioni, a volte anche le separazioni. «Tempeste» le ha chiamate Francesco, che però non devono scoraggiare. «Se i genitori litigano è normale, ma abbiano la possibilità di fare pace prima che finisca la giornata, perché la guerra fredda del giorno dopo è terribile», ha ripetuto più volte, ribadendo le tre parole-chiave essenziali per far funzionare un rapporto di coppia: «Scusa, permesso e grazie». Anche i grazie più semplici: «Grazie per aver cucinato questa buona cena...». E laddove non arrivano le parole basta «un gestino per fare la pace e ricominciare il giorno dopo».
Sono piccoli passi del quotidiano importanti soprattutto per i bambini. «I bambini ci guardano», ha detto Francesco citando il film del 1944 di Vittorio De Sica. «I bambini guardano papà e mamma» e soffrono quando vedono che non vanno d’accordo. Il Pontefice ha raccomandato infatti ai genitori separati di non parlare male l’uno dell’altro ma di educare i figli al rispetto.
Quattro ragazzi della parrocchia hanno poi chiesto al Papa in che modo è possibile oggi accrescere la fede: «La sola via è la testimonianza», ha risposto lui. E proprio ai giovani ha lasciato un preciso mandato: «Voi avete la responsabilità di portare avanti la storia». E farlo non rimanendo mai «caduti»: «Una delle cose belle dei giovani è che si rialzano. Tutti cadiamo nella vita, ma l’importante è non rimanere caduti se si scivola».
Si è parlato poi della Chiesa come comunità di persone e non solo come luoghi di culto, che in questa zona di Roma sono molto meno presenti che in altre parti della città. Una donna, dopo aver premesso «forse piangerò», ha espresso gratitudine al Papa: «Dalla Giornata mondiale dei bambini, dai suoi discorsi, quello che ci arriva è un padre che traina una grande comunità nelle piccole cose, nelle cose vere. Vederla qui davanti a un muro di mattoni è emozionante... Domani facciamo la festa della parrocchia, ce piove sempre dentro, non abbiamo neanche l’asfalto, ma che c’importa, la facciamo comunque. E questa sua presenza ci fa sentire che lei fa parte della nostra comunità».
Tra risate e applausi, Papa Francesco si è agganciato proprio a quest’ultimo punto: «La Chiesa comincia a farsi nella comunità». Ancora una volta è tornato poi l’appello a non trascurare gli anziani e prendersi cura dei bambini: «Le due punte... Una parrocchia dove i bambini non si ascoltano e i vecchi sono cancellati non è una vera comunità cristiana. Non dimenticate, i vecchi sono la memoria e i bambini la promessa». «Non dimenticate i vecchi», ha insistito il Papa: «È vero che a volte sono, anzi, siamo noiosi. Sempre parlano dello stesso: della guerra ecc..., ma abbiamo una tenerezza molto grande». E i bambini «capiscono il linguaggio della tenerezza».
A proposito di bambini, due papà hanno chiesto a Francesco come mantenere la fede in questi tempi difficili e come far restare i figli vicino alla Chiesa, anche dopo la Cresima, il cosiddetto «sacramento dell’addio». «La testimonianza» è ancora la risposta. In primis quella che nasce in famiglia: «Il primo consiglio è volersi bene tra genitori — ha detto il Papa — perché i bambini devono poter sentire che mamma e papà si vogliono bene. Se dovete litigare non fatelo davanti ai bimbi, mandateli a letto e litigate quanto volete».
Altrettanto fondamentale è il dialogo con i propri figli. «Mai smettere di parlare con loro. L’educazione si fa col dialogo», senza «mai lasciarli soli», senza scandalizzarsi o pressarli, ma lasciandoli anche a un certo punto liberi: «Così si educa alla libertà». «Fategli capire che possono parlare di tutto. Di tutto», ha sottolineato ancora il Papa: «Le cose della vita si imparano a casa non da altri che chissà cosa insegnano».
Un applauso caloroso ha concluso l’incontro, come quello che aveva accolto l’ingresso sulla rampa del garage della Fiat 500 l, intorno alle 17, preceduto però da un momento di silenzio di questo gruppo che strabuzzava gli occhi nel vedere il Papa scendere dall’auto e sistemarsi sulla sedia a rotelle. Solo dopo il «buonasera a tutti» di Francesco sono esplosi in una accoglienza spontanea e nei consueti cori di «W il Papa». Sia all’inizio che alla fine dell’incontro, il Pontefice ha voluto percorrere il breve tragitto in mezzo alle file di sedie, donando caramelle, posando per i selfie, benedicendo una signora che lo ha accarezzato sulla guancia e un’altra che si è fatta avanti per dire: «Che per caso farebbe una preghiera per mia madre?».
«Vi vorrei salutare uno ad uno», ha detto invece Francesco prima di congedarsi. Subito si è formata una fila scomposta ma ordinata. Anche qui abbracci, rosari in regalo, foto e ancora foto e pure il dialogo con «nonna Maria» collegata via Skype al telefono del nipote. A conclusione di questo terzo appuntamento della “Scuola di preghiera”, il dono del Papa alle famiglie, un quadro raffigurante la Vergine Maria con il Bambino Gesù: «Così la potete conservare nel palazzo». Il ricordo tangibile di un evento che probabilmente nessuno in questa porzione di periferia di Roma avrebbe mai potuto immaginare.
di Salvatore Cernuzio