DONNE CHIESA MONDO

Scoperte
Cinque monasteri nel mondo, 63 monache. Ma erano 49

E nel silenzio
crescono le Certosine

 E nel silenzio crescono le Certosine  DCM-006
01 giugno 2024

Montagne, boschi fitti, vallate, radure nude e stradine strette che salgono come a inseguire il cielo. E poi, eccole, le Certose: isolate, lontane dai centri abitati, maestose eppure semplici, con le loro celle che si affiancano e quasi si danno la mano in una solitudine comunitaria attorno al chiostro. Intorno al divino.

L’Ordine dei Certosini oggi nel mondo è composto da 21 monasteri, 5 di monache e 16 di monaci.

I monasteri femminili sono in Italia, a Dego in Liguria, dove nel 1994 è sorta la Certosa della Trinità; in Francia, dove se ne contano due: Notre Dame Reillanne in Alta Provenza e Nonenque nella regione Midi-Pyrénées; poi uno è in Spagna, la Cartuja de Santa María de Benifasar a Castellón de la Plana (attualmente legato a una delle due case francesi), e uno è in Corea del Sud, l’Annunciazione nella contea di Boeun. Una nuova fondazione potrebbe nascere in America Latina, ma non in tempi brevi, sembra.

I monasteri maschili italiani si trovano a Vibo Valentia, in Calabria, dove c’è la Certosa di Serra San Bruno, e a Lucca, in Toscana, dove c’è la Certosa di Farneta. Gli altri sono in Francia, Spagna, Svizzera, Slovenia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Brasile, Argentina e Corea del Sud.

Alla fine del 2022, le monache certosine nel mondo erano 63 (erano 49 nel 2005) e i monaci erano 288 (286 nel 2015).

«In media, c’è una vocazione all’anno per ogni Certosa», annota dom Ignazio Iannizzotto, priore di Serra San Bruno.

La fondazione e la vita eremitica


L'Ordine Certosino è sorto nel 1084 per iniziativa del monaco Bruno, nato a Colonia in Germania intorno al 1030, morto nel 1101 a Serra San Bruno, dove sono conservate le sue reliquie, santo dal 1623 (anche se Papa Leone x ne autorizzò il culto il 19 luglio 1514). Il primo monastero, la Grande Chartreuse, è stato fondato nel comune di Saint-Pierre-de-Chartreuse, a 30 chilometri da Grenoble in Francia. Il nome deriva dal Massif de la Chartreuse. Proprio nel Massiccio della Certosa, nelle Prealpi francesi, il monaco Bruno si fermò per dedicarsi interamente a Dio e alla vita contemplativa, per far rivivere in Occidente lo spirito dei padri del deserto.

Il ramo femminile dell’Ordine è nato intorno al 1145, quando le monache di Prébayon, in Provenza, in Francia, decisero di abbracciare la regola certosina.

La spiritualità certosina, attraverso i secoli, è rimasta fondata sulla vita contemplativa, sulla vita eremitica e di clausura stretta, vita di ricerca di Dio nella solitudine e nel silenzio. Il motto dell’Ordine è Stat Crux dum volvitur orbis (La Croce resta salda mentre il mondo gira).

Anniversari importanti


Il 2024 porta le ricorrenze dei 940 anni della fondazione dell’Ordine Certosino e dei 510 anni dalla canonizzazione del monaco Bruno. E porta anche il trentennale della nascita in Italia della Certosa della Trinità di Dego, che si trova nella provincia di Savona in Liguria e rientra nella diocesi di Acqui Terme (provincia di Alessandria, in Piemonte), dove attualmente ci sono una quindicina di monache.

Arrivare alla Certosa della Trinità non è semplice: sembra che anche il navigatore dell’auto voglia assecondare la vocazione della preghiera in solitudine delle monache: guida in un bosco fitto invece che al monastero. E allora bisogna prendere la strada per la località Girini e proseguire poi verso Porri, frazione di Dego. Dopo una decina di chilometri, si giunge a una grangia, uno di quei fabbricati rurali nati come magazzino per attrezzi e prodotti della terra. Lì c’è una stradina che porta alla frazione Ca’ Bulin, a 600 metri di altezza. Da qui, inerpicandosi per un paio di chilometri, ci si ritrova davanti al cancello della Certosa. Il silenzio avvolge anche i pensieri. Ed è inutile bussare. Alla Trinità non si può entrare: la comunità delle monache osserva una stretta separazione dal mondo. Gli stessi parenti delle religiose possono visitarle solo per due giorni all’anno. Solamente le aspiranti Certosine possono essere accolte nel monastero. Si comincia con un ritiro in clausura. Il cammino nell’esperienza spirituale della Certosa prevede poi un anno di postulato, due di noviziato, cinque di professione temporanea.

«Lungo è il cammino, aridi e riarsi sono i sentieri da percorrere prima di giungere alle fonti delle acque e alla terra promessa», sta scritto nelle Costituzioni dell’Ordine.

Il tempo della Trinità


La preghiera, la contemplazione, la solitudine scandiscono il tempo nella Certosa della Trinità. Le monache si ritrovano per i vespri, l’ufficio della notte, la messa, celebrata dal monaco certosino che abita nella grangia. Il grande silenzio coinvolge anche lui.

Lo stesso vescovo della Diocesi di Acqui, Luigi Testore, è stato alla Trinità poche volte. «Vado quando la madre priora mi chiama. Di solito mi invita quando ci sono celebrazioni particolari, come la professione solenne di una monaca», dice monsignor Testore. Tre volte in sei anni. «Dopo la celebrazione, ho parlato con le monache: mi facevano domande sulla vita che sta oltre il monastero», racconta.

Le Certosine osservano il silenzio anche tra loro. Mangiano in solitudine, nelle loro celle che si affacciano sui loro piccoli giardini. Una volta alla settimana s’incontrano nello “spaziamento”, o “spaciamento”, quel tempo in cui «andando per la stessa strada» si cammina insieme, in piccoli gruppi, si parla a voce bassa. Come a rappresentare l’esichia, ovvero la quiete, la pace interiore, il silenzio, le loro vie maestre che guidano a Dio.

Assenza delle parole, casa per la Parola


La cella è simbolo dell’appartarsi nel sé guardando in alto. Lo sguardo è teso al cielo. Per oltrepassare ciò che è celato. Il monastero nella tradizione monastica è paradisus claustri, un paradiso.

L’Ordine, essendo eremitico o semi-eremitico, contempla anche pochissimi contatti con i media. «L'ultimo Capitolo generale (quello del settembre 2023, ndr) ha ricordato che dobbiamo evitarli», fa saper la priora della Trinità, madre Marie Ange.

Solitudine, preghiera, conversione del cuore abitano alla Certosa della Trinità, a Ca’ Bulin. Il mare della Liguria da là non si vede. Lo sguardo spazia su faggi, roveri, castagni. Al mattino la nebbia avvolge leggera la Certosa, scende sul tetto. Dentro si prega. E ancora si prega quando il sole si fa spazio nelle ombre chiare. Verso sera i colori dell’imbrunire fanno compagnia alla croce che svetta sulla torre del campanile, s’infilano tra le colonne, illuminano la statua di san Bruno. Anche il monaco santo tiene in mano la croce. D’inverno là arriva la neve. D’estate il sole fa splendere il monastero.

Quel ramo femminile dell’Ordine


Le monache certosine formano con i monaci un unico Ordine, sotto la guida dello stesso superiore generale dell'Ordine dei Certosini, il Priore della Grande Chartreuse dom Dysmas de Lassus, che ricopre questo ruolo dal 2014.

Nel 1794, a causa della Rivoluzione francese, le Certose femminili vennero chiuse. Ma nel 1816, un piccolo gruppo di monache diede un nuovo inizio al ramo femminile dell’Ordine. Oltre al proprio Capitolo, che si tiene alla Grande Chartreuse in Francia (si svolge ogni due anni dal 1973), le Certosine hanno anche propri Statuti, ma «rimangono in unione organica e spirituale con i monaci».

La prima presenza delle monache certosine in Italia risale al 1223 in Piemonte, grazie anche alla vicinanza con la Francia. In tempi meno lontani, nel 1903, arrivarono nella diocesi di Torino dalla Francia altre Certosine. La comunità di Beauregard mandò novizie e anziane nel territorio di Pinerolo e nella Certosa di San Francesco, ad Avigliana. Questa casa, un antico convento francescano, non era indicata alle esigenze della vita eremitica della vocazione certosina. Per questo, nel 1994, la comunità si spostò a Dego.

I Papi entrano nelle Certose


Se le monache certosine sono raccolte nella loro preghiera silenziosa, con pochissimi contatti con il mondo esterno, i monaci Certosini in alcune occasioni speciali hanno aperto le porte della loro casa. Nel 1984, in occasione del nono centenario dell’Ordine, Papa Giovanni Paolo ii si recò alla Certosa di Serra San Bruno, in Calabria. «Voi da questo monastero siete chiamati ad essere lampade che illuminano la via su cui camminano tanti fratelli e sorelle sparsi nel mondo», disse il Papa durante la storica visita.

Anche Benedetto xvi fu accolto a Serra San Bruno: nel 2011, in occasione dei 910 anni dalla morte del monaco fondatore. «Anche voi, che vivete in un volontario isolamento, siete in realtà nel cuore della Chiesa, e fate scorrere nelle sue vene il sangue puro della contemplazione e dell’amore di Dio», sottolineò papa Ratzinger durante la celebrazione dei vespri.

Quei 18 anni di attesa


In questa vita nascosta in Dio nelle Certose - nel corso dei secoli ne sono esistite più di 300 - è entrato eccezionalmente il regista tedesco Philip Gröning per realizzare il documentario Il grande silenzio. Il docufilm, del 2005, racconta la vita quotidiana dei Certosini della Grande Chartreuse francese. Gröning per realizzarlo ha atteso 18 anni. La perseveranza e la speranza lo hanno portato a ottenere il permesso di entrare nella clausura e filmare per sei mesi la quotidianità della vita monastica. Nel film non ci sono dialoghi, ci sono solo le parole delle preghiere dei monaci. Non ci sono musiche, se non quelle della liturgia. C’è un silenzio intenso di pensieri, di ricerca, di infinito.

Per conoscere la vita dei Certosini è stato creato il Museo della Grande Chartreuse (http://www.musee-grande-chartreuse.fr/fr/), che si trova a circa un chilometro dal monastero francese. Qui si può entrare virtualmente nella Certosa, visitare la chiesa, le celle, il laboratorio dove si fanno lavori manuali.

Anche sulle Certosine è stato realizzato un documentario: Une vie en Chartreuse: de la nuit du monde à la Nuit Pascale (https://chartreux.org/moniales/it/). Nel docufilm tutto è preghiera.

Lontana eppure intensamente presente, come in tutte le Certose. E come ha sottolineato Papa Francesco, nel 2014, nella lettera all’Ordine Certosino per i 500 anni della canonizzazione di Bruno, riferendosi al santo: «Ancora oggi, per la densità della sua esistenza, interamente votata alla ricerca assidua di Dio ed alla comunione con Lui, rimane una stella luminosa all’orizzonte, per la Chiesa e per il mondo».

di Maria Giuseppina Buonanno
Giornalista «Oggi»

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