Da circa otto anni vivo in Mozambico come missionario dei frati minori cappuccini. Fin da subito ho lavorato in realtà dove la presenza di bambini e ragazzi è costante, come orfanotrofi e case-famiglie.
Qui, seppur in situazioni di solitudine, di abbandono e di sofferenza, ho sempre percepito nei bambini e nei ragazzi il desiderio di vivere il tempo della scuola come una grande opportunità di crescita umana e sociale. Li vedo uscire correndo per andare a scuola e poi tornare a casa felici per raccontare con gioia ciò che hanno appreso durante l’orario scolastico. Oppure, percepisco in loro la felicità di sedersi dietro un banco per imparare. Tutto ciò mi emoziona. Significa che la scuola riesce a colmare le mancanze, riesce a far dimenticare le sofferenze.
Questa gioia è un sentimento diffuso in tante scuole del Mozambico dove, seppur in mancanza di materiale didattico adeguato o di strutture accoglienti, i bambini e i ragazzi vantano una chiara disponibilità a vivere l’anno scolastico con il desiderio di imparare, di sentirsi protagonisti di questi anni.
Le immagini più comuni in Mozambico sono, per il resto del mondo, un’eccezione: qui si vedono spesso bambini uscire di casa con il buio per andare a piedi a scuola, se ne incontrano altri che, durante il giorno, lavorano per comprarsi una candela così da poter studiare in casa, di sera, col buio. Per strada, poi, tanti bambini scavano nella spazzatura della discarica per trovare mozziconi di matite o qualche penna. Tutti questi flash di vita quotidiana mi fanno percepire quanto è forte, in loro, il desiderio di imparare.
Certo, la situazione delle strutture scolastiche non aiuta a studiare, le distanze tra le scuole e alcuni villaggi sono una difficoltà, ma ciò che emerge è proprio questo scavare, questo ricercare: impegnarsi, insomma, per mettercela tutta, per vivere con impegno e responsabilità il tempo della scuola.
In questi ultimi mesi la preoccupazione più forte riguarda quella di bambini e ragazzi che, nel nord del Mozambico, hanno lasciato le loro comunità a causa della guerra. Hanno dovuto interrompere anche il loro percorso educativo, senza sapere se e quando potranno riprenderlo. Crea un certo imbarazzo e una certa sofferenza incontrarli lì, lungo le strade di Maputo, e comprendere come vivano la loro vita di sole elemosine e non abbiano alcuna possibilità economica di iscriversi a una scuola che permetta a loro di poter apprendere.
Incontrare questi bambini e ragazzi lungo la strada, parlare con loro, cercare di capire le singole situazioni, i motivi per cui sono a scuola, crea in noi molto sconforto. Raccontano e condividono il desiderio di poter essere a scuola, di studiare, di poter apprendere. Invece sono lì, sui cigli delle strade o nella discarica, a lavorare per vivere.
Mi emoziona a volte mettere tra le loro mani una penna o una matita per aiutarli a scrivere il proprio nome su un pezzo di carta, per scrivere una semplice frase o alcuni numeri. Sento nascere dentro di me la speranza e la convinzione che tutti i bambini e ragazzi del Mozambico abbiano in futuro la possibilità di poter costruire il loro cammino di vita partendo proprio dai banchi di scuola. Ecco perché la Chiesa locale, in comunione con tutte le realtà missionarie e le autorità, deve impegnarsi realmente per creare una rete di solidarietà a livello di progetti: supportare strutture scolastiche per allargare la possibilità a tutti di accedere al mondo della scuola. (fra’ Luca Santato)
di Fra’ Luca Santato