Il tema della settimana
La Rete italiana delle scuole della pace è stata ricevuta in udienza Papa Francesco lo scorso venerdì 19 aprile. Tra i presenti nell’Aula Paolo vi c’era anche una delegazione di professori universitari di Runipace, una Rete che dal 10 dicembre 2020 riunisce 72 atenei italiani impegnati a far crescere una ricerca scientifica orientata alla costruzione della pace con strumenti nonviolenti.
Le scuole di guerra e le accademie militari esistono, si può dire, da sempre, ma è arrivato il momento di organizzare vere e proprie “accademie di pace”, che sappiano realizzare strategie di pace alternative a quelle di guerra. In tal senso, Runipace persegue l’obiettivo di consolidare i “Peace Studies” anche in Italia.
Gli studi per la pace sono relativamente giovani: sono nati dopo la tragedia della seconda Guerra mondiale, quando la spirale della violenza ha distrutto un intero popolo nell’abominevole Shoah e l’umanità ha usato una delle più grandi scoperte scientifiche del secolo scorso per farne un’arma di distruzione totale. Giovanni xxiii nell’enciclica Pacem in terris (1963) ha definito la guerra come «irrazionale» e tuttavia troppe persone, anche nelle nostre comunità cristiane, credono ancora che la guerra possa essere necessaria e risultare, in quale modo, utile.
Venerdì il Pontefice ha domandato ai bambini, ai ragazzi e agli insegnanti di fermarsi in silenzio per pensare ai piccoli ucraini e a quelli di Gaza. Ha ricordato che nessuna guerra è giusta, e che il vero atteggiamento “giusto” da assumere davanti alle guerre è quello di stare dalla parte delle vittime. Papa Francesco è fra i pochi che continuano a parlare di pace in questo tempo di conflitti, i quali rendono la sua intuizione della “terza guerra mondiale a pezzi” una previsione che rischia di autoavverarsi.
La delegazione di Runipace ha portato in regalo al Pontefice un dono: il corso di dottorato nazionale in “Peace Studies”, che sarà attivato dal prossimo anno accademico. Si tratta di un progetto ambizioso, al quale collaborano 36 università italiane coordinate da La Sapienza di Roma. Più di cento professori e professoresse si sono impegnati perché fare la pace non dipende dalla buona volontà dei grandi della terra, né, ancora meno, dalla forza delle armi. La pace non è un prodotto finito, ma un processo che si costruisce in scienza e coscienza. Così, i docenti di Runipace hanno preso sul serio l’invito del Papa di essere «artigiani di pace» e hanno messo in campo i loro attrezzi per costruire un progetto nuovo. È il nostro modo di dire “no” all’irrazionalità della guerra e “sì” alle ragioni della pace.
Certo, il dottorato nazionale italiano in “Peace Studies” non pretende di essere la soluzione di tutto. Si è consapevoli che la guerra è un grande male che si deve combattere in tanti modi diversi. Purtroppo, non esiste una ricetta unica, ma tutte le scienze possono contribuire in questo processo di ricerca. Ciascuno può cambiare e piegarsi alle esigenze della pace. Basta decidere di cambiare paradigma e non arrendersi all’inevitabilità della guerra. Ad esempio, io sono un giurista, obiettore di coscienza, e ho piegato i miei studi iniziali alle esigenze della costruzione della pace senza armi. Oggi insegno “Diritto e Religione”, che è la disciplina in cui mi sono laureato, e anche “Approccio interculturale alla trasformazione dei conflitti”, che è una materia nuova, frutto delle ricerche sviluppate all’università di Pisa dopo l’attacco terroristico alle Torri gemelle di New York.
Quindi, la pace non si colloca in un recinto di azione ristretto, ma in un campo aperto al quale tutte le discipline possono concorrere. Per questa ragione, il nuovo corso di dottorato in “Peace Studies” sarà fortemente interdisciplinare, aperto a laureate e laureati di tutte le materie, che potranno scegliere il progetto maggiormente in linea con le proprie aspirazioni. Prima dell’estate uscirà il bando e siamo certi che molti concorreranno per contribuire a questo progetto innovativo, che prevede diversi curricula, da quello storico a quello giuridico, da quello tecnologico a quello sulla giustizia riparativa e i diritti umani. Ci sarà spazio per l’economia di pace, la cooperazione internazionale, l’architettura, in quanto tutte le scienze possono contribuire alla pace, ripudiando la guerra e la violenza.
Beninteso, costruire la pace senza armi non significa arrendersi all’aggressore. Difendersi è giusto, ma non si può dire lo stesso dell’usare violenza. Se l’umanità non è ancora stata capace di inventare la pace, gli scienziati devono aumentare i loro sforzi perché questa invenzione diventi realtà.
Nell’udienza che il Papa ha concesso alle scuole e all’università di pace, abbiamo avuto modo di spiegargli brevemente questo nostro progetto. Francesco ci ha incoraggiati e noi l’abbiamo ringraziato. A nostra volta, ci siamo sentiti incoraggiati e la sua benedizione è per noi di grande aiuto.
Fra qualche anno avremo in Italia un centinaio di dottori di ricerca in “Peace Studies”. Insomma, la pace è possibile. La pace dipende da noi. Tale evidenza restituisce a ciascuno di noi la forza di reagire alla violenza, che la guerra, al contrario, blocca. In qualche modo, la decisione di fare la pace viene ad essere alla portata di tutti. La guerra la fanno i potenti coi loro eserciti armati, mentre la pace può essere fatta da chiunque voglia impegnarsi per la giustizia, la solidarietà, lo sviluppo sostenibile. La benedizione di Francesco ci rinsalda, ancora di più, in questa convinzione.
di Pierluigi Consorti
Professore ordinario di Diritto e Religione nell’Università di Pisa membro del Collegio dei docenti del dottorato di interesse nazionale in “Peace Studies”