Quelle ferite invisibili
Era il lontano 1981 quando un giovane psichiatra italo-americano fondava a Boston l’Harvard Program in Refugee Trauma, uno dei programmi pionieri per la cura della salute mentale dei sopravvissuti alla violenza di massa e alla tortura. In questi oltre 40 anni, non c’è conflitto che non abbia visto Richard F. Mollica con il suo team di esperti impegnarsi per aiutare le vittime della violenza più brutale ad affrontare i disturbi post traumatici da stress (P tsd ). Dalla Cambogia al Libano, dall’ex Jugoslavia al Rwanda, da Timor Est all’Afghanistan, Mollica ha portato assistenza a donne, uomini, bambini traumatizzati dalla violenza, dalla paura, da eventi drammatici che hanno reciso la loro capacità di sognare e abbattuto la loro voglia di vivere. La sua esperienza al fianco di chi soffre a causa di guerre ed eventi traumatici è stata raccontata nel volume intitolato Le ferite invisibili: storie di speranza e guarigione in un mondo violento, edito in Italia da Il Saggiatore.
Professore di psichiatria alla Harvard Medical School, tra i maggiori esperti al mondo per la ricerca e la cura dei disturbi psichici gravi, Richard F. Mollica si sofferma in questa intervista sulle nefaste conseguenze che una guerra produce sulle persone e le comunità ben oltre il momento in cui le armi finalmente tacciono. Sono ferite indelebili, ma con un lavoro paziente di accoglienza, ascolto ed empatia — ci assicura lo psichiatra di Harvard — si può ritrovare la gioia di vivere e la speranza nel futuro.
Nel marzo 2022, a un mese dall’inizio della guerra in Ucraina, la rivista scientifica «Lancet» ha scritto che, dopo le morti, il danno più grande alla popolazione è lo stress post-traumatico, che perdurerà ben oltre la fine del conflitto…
Le ferite della violenza di massa sono enormi e il loro impatto sulla salute fisica e mentale di chi è sopravvissuto a un trauma può durare per tutta la vita. Negli ultimi cinquant’anni, numerosi studi scientifici hanno mostrato la prevalenza dei problemi di salute mentale tra la popolazione civile e i profughi delle aree di conflitto. In una zona di guerra, quasi tutti i cittadini vivono forte ansia, tristezza e angoscia. Occorre dedicare particolare attenzione ai bambini e agli adolescenti. Negli attuali conflitti caratterizzati da violenza di massa, sono profondamente colpiti da violenze quali danni fisici, morte di persone care e dislocamento forzato. In Ucraina, dove in collaborazione con gli educatori ucraini stiamo introducendo un approccio all’assistenza che tenga conto del trauma, più del 50 percento degli studenti sfollati riportano livelli di ansia, paura e depressione. Cinquant’anni fa, la psichiatria europea e americana riteneva che le persone sopravvissute a una violenza estrema fossero incurabili e non avrebbero tratto alcun beneficio dalle cure per la salute mentale. Dopo cinque decenni di ricerche e di cure cliniche, quella idea secondo cui le ferite invisibili della violenza di massa erano insanabili si è rivelata falsa. L’ascolto profondo del racconto del trauma dei sopravvissuti — adulti, adolescenti e bambini — è un elemento centrale di una cura per la salute mentale efficace. Creare un luogo e una vita familiare sicuri e protetti, specialmente per i bambini, è essenziale.
Qual è il punto cardine in questo difficile processo di guarigione?
Imparare a controllare e a regolare l’empatia è fondamentale. Troppa empatia può creare sofferenza emotiva in chi ascolta/cura; troppo poca empatia può causare un rapporto carente. Insegnare al sopravvissuto come utilizzare il respiro profondo nei momenti di ansia e di angoscia è tra gli strumenti di cura più preziosi. In linea con il pensiero di Papa Francesco, la spiritualità, la preghiera, compreso il collegarsi con la natura, gli spazi verdi e gli animali, possono essere molto terapeutici. Nella nostra clinica e nelle scuole ucraine raccomandiamo a tutti i pazienti e gli studenti di portare con sé l’immagine di un animale a cui sono affezionati. Per molte persone di fede magari è l’immagine di un simbolo religioso, come ad esempio la colomba bianca dello Spirito Santo per i cattolici. Secondo la nostra ricerca, i principali fattori associati all’auto-guarigione — altruismo, lavoro, studio, rapporti sociali e spiritualità — vanno sostenuti e addirittura prescritti dal medico. Occorre inoltre incoraggiare le attività che prevedono la narrazione di storie e quelle volte a rassicurare, non solo con genitori e figli, ma anche con insegnanti e professionisti della salute. Gli assistenti possono incoraggiare i bambini a leggere insieme fiabe e racconti popolari, colorare un’immagine, cantare o ascoltare musica.
Lei ha dedicato la sua vita a curare queste ferite invisibili nel contesto drammatico delle guerre. Qual è l’insegnamento più importante che ha tratto da questa esperienza?
Dopo avere ascoltato per anni persone sopravvissute a traumi, la lezione più importante appresa è che la principale arma della violenza è l’umiliazione. Chi compie la violenza — basti osservare le guerre attuali — usa gli strumenti dell’umiliazione. L’obiettivo è giungere, attraverso l’umiliazione, all’annientamento totale della persona, della sua famiglia, comunità, società e nazione. Gli strumenti dell’umiliazione includono lo stupro e altre forme di violenza basate sul genere. Nella maggior parte delle società, quando una donna viene stuprata ciò non distrugge solo la vittima della violenza, ma anche la famiglia, portando profonda vergogna e stigma. La prigionia e la tortura di soldati e civili attraverso atti di violenza orrendi, degradanti e disumani porta a ferite umilianti profonde.
Le ferite sui bambini, specialmente sulle bambine, sono ancora più terribili…
I bambini e gli adolescenti non vivono la violenza di massa solo indirettamente, ma anche in maniera diretta. Le ragazzine di solito vengono stuprate e abusate sessualmente, i ragazzini vengono addestrati e usati come bambini soldato e iniziati a uccidere. Bambini e adolescenti sono costretti ad assistere alla mortificazione e all’umiliazione dei loro genitori. Quando, per esempio, un bambino assiste alla violenza sul padre, viene deposto in lui il seme della rabbia e della vendetta per attivarlo quando crescerà. Nella persona sopravvissuta a un trauma lo stato di umiliazione è sepolto e può non essere riconosciuto non solo dagli altri, compresi i medici, ma anche dalla vittima stessa. Purtroppo, fino a poco tempo fa nel campo della salute mentale non si è riusciti a riconoscere il forte impatto distruttivo di questa emozione. Occorre fare tutto il possibile per superare l’umiliazione e restituire a chi è sopravvissuto al trauma la dignità umana. La forza spirituale della Chiesa può svolgere un ruolo importante nel processo di guarigione.
Papa Francesco ha spesso ribadito che per guarire le ferite della nostra umanità dobbiamo prima ascoltare la sofferenza degli altri. È così anche nel suo lavoro?
Il mio libro Healing Invisible Wounds ha cercato di rendere visibili le ferite invisibili della violenza di massa. Come ha evidenziato Papa Francesco, il principale ostacolo che mantiene invisibile la grande sofferenza umana deriva dal fatto che la maggior parte dei membri della famiglia, dei vicini e della società stessa nega attivamente o evita di ascoltare il racconto del trauma del sopravvissuto. Tuttavia, l’ascolto profondo del racconto del trauma è al centro dell’esperienza di guarigione e un importante incentivo a prevenire la violenza. Primo Levi, il grande scrittore italiano che nella sua biografia narra l’esperienza nel campo di concentramento, ci racconta un sogno nel quale, quando lui ritorna a casa e cerca di condividere la sua esperienza con la sorella, lei si volta dall’altra parte. Questo voltarsi dall’altra parte dinanzi al racconto del trauma di solito lo si vede anche tra i professionisti della salute. I medici, come molti di noi che non hanno una formazione nell’assistenza sanitaria, possono ritenere troppo doloroso ascoltare il racconto del sopravvissuto, oppure temere che raccontare la propria storia possa sconvolgere il sopravvissuto in modo insopportabile. Inoltre, potremmo non sapere come offrire un’assistenza e un sostegno adeguato al narratore.
Nel suo libro lei sottolinea la forza della narrazione come modo di guarigione…
Negli ultimi quarant’anni, nella nostra clinica di Boston abbiamo ascoltato più di 10.000 storie di traumi di estrema violenza con risultati notevoli di guarigione. La narrazione e l’ascolto profondo possono assumere molte forme, dalla semplice conversazione elementare al racconto di storie attraverso fiabe, parabole, poesia e arti espressive. Il racconto ci consente di trovare la persona dietro ai fatti brutali della storia del trauma. La narrazione e la scrittura riflessiva si sono dimostrate capaci di guarire, dare sollievo da malattie croniche. Tutte le prove rivelano che lo strumento di guarigione più potente è quando il narratore racconta la sua storia a un’altra persona. L’ascoltatore diventa parte della storia; e non ha solo la gioia (e anche il dolore) di ascoltare, ma anche di assimilare la profonda saggezza, resilienza e spiritualità di chi racconta. Ascoltare la narrazione del trauma è un dono da condividere della vera bellezza che scaturisce dalla condivisione di esperienze di vita traumatiche.
Quando un soldato torna a casa con gravi disturbi mentali in qualche modo si ammala l’intera famiglia. Come riuscite a prendervi cura di queste persone, cercando al tempo stesso di mantenere la stabilità del resto della famiglia?
I veterani portano a casa nelle loro famiglie tutti i fattori stressanti e le tragedie che hanno vissuto come combattenti. Molti hanno il “senso di colpa del sopravvissuto” perché un compagno che stava vicino a loro nel combattimento è morto e si sentono in colpa perché loro sono sopravvissuti. Uno dei fattori principali alla base dell’alta prevalenza della depressione e dei pensieri suicidi tra i veterani è l’esperienza della lesione morale. La lesione morale si verifica quando un soldato fa qualcosa che considera moralmente sbagliato ma che è pienamente approvato e giustificato dalle forze armate. La lesione morale predomina nella vita emotiva di soldati e veterani e può essere un’emozione molto distruttiva. Purtroppo, i veterani e le loro famiglie sanno poco della sofferenza a lungo termine causata dall’esperienza della violenza in guerra. La brutalità delle ferite traumatiche alla testa provoca danni importanti al cervello che possono distruggere la personalità. I familiari, compresi i bambini, i parenti stretti e perfino gli animali domestici, devono essere coinvolti nel processo di guarigione dei veterani. Assistenti spirituali e cerimonie religiose possono svolgere un ruolo importante nel guarire le lesioni morali. Ci sono alcune tragedie, come l’uccisione accidentale di un bambino, che possono essere perdonate solo da una “Presenza Sacra”.
Dinanzi a mali grandi come la guerra o la violenza efferata ci sentiamo impotenti, indifesi. Come possiamo proteggerci da questo senso di disperazione?
Spesso le situazioni catastrofiche globali della violenza di massa, o la distruzione del nostro mondo naturale, fanno sentire inermi noi comuni cittadini. È importante che ogni persona lotti contro l’impotente disperazione suscitata dall’enormità del problema. Prima di tutto, si può riconoscere che nel mondo ci sono tantissimi piccoli gruppi che fanno del bene. Penso che la nostra piccola clinica sia uno di questi gruppi. Papa Francesco è un “portavoce” di speranza per loro. Occorre trasformare la narrativa medica in una narrativa di speranza che i sopravvissuti ai traumi possano essere curati e che si possa prevenire la violenza. Questa realtà scientifica deve essere riconosciuta socialmente. Negli ultimi quarant’anni ci siamo focalizzati sulla creazione di ambienti di cura belli anche nelle situazioni di maggiore violenza e povertà.
In tutti questi anni di esperienza, c’è una storia che rappresenta la sintesi del suo lavoro e che sente di poter condividere?
All’inizio degli anni Novanta dello scorso secolo, nel campo profughi cambogiano chiamato “Site 2” sul confine tra la Cambogia e la Thailandia, in un posto tra i più desolati, il nostro team ha scoperto la Khmer People’s Depression Relief Unit (K pdr ). La K pdr , pur mancando di tutto, ha creato un bel giardino, piccole stanze da letto in bambù e un centro di cura tradizionale per bagni di vapore, nonché un santuario buddista per la preghiera e la meditazione. Partendo da molto poco, il personale cambogiano ha creato un bellissimo ambiente di cura. Durante una delle nostre visite alla K pdr incontrai un ragazzino i cui genitori erano stati uccisi dal regime di Pol Pot. Era stato accecato durante la fuga in Thailandia ed era finito nel campo profughi “Site 2”. Quel ragazzino era disperato; non voleva vivere. Quando lo incontrai per la prima volta non nutrivo speranze per lui. Due anni più tardi, dopo aver vissuto in una capanna di bambù alla K pdr , aveva trovato una nuova vita. Era attivo e sentiva che stava seguendo un percorso importante.
Avete un mantra nella vostra clinica a Boston: “Non c’è guarigione senza bellezza”...
Nella nostra clinica a Boston, e ovunque abbiamo lavorato (Cambogia, Perú, Liberia, Libano e Italia), abbiamo imparato la forza di far realizzare, ai sopravvissuti ai traumi, ambienti belli, di cura per loro stessi. Di recente, malgrado le violenze delle bande armate a Haiti, grazie all’impegno di un sacerdote haitiano, abbiamo creato un ambiente di cura costruito da architetti haitiani per donne e bambini dell’isola che fuggono dalla violenza. Questo nuovo centro dispone di un giardino, servizi per l’infanzia, un luogo per la preghiera, stanze per la terapia familiare e un’oasi aviaria. È uno spazio sicuro e protetto dove le donne haitiane e i loro figli, circondati da uccelli canterini e dalla natura, possono trovare rifugio dalla paura. La straordinaria forza di guarigione esiste non solo negli spazi fisici estetici, ma anche nel comportamento morale. Agire in modo virtuoso e creare del bene è una chiave per la speranza e il ripristino della dignità umana. La guarigione dalla violenza e la prevenzione della violenza sono basate interamente sul ripristino della dignità umana e sul riconoscimento sociale che tutta la vita è sacra. La violenza è inaccettabile a tutti i livelli della società. E, come predicava sant’Agostino, l’ingiustizia è brutta! Il nostro obiettivo è di vivere e creare un mondo più giusto ed empatico. Di fatto, siamo biologicamente predisposti a compiere questo miracolo sociale.
di Alessandro Gisotti