Quello che secondo Eliot è «il più crudele dei mesi», è in realtà il più dolce, strettamente collegato con l’amore sin dal nome del quarto mese dell’anno (ma che nell’antico calendario romano era il secondo dei dieci mesi): aprile infatti, secondo alcune interpretazioni, deriva dall’etrusco Apro, a sua volta dal greco Afrodite, dea dell’amore, a cui il mese era dedicato. Non a caso nella società romana in aprile si svolgevano tre festività legate alla fertilità e alla coltivazione dei campi perché, di seguito a marzo, questo era considerato ancora di più il mese della rinascita dopo il letargo invernale. Secondo altre teorie, il nome deriva invece dal latino aperire cioè “aprire” per indicare il mese in cui si schiudono piante e fiori; altre interpretazioni ma che conducono verso lo stesso risultato: amore, apertura, rinascita, in fondo, sono praticamente sinonimi.
Il sole d’aprile rivela una gioia nascosta, pronta a esplodere: «immergiti nel profondo senza paura, con la gioia di aprile nel tuo cuore» canta il poeta indiano Rabindranath Tagore. Invece il cantautore genovese Fabrizio De Andrè canta un aprile non davanti, aperto al futuro, ma perso nel passato: «E fu il calore di un momento / Poi via di nuovo verso il vento/ Davanti agli occhi ancora il sole / Dietro alle spalle un pescatore/ E la memoria è già dolore / È già il rimpianto d’un aprile/ Giocato all’ombra di un cortile». Di quale cortile sta parlando? Di una casa di campagna? Di un carcere? Di un palazzo di giustizia? Vengono questi dubbi rispetto al testo misterioso della ballata del “pescatore”, quest’uomo che in qualche modo richiama la figura di Cristo perché come lui «versò il vino e spezzò il pane / Per chi diceva ho sete e ho fame». E aprile per i cristiani è il mese della Pasqua, della morte e della “rinascita”, se è vero che secondo gli ultimi studi dei biblisti la morte di Gesù avvenne il 7 aprile dell’anno 30, fuori le porte di Gerusalemme dove, due sere prima, il figlio di Maria aveva versato il vino e spezzato il pane per i suoi amici, per lo più pescatori, ancora non pronti a diventare “pescatori di uomini”.
di Andrea Monda