12 marzo 2024
Nella sua lettera enciclica del 1998, Fides et ratio, Giovanni Paolo ii ha parlato della «novità perenne» di san Tommaso d’Aquino. È un’espressione alquanto paradossale ma stranamente appropriata per uno i cui scritti continuano a essere studiati non solo per motivi storici ma anche per gli usi creativi e costruttivi a cui possono ancora essere destinati.
L’originalità dell’Aquinate — e questo è un altro paradosso — deriva dalla profondità della sua immersione nelle precedenti tradizioni di teologia e filosofia. La sua materia era la Parola di Dio, sempre antica e sempre nuova. Il primo compito del maestro medievale era di leggere gli scritti di altri, in primo luogo le Scritture, ma anche le opere classiche disponibili a quel tempo. A metà del xiii secolo, ciò includeva le ...
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