Fuga disperata
Maputo , 6. Si aggrava la crisi umanitaria a Cabo Delgado, nel nordest del Mozambico, dopo la recente ondata di violenza da parte di gruppi armati non statali che ha costretto ulteriori 100.000 persone — tra cui ben 61.000 bambini — alla fuga in cerca di sicurezza. Il più grande sfollamento degli ultimi 18 mesi, ha denunciato in una nota l’organizzazione umanitaria Save the Children.
Particolarmente segnati dalle violenze i distretti di Macomia, Chiure, Mecufi, Metuge, Mocímboa da Praia, Quissanga, Muidumbe e Ibo, dove intere aree residenziali sono state distrutte, così come strutture religiose, comunitarie, scuole e centri sanitari.
La distruzione nella provincia di Cabo Delgato (ricca di gas, al confine con la Tanzania) ha aggravato la già disastrosa situazione umanitaria del Mozambico, alle prese anche con i drammatici effetti del cambiamento climatico.
Le violenze e i ripetuti scontri a fuoco tra forze militari governative e gruppi armati jihadisti , che hanno avuto un impatto devastante in termini di vite umane, proseguono ormai da sette anni, senza vedere ancora una fine. «Arrivano continue segnalazioni di decapitazioni e rapimenti, con numerosi bambini tra le vittime», rileva Save the Children. I gruppi armati attivi a Cabo Delgado sono ricondotti in genere a un gruppo di ispirazione jihadista denominato Ahlu al-Sunnah Wal-Jamaah (Aswj) e noto localmente come al-Shabaab, omonimo con l’organizzazione somala, con cui però non avrebbe legami. Il gruppo si è affiliato al sedicente stato islamico (Is) nel 2019. Ad oggi, i combattimenti hanno già provocato lo sfollamento di 540.000 persone, di queste più della metà sono minori, secondo le ultime stime fornite dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Minori che vengono anche rapiti e si teme che i jihadisti possano averli trasferiti in campi di addestramento per utilizzarli poi come “bambini-soldato”.