«Marzo: mese di attesa. / Le cose che ignoriamo / Sono in cammino». La parola di Emily Dickinson, come spesso capita, è quella definitiva. Marzo il mese delle sorprese, dell’apertura all’inedito. Sì, perché marzo è il primo, viene prima di tutto il resto, è il primo, l’esordio, il debutto, l’inizio, il principio... tutto questo è il sapore e l’essenza di marzo. A marzo germogliano le primule e arriva la primavera. La gioia, la trepidazione dell’inizio si vive in questo mese sospeso tra il freddo dell’inverno che graffia ancora e il caldo che si affaccia promettente.
«Marzo tinge, aprile dipinge» recita un antico proverbio: marzo è la macchia di colori sulla tela, uno schizzo, un’esplosione che deve sviluppare i suoi effetti “a lento rilascio” nei mesi successivi. Da qui la pazzia, marzo fa rima con “pazzo” per cui un altro vecchio adagio popolare dice che «Marzo non ha un di come l’altro».
Nell’antichità romana marzo era veramente il primo mese dell’anno e i mesi erano dieci, da qui la nomenclatura da settembre a dicembre, e dopo c’era solo “l’inverno” che conteneva il tempo buio di gennaio e febbraio. Mentre il nome “marzo” viene invece da Marte, il dio della guerra: il disgelo dall’inverno non permetteva solo la ripartenza fiduciosa del lavoro dei contadini, ma anche la cupa ripresa delle attività bellica degli eserciti. Ripartivano la campagna e le campagne. Questa è la “pazzia nera” di un mese drammaticamente ambiguo che se da una parte finalmente si apre alla luce, dall’altra è il mese marziale in cui sono in cammino non solo le promesse di futuro luminoso, ma anche le minacce di nuove guerre. Ieri come oggi.
di Andrea Monda