Sono ritornata in Italia dopo tanti anni. Alle cinque di mattina sono scesa in stazione. Non c’era nessuno ad aspettarmi. Ho conosciuto S., D., A., C., tutte persone che mi hanno fatto compagnia. In quel momento non potevo ancora immaginare che presto saremmo diventati amici e che quella stazione mi avrebbe ospitata per i successivi quattro-cinque anni.
Arrivò mia cognata che avevo quasi perso le speranze. Con mio fratello mi condussero in una comunità per donne tossicodipendenti del territorio. Ci sono rimasta qualche giorno, poi, il desiderio della sostanza si è fatto sentire forte così come forte ho chiuso la porta di quella struttura alle mie spalle.
Non puoi pensare di offrire a chi viene dalla strada preghiere, regole e astinenza. È troppo quel troppo poco.
Sono rimasta a guardare il mare per qualche minuto, poi mi sono allontanata.
Sono tornata al mio paese. La casa era chiusa, non ci abitava più nessuno. Poco prima che io decidessi di tornare, mia madre se n’era andata per sempre e con lei, in quei quindici giorni che avevano separato l’ultima telefonata dal mio ritorno, anche mia sorella.
Senza casa, senza soldi, neppure quelli che mia madre aveva messo da parte per me. Era finito tutto. Il mondo di Anna era finito senza che Anna ne sapesse qualcosa. Quando non sai con chi prendertela, allora continui a prenderla con te stessa. Quando ti guardi intorno e non trovi nessuno, quello è il momento in cui il dolore torna più forte e con questo anche il bisogno di eroina.
Sapevo che mio fratello non mi avrebbe riaperto la porta. Molti lo fanno perché gli fa comodo pensare sia la soluzione migliore, perché così pensano che il tossico decida di smettere. Non è così. Non è così soprattutto se chi tieni lontana è una donna. Lasciandola per strada la stai condannando. Quanta durezza si permettono le persone per il tuo bene, quante offese, quanta volgarità.
Fumo eroina, ma non per questo smetto di essere una persona e una donna. Ti faccio schifo? Sì, salvo poi venirle a cercare quelle come me…
Sono ritornata in stazione.
Ho ritrovato le stesse sagome. In poco tempo sono diventate tutto ciò che avevo.
La roba ti permette di vendere il tuo corpo con maggiore tranquillità. Non senti la fatica e il freddo, l’ansia e la paura, non li percepisci più i rischi e i pericoli che corri ogni giorno. Forse anche per questo sembra essere la droga che più si accompagna alla strada.
C’è quella delle donne che scambiano la dose con un rapporto, quella di coloro che con ciò che guadagnano comprano la sostanza, quella che si offre perché chi si ha di fronte possiede tutto ciò di cui si ha un bisogno irrefrenabile: non c’è festa, non c’è piacere, non c’è scelta. Negli occhi della gente solo una misurata e distante attenzione. La solidarietà è ridotta, il giudizio abbondante.
Dormivamo nei vagoni dimenticati. Come questi me ne stavo dove finisce la stazione. Se sei da sola non puoi dormire a occhi chiusi. Devi guardarti dagli amici, da quelli che non conosci, dalla polizia che arriva all’improvviso. Salti i cancelli, sali e scendi da quei vagoni, cambi carrozza, ogni notte un viaggio per arrivare sempre allo stesso posto: il bagno della stazione. Lì ti vai a fare. Lì ti lavi. Lì chiudi gli occhi qualche minuto durante la giornata. Lì…
Adesso si paga. Devi mettere un euro ogni volta che entri.
Devo ringraziare tante persone, sai. I ragazzi del bar che mi davano l’acqua calda e custodivano quel po’ di bagaglio che avevo. Non mi sono mai trascurata, sono sempre stata profumata. Mi sono lavata anche con l’acqua gelida in pieno inverno. C’è tanta gente che non lo fa e finisce per puzzare di piscio, treni e fumo.
La mattina è il momento peggiore. Senti di avere la febbre, hai lo stomaco scombussolato. Ti fa male tutto, sudi freddo. Fumi le sigarette intanto che riesci a capire come fare per trovare la roba.
Ti passano accanto centinaia di persone, ma non le vedi. Salgono sui treni i passeggeri diretti chissà dove. La tua direzione è una sola… però, ti servono i soldi.
I soldi.
Devi fare i soldi.
La prima volta… Sono stata fortunata. Era giovane e bello. Pensa a cominciare con uno vecchio. Poi arriva anche quel momento.
Devi fare i soldi. Devi farli, per forza. E ce ne vuole tanta di forza…
Non ti puoi prostituire se non sei fatta. Non puoi farti se non ti prostituisci.
Lo facevo per farmi, lo facevo per mangiare, che poi sempre sopravvivenza è…
Ho condiviso il mio cibo con le altre fino a quando non ho visto che una buttava via la cotoletta che le avevo dato. Anche lei lo faceva per farsi, non gliene importava di morire, però. Mischiava tutto: alcol, psicofarmaci, eroina, cocaina. Quando stai messa così non duri tanto. Magari te ne stai attaccata a qualcuno. Per paura, per sentirti meno sola, sei costretta a lavorare anche per lui.
Io ero sola e sola volevo rimanere. Avevo paura, ma almeno lo facevo solo per me.
Non lo fai per divertimento, lo fai per bisogno, un bisogno che è difficile da spiegare. Quando stai con l’eroina il sesso è l’ultimo dei tuoi pensieri. Non c’è piacere. Sei un corpo che si muove. Per alcuni è tutto ciò che cercano quando vengono da te. Le solitudini si somigliano tutte. Si accontentano di poco.
Ho trovato un posto un po’ più in là, quando pioveva mi riparavo sotto una tettoia. Quanto freddo ho preso, quanto caldo, quanta acqua.
Chi si ferma spesso è più solo di te. Ha una moglie, dei figli, lo capisci dal seggiolino montato sul sedile posteriore, ma anche tanti problemi.
Nascono delle amicizie e all’inizio suona strano sentirsi dire: «… non voglio niente, solo parlare». Ti pagano bene per parlare. Altre volte non ti pagano affatto, buttandoti fuori dalla macchina o derubandoti. Se sali in macchina e quello riparte non devi allontanarti troppo, altrimenti come ci ritorni al tuo posto se non ti riporta più indietro?
Una volta sono tornata in stazione con una macchina della Guardia di Finanza dopo che mi avevano portato via lo zaino dove avevo 5 grammi di eroina e 150 euro.
Per una broncopolmonite sono svenuta alla fermata dell’autobus. Non ce la facevo più. Qualche momento prima avevo chiesto a Dio di farmi morire o di mandarmi qualcosa. Quel giorno non era distratto… Quel giorno ho conosciuto l’uomo che mi ha portata via di lì per sempre.
(La storia di Anna è stata raccolta da Anna Paola Lacatena che l’ha raccontata anche nel libro «Tagliate male – Donne e eroina: lo stigma della moderna narrazione italiana», edito da Medicine delle Dipendenze e clad , Centro Lotta alle Dipendenze di Verona)