Come Gesù di fronte alla moltitudine di gente affamata nel passo evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci, anche i sacerdoti «nei deserti di oggi, dinanzi alle difficoltà del nostro tempo», possono fare della crisi «un’opportunità di cambiamento di sguardo spirituale e pastorale» animati dalla compassione. È l’esortazione lanciata dal cardinale Lazzaro You Heung-sik durante la celebrazione eucaristica che sabato 10 febbraio, nella basilica di San Pietro, ha concluso i lavori — iniziati martedì 6 — del Convegno internazionale per la formazione permanente dei sacerdoti, dedicato al tema «Ravviva il dono di Dio che è in te (2 Tm 1, 6)».
Nell’omelia il prefetto del Dicastero per il clero — promotore dell’iniziativa in collaborazione con i Dicasteri per l’evangelizzazione e per le Chiese orientali — ha fatto riferimento alla “fame” di Gesù dei partecipanti al convegno, paragonandola a quella della folla nel brano evangelico. Il porporato ha osservato come il prete sia animato da un profondo desiderio di “nutrirsi” della Parola al fine di trovare negli insegnamenti di Cristo «nuove vie e nuovi significati per continuare a vivere con gioia» il proprio ministero. Quest’ultimo, ha rimarcato, deve avere come primo motore la compassione, quella che Gesù provò per la folla vedendola disperata. Solo così, ha insistito, è possibile «la partecipazione profonda ai travagli del mondo, la commozione interiore per le storie di coloro che incontriamo, le nostre lacrime con chi piange, il nostro sorriso con chi gioisce, la nostra vicinanza verso tutti coloro che soffrono, lottano e sperano»: sentire, cioè, «dentro alle nostre viscere — questo significa la parola “compassione” — il desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo».
Non è un compito facile, ha ammonito il cardinale, «col poco che sentiamo di avere a disposizione»; ma proprio dagli scarsi mezzi si può e si deve partire «per raccogliere e affrontare le nuove sfide». È Gesù stesso che «ci invita a ripetere: prendi tra le mani il dono che hai ricevuto, poco o tanto che sia; ravvivalo rendendo grazie a Dio, perché la fiamma non si spenga; spezzalo lasciandoti spezzare dalla vita della gente. E poi, distribuisci, dona, offri, condividi». Un modus operandi, ha ribadito il prefetto, volto a ricercare con efficacia le «migliori vie pastorali per portare in modo nuovo l’annuncio del Vangelo». E allora, come «Gesù, dopo averli sfamati, salì sulla barca con i suoi discepoli, riprendendo il viaggio», così «riprendiamo il viaggio — ha detto ai presenti — e passiamo all’altra riva, ciascuno nel proprio Paese, non per archiviare l’esperienza di questo convegno ma, al contrario, per farne tesoro e portarla con noi». Facendo poi riferimento ai festeggiamenti del Capodanno lunare in corso in Asia — che «nella nostra cultura significa un nuovo inizio: è un punto d’arrivo, ma anche un punto di partenza» — il porporato coreano ha concluso l’omelia augurando ai presenti che il convegno «vissuto insieme possa essere punto di partenza per riflessioni comuni e buone pratiche pastorali». La stola ricevuta dai sacerdoti e la borraccia consegnata agli altri partecipanti, ha chiosato, vogliono infatti significare: «non camminiamo da soli, ma insieme».
E della necessità di nuove strade, «sempre più efficaci, per sostenere e accompagnare la vocazione sacerdotale» il prefetto del Dicastero per il clero aveva parlato in mattinata, presso l’Auditorium Conciliazione, nel discorso conclusivo del simposio, affrontando il tema della vocazione del sacerdozio ordinato, che «vive tempi complessi perché siamo in un tempo e in una società complessa». In tal senso, ha rilanciato, occorre agire avendo come faro le tre strade indicate da Francesco: la gioia del Vangelo, l’appartenenza a un popolo e la generatività del servizio; e ha raccomandato, infine, di riportare a livello locale quanto emerso nell’incontro, a cominciare dalla «importanza di rafforzare la dimensione di amicizia e di fraternità sacerdotale».