La missionaria che ispirò il Cura Brochero

Come due santi argentini possono rieducarci
a camminare

 Come due santi argentini possono rieducarci a camminare  QUO-033
09 febbraio 2024

«Questa donna vale oro!» ha detto Papa Francesco. È un grano nella «corona dei santi americani» ha specificato nel 2015. Così parlava di María Antonia de Paz y Figueroa, in quel tempo venerabile. Ne percepiva il seme di santità e allo stesso tempo la “santità” già “seminata”. La menzionava assieme a don José Gabriel del Rosario Brochero in quell’anno ancora in via di canonizzazione.

Brochero è il primo santo argentino, mentre lei, la fondatrice delle Figlie del Divin Salvatore a Buenos Aires, l’allenatrice di esercizi spirituali, cui sta bene il soprannome di “Mama Antula”, in religione Maria Antonia di San Giuseppe, è la prima santa. La Chiesa romana è andata a trovarli, lui, il Cura Gaucho, battezzato “José”, il pastore con l’odore delle pecore, e lei, la viaggiatrice scalza, «quasi alla fine del mondo», come l’attuale Pontefice ebbe a definire la propria terra di origine rivolgendosi per la prima volta alla folla di piazza San Pietro.

Un mese dopo la proclamazione a beata, la descrisse come la «donna che aiutò a consolidare l’Argentina». Di nuovo, è menzionata assieme a Brochero, del quale il Pontefice sottolineò la «compassione» per i suoi «amati serrani» (settembre 2016). Lei nacque e lui si spense in marzo, nel mese in cui amiamo ricordare san Giuseppe. La beata espirò nel 1799. Il piccolo José prese il suo primo respiro quattro decenni più tardi. Nei due secoli a seguire, il prete di Córdoba ne avrebbe seguito le orme.

È ben nota la mole di persone accompagnate da san Brochero ai ritiri spirituali. Incontrate nelle steppe, nelle lande, sui monti del vasto territorio della parrocchia, le addestrava a pregare secondo la formula codificata da Ignazio di Loyola. Meno noto è il fatto che il Cura Brochero frequentò la casa degli esercizi edificata da Mama Antula. Intorno al 1889, attraverso le consorelle della santa, entrò in contatto con il testo degli esercizi che ella aveva usato nei ritiri, dotato delle sue annotazioni sulla pratica delle meditazioni e delle preghiere ignaziane. Egli adottò questa versione, che continuò a diffondersi in vasti circoli paesani.

Il santo argentino include la santa, la sua storia contiene quella di Madre Antula. Segnano la storia argentina della preghiera e fanno i passi necessari «per la Patria e per l’evangelizzazione» (Francesco, 30 settembre 2016). La loro grandezza è evidente in quel genere di apostolato che esce verso le «periferie geografiche ed esistenziali» per invitare a pregare (Francesco, 14 settembre 2013). Non solo invitano a varcare le porte della chiesa, ma per primi le valicano. Non camminano né sulle uova né sul velluto, come si usa dire per chiarire che c’è modo e modo di farsi strada.

I due santi argentini vengono in aiuto, a me, nelle vesti di biografo, e a chiunque voglia studiare a fondo l’esperienza spirituale del camminare. Francesco ricordò i viaggi estenuanti di Brochero lungo i «sentieri aridi e desolati dei duecento chilometri quadrati della sua parrocchia» (settembre 2013). Mentre sterminate camminate evangelizzatrici portarono Mama Antula, a piedi scalzi, per montagne e deserti, ad attraversare la diocesi di Tucumán, Córdoba, fino alla metropoli di Buenos Aires. Quando iniziai i miei studi sui due santi, intuii subito quanto questa maniera di camminare li accomuni. In corso d’opera, aspiravo ad andare al nocciolo della questione. Ho esaminato il loro modo di finire deliberatamente fuori strada, a piedi o su una mula, e ciò che genera. Sono entrambi dei “fuoristrada” non già in senso ideale, ma proprio in senso esistenziale. I loro furono viaggi tra gli emarginati, in zone remote e tra comunità isolate. In quei luoghi privi di servizi essenziali, camminare offriva un’esperienza drammatica.

Il valore delle camminate dei due santi, a mio avviso, sta nella somma dei passi che procedendo verificavano l’esistenza di un cammino. Chi tra quegli emarginati non concepiva l’idea stessa di strada, ne avrebbe almeno intuito l’estensione. Cura Gaucho e Mama Antula viaggiarono in mezzo al nulla; un nulla che alla gente stessa del luogo appariva non oltrepassabile, poiché appunto privo di strade.

Oggi, abituati a spostarci comodamente in auto, in treno o sull’aereo, lungo rotte già tracciate, abbiamo dimenticato il valore sacro del cammino. Ci appare più che sufficiente scaricare una fitness app sui nostri cellulari per sbalordirci del numero di passi effettuati! Il modo di camminare di questi due santi per sua natura differisce radicalmente. È ancora impegnato nell’umile, eppure immane lotta del primo passo. Ci rieduca a quello stupore di Dio che abbiamo invece provato in altri momenti della nostra storia personale o collettiva. Per aiutare il lettore ad afferrare meglio l’idea, rinvio a esempi più familiari al patrimonio culturale e personale in cui vive, come lo spettacolo del primo passo sulla luna; il primo passo di un figlio; o di chi per primo ci chiede perdono e dice che non vuole perderci; il primo passo dopo una lunga convalescenza, o dentro casa la sera mentre, alle nostre spalle, richiudiamo la porta e ci sentiamo, incredibilmente, pionieri.

Quando penso a quel parroco lanciarsi sulla mula, o ai piedi neri di una santa camminatrice, rivedo la scintilla del primo passo. Ci rieduca a metterci in marcia e a rivivere quell’esperienza dei Magi evocatrice del cammino di ogni uomo verso Cristo (Francesco, 6 gennaio 2015).

di Pino Esposito