Rileggendo il messaggio del Pontefice per la Quaresima 2024

Tempo di grazia
per riscoprire la libertà
come dono di Dio

 Tempo di grazia per riscoprire  la libertà come dono di Dio  QUO-032
08 febbraio 2024

Il messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2024 si apre con un’affermazione tanto lapidaria, quanto evocativa: «Quando il nostro Dio si rivela, comunica libertà».

Queste parole, immediate e dirette, sembrano fare eco all’insegnamento dottrinale solennemente espresso dal concilio Vaticano ii nella Dei Verbum, in cui sin dalle primissime battute tutta l’economia della divina rivelazione è presentata come mistero di libertà e di liberazione.

Infatti, la scelta dei padri conciliari di esordire con quel «piacque a Dio di rivelarsi in persona» ( dv , 2) è volto a sottolineare come la volontà di Dio di comunicarsi agli uomini, attraverso le opere compiute nella storia della salvezza, scaturisca dalla sua libera decisione di fare dono di sé.

Dio è in sé mistero di amore e di libertà e, proprio a motivo di ciò, «nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» ( dv , 2).

Non bisogna sottovalutare l’importanza di questa opzione compiuta dal Concilio nella parte introduttiva della sua costituzione dogmatica, perché il tema specificamente antropologico della libertà, che aveva caratterizzato la riflessione filosofica sorta in epoca moderna e contraddistinto la sensibilità “laica” del “secolo dei Lumi”, non senza creare attriti e controversie con la Chiesa cattolica, venne assunto e ricompreso in chiave squisitamente teologica.

L’operazione dei padri conciliari non consistette semplicemente nel ricondurre a Dio, come principio e origine, una realtà che è naturalmente umana. Piuttosto, si scelse di mostrare come la condizione ontologica di possibilità di ciò che caratterizza più profondamente l’uomo si trovasse già nell’essere di Dio, nel seno della vita intima della Trinità.

Fu lo straordinario recupero delle fonti patristiche a consentire la riscoperta della categoria teologica di imago Dei, in cui si condensava tutta la ricchezza della tradizione cristiana che nei primi secoli si era posta alla ricerca della verità dell’uomo. Così, in Gaudium et spes, il Concilio approfondì le implicazioni trinitarie e la pregnanza ontologica della libertà dell’uomo, fatto a immagine di Dio, esplicitandone l’intrinseca dimensione “sociale”. La costituzione pastorale ci regala una delle sue affermazioni più felici quando afferma che: «l’uomo per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti» ( gs , 12).

La libertà umana non può essere intesa soltanto come sinonimo di “autonomia” o di “autorealizzazione”, perché Dio chiama l’uomo ad entrare in dialogo con Lui, con i propri consimili, con il creato.

Fin dai racconti delle origini, la libertà con cui Dio si annuncia e si lascia conoscere dagli uomini è volta a instaurare con loro una relazione trasformante, che riscatta dal peccato, dall’errore e dalla colpa, non solo il singolo individuo, ma l’intera creazione. L’economia della rivelazione è, al contempo, economia di salvezza che rinnova il mondo visibile e invisibile.

È nell’invio del Figlio, Verbo fatto carne, che tutto ciò è manifestato in modo pieno e compiuto: «Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna» ( dv , 4). In Gesù Cristo la libertà autentica è offerta all’uomo come vita nuova, “via” di liberazione che riconduce al Padre, e itinerario da percorrere “insieme”, lasciandoci trasportare dal soffio gentile dello Spirito di Verità.

È Lui che, donandosi sulla croce e coinvolgendoci nella comunione filiale con Dio Padre, ci svela fino a che punto la qualità cristiana della libertà creata declini il legame con gli altri come responsabilità e appello alla fraternità.

La profondità teologica della meditazione conciliare sulla libertà dell’uomo si intuisce nella filigrana delle parole che il Santo Padre indirizza a tutti i cattolici nel testo di cui ci ha fatto dono per la prossima Quaresima. Mi limiterò a sottolinearne solo alcuni aspetti particolarmente suggestivi.

Anzitutto, il messaggio riprende l’immagine biblica dell’esodo, ponendo in luce come l’aspetto dinamico della libertà cristiana non si esaurisca in modo puntuale, in una conquista data una volta per tutte, ma «matura in un cammino». La Quaresima ci consente ogni anno di passare al vaglio della Parola di Dio la nostra adesione di fede a Cristo, di verificare a che punto del cammino ci troviamo, al fine di prendere coscienza del nostro bisogno di salvezza e così rilanciare il desiderio di libertà che ci portiamo nel cuore. Un esercizio che siamo chiamati a compiere non soltanto in prima persona, ma anche comunitariamente, per imparare a «vedere la realtà» e a compiere «piccole e grandi scelte controcorrente».

In secondo luogo, il messaggio richiama la figura del faraone, al fine di evidenziare la struttura dialogica della libertà e mostrare come l’esperienza del peccato comporti sempre la corruzione delle relazioni che costituiscono l’uomo nella sua identità di persona. Nel suo epistolario, san Paolo contrappone in modo sistematico la schiavitù alla filiazione (Rm 8, 15) proprio per sottolineare come la libertà non possa essere concepita in modo individualistico, come desiderio di sopraffazione e dominio sugli altri, ma che al contrario essa si realizza esclusivamente nell’essere-per-gli altri (Gal 5, 13).

Infine, il messaggio rinvia alla bipolarità semantica del deserto nella Bibbia, come spazio da attraversare e tempo da sostenere. La spazialità ostile del deserto si riverbera nel paesaggio interiore del credente, come prova e tentazione da attraversare; ma anche come tempo intermedio, fatto di faticosa attesa e di duro cammino da sostenere. La Quaresima ci colloca idealmente tra l’uscita dalla cattività e l’ingresso nella promessa, tra la lotta contro la logica mortifera dei falsi idoli che rinnovano in noi la «nostalgia della schiavitù» e la speranza di conoscere la terra che stilla latte e miele (Es 3, 8; 33, 3).

Non è facile accettare che il deserto sia parte integrante della nostra maturazione di fede, tuttavia, la Quaresima si profila come tempo opportuno e spazio propizio da dedicare alla conoscenza di sé, in risposta all’invito rivolto da Dio ad Abramo: «Va’ verso te stesso!» (Gn 12, 1).

Un tempo di grazia in cui la Chiesa ci offre gli aiuti necessari per lasciarci educare da Dio e scegliere di abbandonare i tanti «legami oppressivi» che ci ostacolano dall’intraprendere un reale percorso di conversione interiore.

di Anthony Ekpo
Sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale