Il “Gianni Schicchi”
Il Teatro dell’Opera di Roma ha invitato un gruppo di amici dell’Osservatore di Strada ad assistere alla rappresentazione del “Gianni Schicchi” e dell’”heure espagnole” in scena dal 7 al 16 febbraio. Due opere bellissime, uno spettacolo emozionante come ci racconta il nostro Fabrizio Salvati:
Introdotta da un'anteprima-giovani, perfettamente riuscita a giudicare dal gran numero di ragazzi e ragazze entusiasti in sala, è andata in scena al Teatro dell'Opera di Roma sotto la bacchetta di Michele Mariotti la seconda parte del progetto triennale "Trittico ricomposto", in occasione del centenario della morte di Giacomo Puccini.
Il lavoro accosta in due tempi altrettante opere comiche in atto unico: il "Gianni Schicchi" dello stesso Puccini, su libretto di G. Forzano, seguito da "L'heure espagnole con musica di Maurice Ravel e libretto di Franc-Nohain.
Si tratta di due lavori per certi versi apparentemente distanti, in realtà legati da molti "fils rouges". Innanzitutto, la straordinaria modernità di musiche composte ormai un secolo fa: già nelle prime note di Puccini si avvertono echi che sembrano richiamare certi compositori di scuola inglese (Holst, Walton, Vaughan William) a lui contemporanei, chiaro indizio di quanto il lucchese fosse, al pari di tanti suoi colleghi, attento a quanto avveniva in quegli anni sulla scena musicale nei vari paesi.
Nel caso di Ravel la potenza evocativa della sua scrittura, spesso effettistica, ci svela l'origine di un elemento per noi oggi assolutamente scontato: le sonorità di certe colonne sonore cinematografiche, già esistenti in un'epoca in cui il primo film sonoro era ancora "in mente Dei".
E ce lo mostra, grazie ad un video proiettato dietro il palco, in cui su uno sfondo di fumi vulcanici scorrono di volta in volta teorie di figure umane (ominidi?) In lontananza, voli di pterodattili "et similia".
A loro volta i libretti ci ricordano come certi pregiudizi e barriere mentali attraversino i secoli: la famiglia benestante alla fine del XIII secolo non vorrebbe ammogliare il proprio rampollo ad una pulzella, figliola dello Schicchi, priva di dote. Ne scaturisce a trama degna del Boccaccio - quello non osé (Calandrino, Chichibio, ecc.) – la cui presenza sempre aleggia. Geniale la trovata del giovane regista Ersan Mondtag di chiamare alla ribalta nella passerella Padre Dante, visto che per la sua truffa colloca Schicchi all'Inferno.
Boccaccio verrà poi citato esplicitamente alla fine dell'altro lavoro, quello sì boccaccesco secondo l'accezione comune, imperniato com'è su una tresca amorosa, galeotti alcuni orologi a pendolo da cui il titolo.
Fabrizio Salvati
Foto di Fabrizio Sansoni