La visita del cardinale Czerny nel Paese africano

In Benin una «Chiesa verde»

 In Benin una «Chiesa verde»  QUO-016
20 gennaio 2024

«Desertificazione, deforestazione, gestione sostenibile delle risorse idriche, agricoltura ecologica, inclusione economica dei più poveri e lavoro dignitoso»: sono alcune delle preoccupazioni cui la comunità cattolica del Benin cerca di rispondere con il progetto “Eglise Verte”, le cui finalità sono state elogiate dal cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (Dssui), in occasione della presentazione avvenuta stamane, sabato 20 gennaio, a Cotonuou.

Responsabilità verso le generazioni future


Il porporato gesuita ha compiuto una visita pastorale di quattro giorni nel Paese africano, dove è giunto mercoledì 17. Accolto all’arrivo dal nunzio apostolico, l’arcivescovo Mark Miles, e dai presuli beninesi, il prefetto del Dssui ha ricordato la necessità di rispondere agli appelli lanciati da Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ e nell’esortazione apostolica Laudate Deum, esprimendo la speranza «che la Chiesa, e anche il popolo, siano incoraggiati in questa vocazione, specie per i più poveri e per le generazioni future, verso le quali abbiamo una grande responsabilità».

«È interessante conoscere le sfide specifiche di questo luogo nell’ambito della tutela dell’ambiente — ha detto —, ma anche in quello della giustizia sociale, perché i poveri sono le prime vittime del disastro ecologico che abbiamo causato».

Giovedì 18 gennaio il cardinale ha visitato il centro sanitario Saint Jean di Cotonou, che assiste la popolazione con vari servizi medici. Avviato nel 1963 dalle suore della congregazione Saint Joseph di Lione, attualmente è sotto la responsabilità dell’ordinario locale, l’arcivescovo Roger Houngbédji. Quindi il prefetto del Dssui ha incontrato separatamente i presuli delle Conferenze episcopali del Togo e del Benin. E ieri, venerdì 19, ha partecipato a un incontro con le Commissioni episcopali per la pastorale sociale e le Congregazioni religiose che operano nel medesimo campo.

Oltre il paradigma tecnocratico


Nel suo discorso il gesuita ha rilanciato il concetto di “ecologia integrale” che «rappresenta un nuovo paradigma spirituale, economico e culturale con cui superare quello che Papa Francesco definisce il “paradigma tecnocratico dominante”. Fedele al concilio Vaticano ii , il Santo Padre sviluppa le consapevolezze già presenti in Gaudium et spes (1965) e Populorum progressio (1967) nell’attuale drammatico scenario di cui l’Africa è testimone giovane, sofferente e credibile». Da qui l’invito ad «abitare con amore e con lucidità le sfide drammatiche affrontate ogni giorno, riconoscendo in esse la vocazione a una missione non solo locale, ma universale. Questo consente di non sentirsi chiusi in problemi troppo grandi e in dinamiche ecclesiali o personali troppo piccole».

Educazione ambientale e formazione


In proposito il relatore ritiene fondamentale il rapporto tra i Dicasteri della Santa Sede e le Chiese locali che «molto può donare a un’umanità segnata da divisioni, diseguaglianze e conflitti, sempre più numerosi».

Stamane, l’ultima tappa del viaggio con la tavola rotonda sull’iniziativa «Chiesa verde», promossa dall’arcidiocesi di Cotonou e incentrata su due direttrici: da un lato l’educazione ambientale, in particolare la gestione dei rifiuti e la formazione degli operatori pastorali; dall’altro, la promozione ambientale ed ecologica per la lotta contro i cambiamenti climatici. «La Chiesa in Benin — ha detto Czerny — ha scelto di raggiungere direttamente o indirettamente famiglie, parrocchie, diocesi, istituti scolastici e mondo accademico, strutture assistenziali e sanitarie, movimenti laicali, i settori economici e gli ambienti religiosi»: in pratica tutti «i potenziali produttori di rifiuti e consumatori di energia e al contempo soggetti interessati al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, tra cui la lotta alla povertà e alla fame, l’accesso universale all’acqua potabile, città e comunità sostenibili». E ciò in un Paese, ha aggiunto, in cui è esemplare la convivenza pacifica tra credenti: cristiani, musulmani, e praticanti religioni tradizionali. «Il motto della Repubblica del Benin è “Fraternità, Giustizia, Lavoro” — ha concluso il prefetto — ed è rappresentato nello stemma da due cornucopie di sabbia da cui emergono due spighe di grano» dunque «tre elementi di cui due sono disponibili in natura e uno richiede lavoro umano. Questo ci invita a iniziare a lavorare in modo responsabile rimanendo umili perché Dio è il Creatore, il Signore, e noi dipendiamo dalla Provvidenza».