Vite donate per il Vangelo

A small  destroyed monument of Jesus,  is seen in front of a house hit by Russian rocket at Zelenyi ...
30 dicembre 2023

Un vescovo, otto sacerdoti, due religiosi non sacerdoti, un seminarista, un novizio e sette tra laici e laiche: sono venti i “missionari” uccisi nel 2023, secondo il dossier di fine anno pubblicato dall’Agenzia Fides. Volti, storie, vite donate fino in fondo, nei quattro angoli del mondo, per il Vangelo. La loro testimonianza si aggiunge a quella delle 550 persone che, dal 2000 a oggi, hanno perso la vita in modo violento mentre svolgevano il servizio pastorale o donavano un annuncio di fede. L’Africa il continente con più vittime (nove) mentre, in generale, spicca nella lista la presenza di sette fedeli laici, uomini e donne, impegnati nell’animazione delle comunità cristiane, nella catechesi e nella carità, in territori spesso segnati da disagio e indigenza. In vista del Giubileo del 2025 la Commissione vaticana sui nuovi martiri e testimoni della fede elaborerà un catalogo di tutti coloro che hanno versato il loro sangue per confessare Cristo e testimoniare il Vangelo.

Sono venti i missionari uccisi nel 2023. Venti volti, venti storie, venti vite donate fino in fondo, nei quattro angoli del mondo, per il Vangelo. Come riferisce il dossier pubblicato annualmente dall’Agenzia Fides, dal 1927 organo di informazione delle Pontificie opere missionarie, le vittime sono un vescovo, otto sacerdoti, due religiosi non sacerdoti, un seminarista, un novizio e sette tra laici e laiche. La loro testimonianza di fede si aggiunge a quella delle 550 persone che, dal 2000 a oggi, hanno perso la vita in modo violento mentre svolgevano il servizio pastorale o donavano un annuncio di fede, nei cinque continenti. Sono quelli che la Commissione vaticana per i nuovi martiri e testimoni della fede, istituita da Papa Francesco nel luglio scorso, prenderà in considerazione per «elaborare un catalogo di tutti coloro che hanno versato il loro sangue per confessare Cristo e testimoniare il suo Vangelo», in vista del Giubileo del 2025, come ha scritto il Pontefice.

«Come sempre, la testimonianza di Cristo accade in mezzo alle calamità e alle sciagure del tempo storico dato. Brilla nella scena del mondo come possono brillare scintille in un campo di stoppie», commenta il direttore di Fides, Gianni Valente, per il quale «le povere vite spezzate» dei venti operatori e operatrici pastorali uccisi nel 2023 «hanno a che fare con la possibilità di salvezza o di dannazione che si affacciano all’orizzonte di tutti». Infatti «manifesta l’amore di Dio “per tutti”, abbraccia anche quelli che non conoscono il nome di Cristo e perfino i “nemici”». Così, se «nelle metastasi disseminate in tutto il mondo dal cancro della Guerra mondiale ormai non più “a pezzi” che dissangua la vita di popoli interi», aggiunge Valente, la testimonianza di queste venti vite donate appare «come una realtà numericamente irrisoria», tuttavia «anche questa circostanza rivela qualcosa di come accade nel mondo la salvezza annunciata nel Vangelo». In questo senso, sintetizza il direttore di Fides, «non si va in Paradiso da soli».

Le vittime sono definite “missionari” — spiega Fides nel dossier curato dal Stefano Lodigiani citando l’esortazione apostolica Evangelii gaudium — perché, «in virtù del battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario. Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione». Per questo l’elenco annuale dell’agenzia, parte del Dicastero per l’evangelizzazione, non riguarda soltanto i missionari ad gentes in senso stretto, ma include tutti gli operatori pastorali impegnati nella vita della Chiesa e morti in modo violento, anche quando ciò avviene non espressamente “in odio alla fede”.

Secondo la ripartizione continentale, il numero più elevato di vittime si registra in Africa, dove sono stati uccisi 9 missionari (5 sacerdoti, 2 religiosi, un seminarista, un novizio). In America sono stati assassinati 6 operatori pastorali (un vescovo, 3 sacerdoti, 2 laiche), in Asia sono morti in modo violento 4 laici, mentre in Europa è stato ucciso un laico, Diego Valencia, sacrestano della parrocchia di Nuestra Señora de La Palma, ad Algeciras, in Spagna. Spicca nella lista la presenza di sette fedeli laici, tra uomini e donne, impegnati nell’animazione delle comunità cristiane, nella catechesi e nella carità, per portare la linfa del Vangelo alle genti in territori spesso segnati dal disagio e dall’indigenza.

Molti dei missionari poi, altro dato rilevato da Fides, hanno perso la vita in luoghi e situazioni di conflitto, uccisi da soldati di eserciti regolari, da miliziani di bande armate o da gruppi terroristi, vittime innocenti di quella “guerra mondiale a pezzi” su cui Papa Francesco torna di frequente a puntare l’attenzione nei suoi appelli. Si può leggere, così, l’esperienza di don Isaac Achi, ucciso nel corso dell’assalto di un gruppo armato alla sua parrocchia in Nigeria e, sempre in Africa, in Burkina Faso, la storia di don Jacques Yaro Zerbo, assassinato da uomini armati mentre si recava a svolgere attività pastorali. In Tanzania don Pamphili Nada è morto dopo aver subito un’aggressione nella sua parrocchia, nella regione di Arusha, mentre in Camerun fratel Cyprian Ngeh è stato pugnalato a morte in strada, a Bamenda. Stessa sorte per don Léopold Feyen, accoltellato nella Repubblica Democratica del Congo, a Kinshasa, mentre si trovava nella sua stanza in parrocchia.

Il continente asiatico si connota invece per la morte di quattro fedeli laici: nelle Filippine i giovani Junrey Barbante e Janine Arenas erano due studenti cattolici che, nell’università statale di Mindanao a Marawi, in un ambiente e un territorio a larga maggioranza islamica, facevano i volontari e gli animatori della comunità della cappellania universitaria. Non si possono dimenticare inoltre le due vittime a Gaza: Samar Kamal Anton e sua madre, Nahida Khalil Anton, uccise dai cecchini mentre camminavano verso il convento delle suore di Madre Teresa, nella Striscia, dove si consuma la violenza offensiva dell’esercito israeliano. Entrambe appartenevano a un gruppo di donne, cattoliche e ortodosse, impegnate nell’apostolato in favore di poveri e disabili.

In America, mentre è il Messico a registrare il record di quattro vittime, negli Stati Uniti vi è stato l’omicidio di David Gerard O’Connell, vescovo ausiliare di Los Angeles, ucciso dal marito della governante che lo accudiva, arrestato e reo confesso.

Uno dei tratti distintivi che accomuna gli operatori pastorali uccisi nel 2023 è la “normalità” di vita: non hanno compiuto azioni eclatanti o imprese fuori del comune ma sono sacerdoti, consacrati e laici che stavano svolgendo attività pastorali in qualche comunità lontana, aggrediti su strade trafficate o in parrocchie dove erano impegnati nell’evangelizzazione e nella carità. La Chiesa va avanti grazie a loro: persone che — sottolinea Papa Francesco — «non sono fiori spuntati in un deserto» ma testimoniano la gratitudine per l’amore di Cristo traducendola in atti quotidiani di fraternità e speranza.

di Paolo Affatato