Bailamme

Nel vivo di un gesto

 Nel vivo di un gesto  QUO-297
29 dicembre 2023

«Penso che potrei trovare un buon modello in Piet Kaufman, il giardiniere, ma sono convinto che sarebbe meglio farlo posare con una vanga, un aratro o qualcosa del genere; non qui a casa, ma piuttosto in cortile, a casa sua o in un campo. Ma che fatica far capire alla gente come si posa! Sotto quest’aspetto sono terribilmente ostinati, ed è difficilissimo farli cedere su un punto: vogliono posare solo nei vestiti della domenica, e in posizioni impossibili in cui né le ginocchia, né i gomiti, né le scapole o qualsiasi altra parte del corpo lasciano intravedere i loro caratteristici avvallamenti o spigolosità». Così Van Gogh, scrivendo al fratello Theo, racconta come il pittore sceglie l’inquadratura di un uomo.

L’opzione sfondo sfumato, che va per la maggiore nei selfie, è la prima scelta che Van Gogh scarta. Per fare un ritratto occorre un contesto, non esiste un volto senza una dimora o un campo. Lì, dove un’anima respira, lavora e ama, c’è la vera fonte d’illuminazione per mettere a fuoco l’anima dietro i tratti somatici.

Come guardo l’altro? Il pittore cerca un soggetto all’opera coi muscoli tesi e gli arti piegati. Quello che vale in grammatica vale anche per lo sguardo: tutto si regge su un verbo, un’azione. Per inquadrare un essere umano occorre mettergli in mano una vanga. Bisogna osservarlo nel vivo di un gesto. Avvallamenti e spigolosità, sono tratti difficili da notare e poi riprodurre. Come mi lascio guardare? Ostinati a tenerci addosso gli abiti della domenica, vorremmo escludere dall’inquadratura proprio le pieghe e le scuciture. E ci andiamo pesante coi filtri leviganti e illuminanti. Che tutto vada liscio, che tutto si mostri limpido, terso, risolto. Il mantra delle grandi influencer insegna: cerca di essere sempre la migliore versione di te.

Eppure capita, soprattutto nei tempi morti della giornata, che l’occhio si posi su dettagli umani quasi insignificanti. E, sovrappensiero, s’intuisce che ci siano storie incredibili scritte nelle dita che tamburellano sul carrello in fila alla cassa del supermercato, nelle gambe accavallate sulla metro, nelle mani che stringono un bollettino in coda all’ufficio postale, nelle schiene dritte che filano via su un monopattino.

Un occhio innamorato della ferialità umana come quello di Van Gogh attende di poter cogliere quegli attimi sghembi, ma vivi. Sono assaggi di vero che richiedono cura e pazienza per essere notati, quando finalmente scompare la premura egocentrica di mostrarsi fotogenici e si mette a fuoco un frammento autentico di noi perché il centro è un soggetto in relazione con il suo presente.

di Annalisa Teggi