A colloquio con Yigal Carmon

Una guerra inutile?

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08 novembre 2023

Nei primi giorni della guerra pubblicammo un’intervista a Yigal Carmon, presidente dell’istituto di ricerca geopolitica Memri (Middle East Media Research Institute), esperto di intelligence e già consigliere per la sicurezza sia di Yithzak Rabin che di Yitzhak Shamir. In quei giorni le parole di Carmon furono riprese dalle tv e dai giornali di tutto il mondo, essendo stato l’unico (e inascoltato) analista ad aver previsto lo spietato attacco di Hamas e lo scoppio della guerra a Gaza. Ad un mese dall’inizio della guerra siamo tornati a trovarlo nel suo studio a Gerusalemme.

Carmon, dopo aver previsto lo scoppio della guerra, torniamo da lei per chiederle, in base alle sue informazioni, quali esiti ne prevede.

Guardi, non vorrei sembrare categorico o semplicistico, ma mi sento di azzardare che, prima o poi, la guerra finirà, e fondamentalmente tutto tornerà come prima. Il che mi conferma l’inutilità di questa guerra.

Lei ha un passato impegnativo che non può certo far dubitare del suo spirito di unità alle istituzioni politiche e militari di Israele. Perché dunque si è espresso contro la guerra?

Gliel’ho detto, perché è inutile. E’ molto difficile e rischioso immaginare una guerra da combattere nel reticolo delle centinaia di chilometri di tunnel che sono sotto Gaza. Per concludere cosa? Estirpare Hamas da Gaza? I capi effettivi sono già al sicuro, in Qatar o altrove. Hamas conta a Gaza 40.000 effettivi, più altri 10.000 soldati della Jihad islamica. Gente che non si arrende, gente che ha come traguardo il martirio. Estirpare Hamas allora significa riuscire ad ucciderli tutti e 50.000? Più in generale, dal punto di vista politico non dobbiamo sottovalutare che Hamas è, sì, un gruppo terroristico, ma non è solo un gruppo terroristico. E’ un’ideologia, è uno stato d’animo diffuso, è un credo religioso. Tutte cose contro le quali le armi non bastano. Nessuno sconto ai terroristi certo, ma mi si spezza il cuore al pensiero di quante giovani vite dei soldati israeliani saranno sacrificate sull’altare di questa guerra.

Perché dice che tutto tornerà come prima?

Vede, quando si decide di cominciare una guerra, si devono avere anche una o più ipotesi di conclusione e di uscita dal conflitto. Israele non ne ha. Non c’è nessuna exit strategy, che non sia la (irrealistica come ho detto sopra) distruzione totale del nemico. Come pensano di uscire da lì? Pensano forse di tornare indietro a prima del 2005 ed amministrare Gaza? Una follia. Pensano di liberare Gaza per restituirla all’Anp? Cioè pensano seriamente che Mahmud Abbas possa rientrare a Gaza a bordo di un carrarmato israeliano? Potrebbe essere una soluzione quella di una forza d’interposizione dei paesi arabi, che si assume anche l’onere della gestione della Striscia. Ma mi sembra che i due principali attori, Giordania ed Egitto, non abbiano alcuna intenzione a lasciarsi coinvolgere. E allora? Allora tutto rimarrà come prima. Con un Hamas più concentrata a sud della Striscia, e al nord con i soldati israeliani a far la guardia ad un mucchio di macerie.

E la questione degli ostaggi?

Anche qui mi duole dirlo: vedo un’incongruenza di fondo dell’amministrazione Netanyau. Si fidano della mediazione del Qatar, come se fosse parte terza.

Credo ci sia stata, anche da parte dei media occidentali, una sottovalutazione del ruolo del Qatar in questa storia iniziata ben prima del 7 ottobre. L’attivismo del Qatar in molte zone di conflitto in Medio Oriente e Asia centrale è sotto gli occhi di tutti. Di tutti quelli che, ovviamente, vogliono vedere. Poi ci sono anche quelli che non vogliono vedere. In Israele, in America, anche in Europa, a Bruxelles no? Sul ruolo del Qatar in tutta questa vicenda, delle sue relazioni con i palestinesi e con Israele, ci sarebbe molto, molto, da dire. Glielo racconterò un’altra volta. Vede, io credo fermamente che Israele possa vincere questa guerra non (solo) con la forza delle armi, ma con la forza della verità.

E il fronte nord? Hezbollah? L’Iran?

Il lunghissimo e noiosissimo discorso di Nasrallah di venerdì una cosa sola, chiara, l’ha detta. «Il 7 ottobre è una iniziativa solo di Hamas. Noi non c’entriamo e neanche lo sapevamo». Poi, aggiunge, se i nostri fratelli palestinesi ci chiederanno aiuto, noi ci saremo...ecc. Ma questa è tutta fuffa. Il messaggio importante è: noi il 7 ottobre non c’eravamo. D’altronde che convenienza avrebbe mai Hezbollah ad inserirsi in questo conflitto? Sono all’apice della loro presenza, governano buona parte del Libano, perché dovrebbero mettere a rischio questa loro posizione. Credo che anche gli iraniani abbiano — al di là delle frasi di rito e della fornitura di un po’ di armi — ben altre priorità, interne ed esterne.

Un quadro francamente preoccupante quello che delinea.

Io però continuo a credere negli uomini di buona volontà che possono trovarsi in ogni schieramento. Voi, per esempio, oltre a Papa Francesco, avete un uomo di valore qui a Gerusalemme. Se le capita di vedere il patriarca Pizzaballa gli dica che io, israeliano ed ebreo, avrei voluto vedere un nostro rabbi offrirsi come sostituto degli ostaggi. Bravo lui. (roberto cetera)