La XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi

Sinodo: il briefing quotidiano in Sala stampa

 Sinodo: il briefing quotidiano in Sala stampa  QUO-234
11 ottobre 2023

«Amore, solo amore»: a Casa Santa Marta alcuni poveri sono stati invitati a pranzare, ieri, con Papa Francesco dando così vita anche a «un piccolo circolo minore». Ed è «amore, solo amore» che hanno chiesto alla Chiesa nel suo percorso sinodale.

Ad accompagnare i poveri in questa inedita esperienza di Sinodo è stato il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, prefetto del Dicastero per il servizio della carità.

Lo ha reso noto Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione e presidente della Commissione per l’informazione dell’Assemblea, nel briefing con i giornalisti che ha avuto inizio intorno alle 14.20 di mercoledì 11 ottobre, nella Sala stampa della Santa Sede.

E con la voce dei poveri al Sinodo è risuonata anche, forte e unita, la preghiera per la pace in questi giorni di guerra. In particolare all’Angelus, a mezzogiorno di oggi, il cardinale Matteo Maria Zuppi — nel giorno del suo compleanno — ha invocato l’intercessione di san Giovanni xxiii , del quale ricorre la memoria liturgica. E molti interventi in Aula, ha affermato Ruffini, hanno riguardato proprio la scottante questione della pace, ricordando «le sofferenze delle popolazioni» e suggerendo di trovare modalità perché «i cristiani possano essere segno di riconciliazione in un mondo sfigurato dalle violenze». Riflessioni, ha insistito il prefetto, che sono sostenute dall’appello lanciato stamani da Papa Francesco durante l’udienza generale.

La pace dunque — con un pensiero particolare rivolto alle Chiese orientali — è stata tra i temi centrali condivisi in Aula — sia martedì pomeriggio (339 presenti) sia mercoledì mattina (345 presenti) — durante la quinta e sesta congregazione generale: negli interventi dei circoli minori e in quelli liberi. E stamani anche il cardinale Arthur Roche, prefetto del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, nella meditazione iniziale, ha messo in guardia dal pericolo di questi sanguinosi conflitti.

Finora, ha fatto presente Ruffini in Sala stampa, hanno preso la parola in quasi 150, in pratica un terzo dei partecipanti all’assemblea. E anche nella discussione sul modulo b dell’Instrumentum laboris, ha proseguito, lo stile resta quello di lasciarsi interpellare da quanto emerge negli interventi in maniera libera.

Sheila Peres, segretaria della Commissione per l’informazione, ha affermato che tra le questioni più dibattute ieri pomeriggio c’è stato l’impegno della Chiesa a favore dei popoli, troppe volte esclusi dalla società. E tra i poveri, ha aggiunto, ci sono i migranti e le vittime del cambiamento climatico. Riguardo ai migranti, anche alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, è stata sollecitata in Aula maggiore collaborazione con le Conferenze episcopali che sono più attrezzate nell’impegno di accoglienza e inclusione. Ed è stata rilevata, insieme alla problematica della lingua, anche la necessità che i rifugiati rispettino le leggi del Paese che li accoglie.

I ruoli dei laici nella liturgia e nella Chiesa, e in particolare delle donne, delle suore, sono stati altri temi proposti in Aula con riferimento soprattutto all’Africa. Insieme anche a una riflessione sul malessere e sulla povertà spirituale. Inoltre, sempre ieri pomeriggio, si è parlato della «bellezza nella diversità» nella Chiesa, con particolare riferimento all’esperienza delle Chiese orientali. Ed è stata espressa preoccupazione sul modo per mettere concretamente in atto e condividere le esperienze maturate nel Sinodo.

Riguardo ai lavori di stamani, Ruffini ha presentato alcuni temi affrontati in Aula, a cominciare dal rapporto tra amore e verità e dalla difesa della famiglia. Nel rispetto del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa, inoltre, si è dibattuto sul discernimento in materia di sessualità: in pratica sulla pastorale con le coppie gay e i divorziati.

Negli interventi è stato riaffermato il rifiuto di ogni forma di omofobia, nella constatazione che molte difficoltà nascono dalla non conoscenza della realtà del cammino personale delle singole persone.

È stata presentata poi la grave questione degli abusi e della credibilità stessa della Chiesa che è stata messa in dubbio da scandali sessuali. Va sradicato, è stato ribadito, ogni tipo di abuso spirituale, di potere o sessuale. Inoltre occorre «continuare a fare di tutto per essere vicini alle vittime». Ruffini ha poi affermato che, in diversi interventi, sono stati anche affrontati i temi dell’attualizzazione del linguaggio della Chiesa; della formazione all’ascolto; del mondo virtuale come luogo di percoli e di incontri; delle piccole comunità di base come luogo privilegiato per ascolto e comprensione.

Significativamente in Aula è stato riproposto il passo evangelico del dialogo tra Gesù e l’adultera, dal quale emerge una chiara indicazione: il Signore la accoglie e le chiede di non peccare più. «Amore, accoglienza e verità», dunque. È tornata, poi, l’esperienza del silenzio indicata da Papa Francesco. Con il pensiero anche di un «digiuno dalle parole istituzionale» che i diversi Dicasteri e Organismi potrebbero scegliere fino alla prossima Assemblea sinodale.

Particolarmente intenso è stato — ha riferito il prefetto — il confronto sull’ecumenismo, nella prospettiva della sinodalità, basato sulla centralità di Cristo e l’idea di «unità nella diversità». Ecumenismo è formazione ed esperienza comuni, e anche incoraggiamento alle famiglie “miste” di pregare insieme come veri «laboratori di ecumenismo». La questione del riconoscimento del Battesimo, la proposta spirituale della comunità di Taizé ma anche la difficoltà nel dialogo con le sette hanno chiuso la serie di interventi nei quali è tornata la bellezza dell’esperienza delle Chiese orientali.

I lavori sinodali proseguono nel pomeriggio — tra le 16 e le 19.15 — con la settima congregazione generale. Domani mattina, giovedì 12, in agenda i circoli minori (sesta sessione) con la finalizzazione dei resoconti che saranno consegnati alla Segreteria generale. E nel pomeriggio di giovedì si svolgerà il pellegrinaggio alle catacombe di Domitilla e di San Sebastiano.

Il cardinale canadese Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec, membro del Consiglio ordinario del Sinodo e del Consiglio di cardinali, ha ricordato la celebrazione della memoria liturgica di san Giovanni xxiii, che ricorre l’11 ottobre in coincidenza con l’anniversario dell’inaugurazione del Vaticano ii (1962). E ha sottolineato che il Sinodo si pone in rapporto di continuità con l’esperienza conciliare e guarda alla Chiesa come popolo di Dio che procede in quella stessa direzione. In tal senso Papa Roncalli è stato “profetico”, ha rimarcato il porporato riferendosi in particolare al testo del discorso pronunciato dal pontefice bergamasco in occasione dell’apertura dell’assise.

Per Lacroix l’esperienza del Sinodo si fonda soprattutto sull’atteggiamento di ascolto dello Spirito, della Parola, degli altri. In questo modo anche le convinzioni personali possono cambiare o acquisire sfumature diverse. Ognuno infatti sperimenta quotidianamente la propria incompiutezza: «tutti abbiamo bisogno degli altri, e gli altri hanno bisogno di noi. Questo — ha assicurato — è ciò che stiamo sperimentando in modo tangibile nel lavoro che stiamo facendo». In proposito il cardinale ha richiamato l’immagine dell’“orchestra sinfonica” suggerita da Francesco, evidenziando la bellezza di ritrovarsi da diverse parti del mondo per ascoltare e discernere ciò che Dio ha da dire alla Chiesa oggi per la sua missione a partire dalla concretezza della vita. Il Sinodo, del resto, «non ci allontana dalla realtà ma ci immerge in essa» ha detto il porporato riferendosi in particolare alle sofferenze delle popolazioni vittime dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente e all’emergenza ambientale legata ai cambiamenti climatici. «Tutto questo ci interessa» ha ribadito, rinnovando l’impegno di portare «speranza e giustizia ad un mondo che ne ha tanto bisogno».

Ha preso quindi la parola Grace Wrakia, mamma di tre figlie, coordinatrice della “Lasallian family” in Papua Nuova Guinea, presente ai lavori come testimone del processo sinodale per l’Oceania e tra coloro che provengono dalle Assemblee continentali senza essere insigniti del “munus” episcopale. Wrackia ha presentato il suo Paese, nel Pacifico meridionale, la cui Conferenza è unita a quella delle Isole Salomone, per un totale di 23 diocesi, 8 milioni di abitanti, il 25% dei quali cattolici. La Chiesa c’è da 150 anni, in una terra ricca di diversità, con 1000 tribù diverse e oltre 800 lingue. Prima del cristianesimo gli elementi spiritualità della Melanesia erano 4: vita comunitaria, visione integrata del mondo, rapporto armonioso con il cosmo, gli esseri spirituali e fisici e, da ultimo, riti religiosi. «Essi — ha detto la donna — esistevano già nella nostra cultura e ciò ha consentito ai miei antenati di accogliere il cristianesimo, e in particolare il cattolicesimo. Tale modalità di vita continua nella mia generazione, però è difficile riuscire mantenere insieme questi quattro elementi, perché abbiamo subito tante influenze dalla colonizzazione alla globalizzazione, alla secolarizzazione, che hanno avuto un impatto sull’integrità della vita comunitaria. Malgrado ciò, questa vita fa parte del nostro modo di essere: viviamo nella comunione e questo risuona con in uno dei 3 pilastri della sinodalità».

Ultimo aspetto approfondito: la spiritualità melanesiana e i rapporti che la caratterizzano. «Noi costruiamo relazioni non solo con quelli che hanno il nostro aspetto o parlano la nostra lingua, ma anche con coloro che condividono le nostre idee: un’idea molto ampia che ci include in una comunità larga. Noi viviamo davvero la sinodalità, viviamo in comunione: quando si prende una decisione in un villaggio tutti vengono ascoltati, anche le donne». Perciò ha concluso dicendosi «lieta che il Papa ci abbia invitato anche se siamo piccoli. Per anni abbiamo ascoltato e ora vogliamo parlare, perché abbiamo da dare al mondo e ciò che diamo viene dal nostro cuore alla Chiesa universale».

Luca Casarini, rappresentante di “Mediterranea Saving Humans”, che partecipa ai lavori come “invitato speciale”, ha spiegato che per il lavoro svolto «nella nave dove opero — da gennaio a oggi sono morte 2500 persone in mare, è così tutti gli anni, è diventato ormai “normale” — mi sento un privilegiato in un mondo dove si fa gara a chi uccide più gente, un mondo dominato dall’odio. Soccorrere una vita è un dono infinito che cambia la vita». In tal senso, ha aggiunto, «il tema della povertà può sembrare scontato. Tutti infatti vogliono aiutare i poveri, anche chi li uccide, ma in realtà in mare noi incontriamo due povertà, la nostra e la loro». In un mondo diventato assuefatto al dramma «siamo poveri di spirito perché consideriamo normale l’orrore». Due sono appunto le povertà, ha aggiunto: «una materiale, economica che costringe i poveri a lasciare la loro unica ricchezza costituita dalla loro terra; e poi quella spirituale: non piangiamo più per un bambino che muore. Queste due povertà però si aiutano reciprocamente e fanno spazio all’amore nel mondo dell’odio. Io ho incontrato così Gesù e Dio. È una sfida radicale, non rituale».

Nelle domande poste successivamente dai giornalisti, rispondendo sui dibattiti nei circoli minori, Lacroix ha affermato che «l’oggetto di questo Sinodo non è di trattare questioni dottrinali, ma vedere quali sono i nostri atteggiamenti, il nostro modo di discernere per imparare a camminare insieme. E quando poi torniamo a casa possiamo affrontare tutte queste questioni. Non si tratta di affrontare temi in particolare», in quanto «vogliamo imparare a camminare ascoltare discernere insieme. E il Papa ha pensato bene di far durare questo Sinodo dal 2021 al 2024». Ciò «che è importante è che queste idee siano l’oggetto del discernimento comune. Anche se si parla di realtà molto concrete, non bisogna aspettare cambiamenti dottrinali. Certo ci saranno dei suggerimenti che saranno proposti al Santo Padre» ha concluso.

A una seconda domanda Ruffini ha risposto: «quella che sto vivendo io non è un’esperienza polarizzata, ma di condivisione di quello che ognuno sente di dire, nel riflettere per esempio sul tema gay e lgbtq. Sono stati sottolineati per un verso la necessità di incontrare e capire le persone (come per fare una pastorale); e, dall’altra parte, l’importanza di rimanere nell’insegnamento nella Chiesa». In proposito ha citato il cardinale Grech: «non abbiate timore se ci sono tensioni, è normale nelle famiglie, figuriamoci in un’assemblea di 365 persone»; ma, ha rimarcato il prefetto, «al momento non c’è stato alcun elemento di polarizzazione, mentre invece ci sono state una diversa sensibilità con esperienze diverse: da un lato come facciamo parlare con tutti e essere accoglienti, e dall’altro come rimanere fedeli alla verità».

Il cardinale Lacroix, da parte sua, ha riferito di trovare «meraviglioso questo metodo sinodale» in cui «non ci sono risposte precostituite», ma è possibile «esprimere quello che si ha dentro e poi ascoltare gli altri, e sulla base di questo cambiare un po’ idea, avendo l’umiltà di non pensare di essere gli unici ad avere la verità. Questo vedo nei gruppi: convergenze, troviamo un cammino che permette di andare avanti. Ci vuole tempo per abituarsi a pensare così, perché siamo attaccati alle nostre idee; non è sbagliato averne, ma è bene confrontare i propri atteggiamenti con la parola e con la realtà che vivono altri». Quindi, ha chiosato il porporato canadese, «tutte queste diversità per me sono benvenute. E apprezzo il fatto che ognuno può esprimersi liberamente, perché sa di essere ascoltato: questo è il grande cambiamento».

A una domanda legata alla sua esperienza di militanza nei movimenti popolari e ai risvolti giuridici di alcune azioni compiute in passato, Casarini ha anzitutto fatto presente che nel Vangelo Gesù accoglie i peccatori, va in cerca di loro, offrendo poi chiarimenti sui due episodi a cui faceva riferimento la domanda — i fatti del g8 di Genova, nel 2001, e l’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina avviata nel 2021 — e affermando: «Per me nessun essere umano è clandestino».

Casarini ha anche detto di stare imparando a trasformare il rancore in pietà: «Lo faccio per me, è finito il tempo dell’odio. Ora cerco di mettermi nei panni dell’altro. I padri sinodali mi hanno insegnato che lo Spirito santo agisce in tanti modi, anche il fatto che sono al Sinodo è uno di questi. Tre giorni di ritiro mi hanno aiutato perché il silenzio non è spazio vuoto ma si riempie di ispirazione, predisposizione e riflessione. È uno strumento per discernere meglio, un percorso».

Una domanda ha riguardato gli abusi dei missionari e l’attività di evangelizzazione. Wrakia ha auspicato nuove modalità di annuncio per l’Oceania, mentre Lacroix ha ricordato l’esperienza bivalente del Canada: da una parte le pagine gloriose dell’attività di alcuni in difesa delle popolazioni indigene, dall’altra quelle meno gloriose del sistema delle scuole residenziale, per le quali Papa Francesco ha compiuto un pellegrinaggio di riconciliazione in terra canadese lo scorso anno.

Nell’ultima domanda riguardante le persone omosessuali, divorziate e lgqbt, il porporato ha affermato di essere «felice di vedere che questa esperienza sinodale la viviamo con una migliore rappresentanza del popolo di Dio, di persone che veramente partecipano e hanno diritto di voto». Per poi aggiungere che «tra i padri e le madri sinodali non è l’identità sessuale o linguistica che ci distingue. Siamo battezzati e figlio di Dio e insieme riflettiamo quello che siamo, senza etichette. Le persone sono fratelli sorelle e fanno parte di questo corpo che formiamo insieme. Penso che è una ricchezza, di vivere la Chiesa. Dobbiamo imparare a viverla così. Creare dei gruppi polarizza. Mentre intorno a un tavolo in cui c’è scambio, preghiera siamo tutti sotto la luce di Dio. Nessuno sarà escluso perché pensa questo o quello. Abbiamo diritto di parola, di voto, di ascoltare gli altri».