La sofferenza dei cristiani davanti a tanto odio
Padre Ibrahim Faltas, francescano e vicario della Custodia di Terra Santa, è un punto di riferimento e di sostegno sociale e caritatevole per le comunità cristiane di Gerusalemme e di Bethehem. Ieri ha lanciato dalle pagine del nostro giornale, e da molti altri media, un appello alla comunità internazionale. Lo abbiamo raggiunto al convento di San Salvatore a Gerusalemme per spiegarci il senso di questo appello.
Padre Ibrahim qual è la condizione dei cristiani in questo momento?
Stiamo soffrendo molto davanti a tanto odio, distruzione, e morte. I cristiani hanno molta paura, sono chiusi in casa. I lavoratori, e gli insegnanti delle nostre scuole, che vivono a Bethlehem non possono venire a lavorare a Gerusalemme perché i check point sono chiusi. Hanno paura anche di camminare per strada, di essere presi di mira ed aggrediti semplicemente perché arabi. Sabato 7 ottobre è iniziata una guerra inimmaginabile: siamo tutti confusi e spaventati. Non sappiamo quello che potrà succederci domani. Anche noi cristiani siamo dentro un cunicolo buio. Da questo buio intravediamo un filo di luce che è la nostra irrinunciabile speranza in Colui che qui è risorto. Una speranza che sosteniamo con la preghiera.
Padre Faltas può darci intanto un aggiornamento della situazione del conflitto in atto vista da Gerusalemme?
La situazione appare sempre più grave di ora in ora. È stato annunciato un assedio totale della Striscia di Gaza: niente acqua, corrente elettrica e combustibili. E anche niente viveri importati: sarà terribile per la popolazione. Ugualmente sarà difficile o impossibile raggiungere con provviste, acqua e medicinali, anche altre zone della Cisgiordania.
Lei ieri ha emesso un suo appello personale affinché la comunità internazionale intervenga celermente per bloccare queste inaudite violenze, ed ha lamentato una certa inerzia negli ultimi tempi delle diplomazie occidentali.
Sì ho lanciato questo messaggio a tutto il mondo. Ma non è il primo che faccio. Ho più volte invitato la comunità internazionale e le diplomazie ad intervenire nelle guerre precedenti, nei grandi scontri che ad intervalli regolari inquinano questa terra. Ma non abbiamo visto nessun intervento. Nessuna vera iniziativa per mettere d’accordo le due parti. Sono trascorsi decenni senza alcun impegno a creare un tavolo di dialogo.
Ma secondo lei in che modo dovrebbe realizzarsi questo intervento delle diplomazie internazionali?
Credo che la prima cosa da fare è avere qui la presenza di una delegazione internazionale che realizzi una forma di dialogo permanente. Non ci servono altre armi, ci serve piuttosto una reale coscienza della possibilità della pace in questa terra. Ci serve che la comunità internazionale si faccia osservatore permanente dei problemi e delle controversie che affliggono questi due popoli. Che trovino finalmente una soluzione definitiva allo status di Gerusalemme. (roberto cetera)