Fondamentale stabilire
Pubblichiamo il discorso di apertura al convegno “I nuovi documenti del Pontificato di Pio xii e il loro significato per le relazioni ebraico-cristiane: un dialogo tra storici e teologi”, iniziato lunedì 9 alla Pontificia Università Gregoriana e che si concluderà l’11 ottobre.
Padre rettore, caro rabbino Riccardo Di Segni, eccellenze, membri del corpo diplomatico, professori, studenti, distinti ospiti, signore e signori, non avrei mai pensato di iniziare oggi il mio discorso con il doveroso triste compito di condividere e trasmettere il dolore espresso ieri dal Santo Padre per quanto sta accadendo in Israele.
Due giorni fa, nel giorno di shabbat, nella festa della Simchat Torah — la Gioia della Torah — in Israele molti fratelli e sorelle israeliani sono stati svegliati da un terribile e spregevole attacco. Siamo vicini alle famiglie delle vittime (a quanto pare più di 600, ma purtroppo il numero sta crescendo di ora in ora), alle migliaia di feriti, a quanti risultano dispersi e che molto probabilmente sono stati rapiti e ora si trovano in grave pericolo.
La Santa Sede sta seguendo con profonda e grande preoccupazione la guerra che è stata provocata, nella quale, a Gaza, pure molti palestinesi (finora più di 250) stanno perdendo la vita, mentre altri sono profughi e feriti. La nostra vicinanza e le nostre preghiere vanno anche alle loro famiglie e ai civili completamente innocenti. La guerra è sempre una sconfitta della dignità e un’occasione per non giungere ad alcuna soluzione.
Purtroppo, violenza, terrorismo, barbarie ed estremismo minano le legittime aspirazioni di palestinesi e israeliani.
Mi auguro che le armi vengano fatte tacere e che la ragione prevalga e venga utilizzata per fermarsi a riflettere sulla giusta via per ottenere la pace in Israele e in Palestina!
Ora, tornando a questo convegno dedicato a “I nuovi documenti del Pontificato di Pio xii e il loro significato per le relazioni ebraico-cristiane: un dialogo tra storici e teologi”, sono lieto di aver ricevuto il vostro gentile invito a prendervi parte.
Nel 2020 Papa Francesco ha deciso di rendere gli archivi del pontificato di Pio xii accessibili alla consultazione per studiosi e ricercatori. Da allora sono stati pubblicati numerosi studi che riesaminano, attraverso lenti differenti, alcuni degli stereotipi. A partire da Leone xiii , i pontefici hanno considerato i loro archivi una parte preziosa dell’eredità cristiana-cattolica e una testimonianza privilegiata del cammino dell’intera umanità attraverso i secoli. Stabilire la verità storica mediante la ricerca storico-critica è fondamentale (cfr. Commissione Teologica Internazionale, Memoria e riconciliazione: La Chiesa e le colpe del passato, n. 5.3). Per questa ragione, la Santa Sede non manca di avvisare il pubblico quando interpretazioni storiche personali differiscono dai risultati dei canoni della ricerca scientifica (scienze archivistiche, paleografiche, diplomatiche e storiche). Inoltre, mantenere l’accuratezza storica sine glossa è anche un mezzo per difendere la verità e la dignità riguardo a tutte le parti coinvolte.
Purtroppo, esistono ancora casi di disonestà scientifica, che diventano “manipolazione della storia” quando documenti vengono negligentemente o deliberatamente nascosti. Un caso interessante è costituito dalle risposte ufficiali del cardinale Segretario di Stato Gasparri all’American Jewish Committee di New York nel 1916 e agli ebrei aschenaziti nel 1919. Quei documenti, scoperti solo di recente, affermano come i cattolici dovevano vedere gli ebrei: «gli ebrei sono nostri fratelli» e «il popolo ebraico deve essere considerato fratello come qualsiasi altro popolo del mondo».
È bene notare che il futuro Papa Pio xii , monsignor Eugenio Pacelli, che all’epoca era il Segretario della Sacra Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, contribuì personalmente alla genesi e alla stesura di quei testi. Pertanto, disegnano un ritratto molto diverso del futuro Papa Pacelli rispetto a quanto è “generalmente noto”. Il fatto che il documento del 1916 sia stato definito “un’enciclica” dal commentatore americano nell’ «American Hebrew and Jewish Messenger» suggerisce che ha costituito una pietra miliare importante nelle relazioni tra cattolici ed ebrei. Di fatto, gli ebrei, tra cui alcuni pochi rabbini, erano talmente convinti dell’atteggiamento amichevole di Pio xii nei loro confronti da rivolgersi direttamente alla Santa Sede per chiedere aiuto prima e durante la seconda guerra mondiale. Il presidente d’Israele Herzog lo ha recentemente ricordato in un’intervista con «L’Osservatore Romano», parlando di suo nonno, il rabbino Isaac Herzog, e i suoi cordiali rapporti con Pio xii e i suoi collaboratori durante la seconda guerra mondiale.
Vorrei portare l’attenzione su questi documenti smarriti del 1916 e del 1919, così come anche sulla cordiale amicizia di Eugenio Pacelli con diversi importanti personaggi ebrei di tutto il mondo, per sottolineare che la Santa Sede aveva preso posizione a favore degli ebrei già durante la prima guerra mondiale. Inoltre, dall’inizio alla fine delle seconda guerra mondiale, un numero considerevole di cattolici, per convinzione religiosa, ma anche per obbedienza al Papa, ha difeso gli ebrei con ogni mezzo di cui disponeva, anche partecipando alla resistenza attiva contro il nazismo e il fascismo. Recenti scoperte negli archivi vaticani e anche in altri archivi hanno reso più facile per noi comprendere come i registri storici siano stati manipolati nell’era post-bellica, il che ha portato a far sì che i cattolici fossero menzionati poco o per niente nei movimenti di resistenza.
Grazie alla recente apertura degli archivi, è diventato più evidente che Papa Pio xii ha seguito sia il cammino della diplomazia sia quello della resistenza clandestina. Quella scelta strategica non è stata un’inerzia apatica, ma estremamente rischiosa per tutte le persone coinvolte.
Infine, vorrei evidenziare che non “solo” il numero di documenti del pontificato di Pio xii è significativamente più alto rispetto a quello dei fondi d’archivio dei suoi predecessori, ma i documenti sono anche tematicamente più ricchi, il che aiuta a spiegare la varietà dell’impegno vaticano su fronti spesso completamente nuovi. Ci vorrà più di una generazione di storici per costruire una coerenza attraverso la molteplicità delle fonti d’archivio su Papa Pacelli. Pertanto, le riflessioni e i giudizi matureranno con il tempo, il che consentirà loro di andare oltre il mondo ristretto delle interpretazioni soggettive decontestualizzate che sono prive del sostegno di fonti e fondamenta storiche. In altre parole, agli storici si prospettano anni di lavoro, e si spera che riescano a continuare a gettare luce sui periodi più controversi e delicati, conosciuti come “il secolo di Pio xii ”.
Vorrei concludere le mie osservazioni con l’auspicio che questo convegno internazionale, e gli incontri e i dibattiti che si terranno nei prossimi giorni tra i partecipanti, possano contribuire a ripercorrere le tracce della storia in un modo che le renda per tutti noi promemoria, incoraggiamento e ispirazione.
di Pietro Parolin