La xvi Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi
Le differenze
Pubblichiamo la relazione tenuta dal cardinale Mario Grech, segretario generale della Segreteria generale del Sinodo.
Ecco com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!
È come olio prezioso versato
sul capo
che scende sulla barba, la barba
di Aronne,
che scende sull’orlo della sua veste. […]
Perché là il Signore manda la benedizione,
la vita per sempre. (Sal 133, 1-3)
Come le tribù di Israele che salgono al monte Sion (cfr. Sal 121), noi siamo arrivati da tutte le Chiese sparse nel mondo, per lodare il nome del Signore. Dopo la prima fase del Sinodo, celebriamo questa Assemblea generale per offrire il nostro contributo affinché tutti nella Chiesa diventiamo «discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano» (eg, 24). Qualche settimana fa, mia madre mi ha chiesto perché “perdo” tanto tempo negli uffici della Segreteria se questo non mi aiuta a predicare il Vangelo! Aveva ragione! E non voglio dimenticare questa sua domanda neppure ora che siamo chiamati a sostare dinamicamente in preghiera e ascolto per un mese intero.
Oggi la Chiesa si trova ad un bivio e la sfida urgente strettamente parlando non è di natura teologica o ecclesiologica, ma come in questo momento della storia la Chiesa possa diventare segno e strumento dell’amore di Dio per ogni uomo e donna. Santa Caterina da Siena nel suo Dialogo, dove esprime anche il suo desiderio per la “reformazione” della Chiesa, riporta queste parole che ha ricevuto dal Signore: «voglio essere servito da voi con cose infinite e infinito altro non avete se non l’affetto» (xcii). L’amore di Dio è il farmaco che può guarire l’umanità ferita di oggi e in quanto Chiesa la nostra missione è di essere segno di questo amore.
Conclusa la prima fase, possiamo dire che lungo il cammino è cresciuto il nostro vigore (cfr. Sal 84, 8) non solo perché abbiamo incontrato un popolo fedele, popolo santo di Dio che veramente ama Gesù e la sua Chiesa, ma anche perché è emerso che tante persone, anche tra quelle «battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo» (Benedetto xvi, Omelia, 28 ottobre 2012), sono in ricerca del senso della vita e della gioia, e implorano la Chiesa perché mostri loro il volto bello e misericordioso di Gesù. È cresciuto il nostro vigore anche perché in questo percorso sinodale, nonostante non sia stato sempre tutto facile e non siano mancate difficoltà e incomprensioni, siamo stati educati all’esperienza sinodale del «camminare insieme».
In questi due anni ho incontrato Pastori e comunità ecclesiali che all’inizio erano diffidenti ma dopo aver fatto questa esperienza ed aver riscontrato la presenza di Gesù tra i fratelli e le sorelle che si vogliono bene (cfr. Mt 18, 20), oggi lodano il Signore per questo dono della sinodalità. Ho riscontrato questo anche in ambienti remotissimi, come tra la popolazione K’iche’.
Tutta la Chiesa e tutti nella Chiesa hanno avuto l’opportunità di partecipare al processo sinodale, ciascuno «secondo la misura del dono di Cristo» (Ef 4, 7). Oggi possiamo attestare quanto sia vera la visione di Chiesa che Papa Francesco ha proposto nel discorso in occasione del 50° anniversario del Sinodo dei Vescovi: «Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto...» (Francesco, Discorso nel 50° del Sinodo, 17 ottobre 2015).
Abbiamo un corpo di testi che scandiscono le tappe del processo sinodale finora compiuto e rendono manifesta la crescita, di tappa in tappa in uno stile e di una forma sinodali di Chiesa. Se i documenti pubblicati rimandano ai momenti nei quali il Popolo di Dio e i suoi Pastori hanno vissuto un’esperienza intensa di sinodalità, a maggior ragione questa Assemblea è chiamata oggi a essere per la Chiesa segno forte di sinodalità, in ascolto della Parola di Dio, alla luce della Tradizione, per capire la volontà di Dio per l’oggi. Per il fatto di essere celebrata a Roma, presso «la cattedra di Pietro, la quale presiede alla comunione universale di carità» ( lg 13), la nostra Assemblea è come la città posta sul monte, la lampada posta sul candelabro perché faccia luce a quelli che sono nella casa (cfr. Mt 5, 14-15).
Qui più che altrove deve rendersi evidente quanto afferma Giovanni Crisostomo: «Chiesa e Sinodo sono sinonimi» (Esplicatio in Ps. 149, pg 55, 493). Anche se questa Assemblea non può essere considerata una ripresentazione piena della Chiesa perché non riunisce in Sinodo tutto il Collegio dei Vescovi, è però una manifestazione evidente della communio ecclesiale che assume, come dice Praedicate Evangelium, «il volto della sinodalità» ( pe 4).
Qui appare l’unità dell’episcopato intorno al Vescovo di Roma, «perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi che della moltitudine dei fedeli» ( lg 23). San Paolo vi ha istituito il Sinodo dei Vescovi come organismo in grado di realizzare la partecipazione dell’episcopato cattolico alla sollecitudine per tutta la Chiesa. Proprio alla seconda fase, quella che Episcopalis communio qualifica come «celebrativa» ( ec , art. 4), spetta una funzione più diretta di consiglio, nella quale, «i Vescovi agiscono come autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa, che devono saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell’opinione pubblica» (Francesco, Discorso nel 50° del Sinodo, 17 ottobre 2015).
Qui appare la Chiesa come communio Ecclesiarum. Anche se non sono presenti tutti i vescovi, che sono «visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese» ( lg 23), il fatto che la gran parte dei Pastori sia nominata dalle Conferenze episcopali mostra il vincolo strettissimo di questa Assemblea con le Chiese particolari e i loro raggruppamenti. Tale vincolo conferma che il processo sinodale si fonda sul principio della «mutua interiorità» tra Chiesa universale e Chiese particolari. In questa logica di circolarità continua, il discernimento richiesto a questa Assemblea non è un atto isolato dal processo sinodale, ma strettamente legato alla consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari e ai successivi momenti di discernimento nelle Conferenze episcopali, nelle Strutture gerarchiche delle Chiese orientali cattoliche sui iuris e nelle Assemblee continentali. Già nel 1973 Yves Congar scrisse che la teologia e il diritto canonico “d’ora in poi bisognerà coltivarle di più dal punto di vista del popolo di Dio ed eventualmente dall’episcopato e dalle Chiese locali” (Infallibilità e indefettibilità, in: Ministeri e comunione ecclesiale, Bologna 1973, p. 157). Per comprendere questa logica di circolarità, basta ricordare che l’Instrumentum laboris sul quale ci confronteremo è frutto di questo «dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa» (Francesco, Discorso nel 50° del Sinodo, 17 ottobre 2015); in questo dinamismo si è reso evidente come la Chiesa una e unica esiste nelle e a partire dalle Chiese particolari (cfr. lg 23). La seconda fase del Sinodo, che si apre con questa Assemblea, è chiamata a mostrare la Chiesa come una e unica, la Ecclesia tota, nella quale la ricchezza e varietà di doni, carismi, ministeri, vocazioni si traduce in ascolto reciproco, in dono dato e ricevuto, fino a poter sperimentare anche oggi «un cuore solo e un’anima sola» (At 4, 32).
Qui appare anche l’unità del Popolo di Dio con i suoi Pastori. Per la prima volta, infatti, sono presenti sorelle e fratelli non insigniti del munus episcopale: laiche e laici, religiose e religiosi, diaconi e presbiteri che non sono più “eccezioni alla norma”, ma membri a pieno titolo dell’Assemblea. Essi sono qui non perché rappresentino il Popolo di Dio: benché il numero 70 evochi per l’uomo biblico la totalità dei popoli, nessuna delegazione potrebbe mai rappresentare in modo adeguato la totalità del Popolo di Dio, soggetto del sensus fidei. Ma queste sorelle e questi fratelli ci ricordano con la loro stessa presenza l’unità del processo sinodale: per questo la loro partecipazione è piena, quali membri effettivi dell’Assemblea.
Se vivremo tutto questo, l’Assemblea sarà per la Chiesa tutta una immagine esemplare della «plebs adunata de unitate Patris et Filii et Spiritus Sancti» ( lg 4; «un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo»), segno di unità che indica ai credenti di tornare ad essere quella comunità descritta negli Atti degli Apostoli che, memore dell’evento Pasquale, instancabilmente e insieme semina il Vangelo.
In analogia a quanto dice il concilio della Chiesa come sacramento (cfr. lg 1), anche questa Assemblea è chiamata in certo qual modo ad essere segno e strumento. Nella sua fisionomia sinodale, l’Assemblea può essere segno visibile di communio, principio che regola la vita ecclesiale a tutti i livelli — communio fidelium, communio Ecclesiarum, communio hierarchica. Per contro, come ci ricorda il Santo Padre, «quando si formano schieramenti [...], quando ci si irrigidisce su posizioni escludenti, quando ci si chiude nei propri particolarismi, magari ritenendosi i migliori [...] allora si sceglie la parte, non il tutto» (Francesco, Omelia, 4 giugno 2017). Chiediamo allo Spirito che le differenze di vocazioni, ministeri e stati di vita, la ricchezza di doni e carismi, la diversità armonica, siano al servizio dell’unità dell’Assemblea. In questo modo l’Assemblea sarà segno. E sarà anche strumento più capace del servizio che è chiamata a rendere alla Chiesa e al mondo.
Nessuno di quanti siamo qui oggi — Membri, Delegati Fraterni, Invitati Speciali, Esperti e Facilitatori, Staff della Segreteria — è presente a titolo personale. Cum et sub Petro, siamo qui per continuare l’ascolto intorno all’interrogativo di fondo che ha sostenuto tutto il processo sinodale: «...quali passi lo Spirito ci invita a compiere come Chiesa sinodale?» ( dp 2). Spetta a questa Assemblea interrogarsi — a livello universale — sul “camminare insieme” della Chiesa, nella certezza che «il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio» (Francesco, Discorso nel 50° del Sinodo, 17 ottobre 2015).
Perciò, buon cammino e buon ascolto!
I lavori dell'assemblea
Alla presenza del Papa, si è aperta ieri pomeriggio, mercoledì 4 ottobre, nell’Aula Paolo vi, la prima congregazione generale della xvi Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al tema «Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione». Dopo il canto del Veni, Creator Spiritus e il momento iniziale di preghiera, ha preso la parola il presidente delegato di turno, Sua Beatitudine Ibrahim Isaac Sedrak, patriarca di Alessandria dei Copti e capo del Sinodo della Chiesa Copta Cattolica (Egitto). Quindi Francesco ha pronunciato il suo discorso, seguito dalle relazioni del cardinale Mario Grech, segretario generale della Segreteria generale del Sinodo, e del cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Luxembourg, relatore generale.
Dopo una breve pausa, i lavori sono ripresi con il primo modulo della presentazione dell’Instrumentum laboris, sezione a, intitolata «Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale». Quindi i padri hanno ascoltato una meditazione di suor Maria Ignazia Angelini, al termine della quale hanno presentato la loro testimonianza il cardinale polacco Grzegorz Ryś, arcivescovo di Łódź — che ha ricevuto la porpora nel Concistoro dello scorso 30 settembre — e il laico Matthew Thomas, proveniente dagli Emirati Arabi Uniti. Successivamente il cardinale Grech ha dato alcuni avvisi, annunciando che il Papa ha approvato il Regolamento e ha costituito la Commissione per le controversie. La congregazione si è conclusa con il canto Sub tuum praesidium.
Questa mattina, dopo la messa celebrata nella basilica Vaticana dal cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, i padri sinodali si sono riuniti nei Circoli minori per la “conversazione nello Spirito” che continua anche nel pomeriggio.
Iniziative di preghiera nella basilica Vaticana
La basilica di San Pietro accompagnerà l’assemblea sinodale con quotidiane iniziative spirituali. I pellegrini potranno unirsi alla preghiera per il Sinodo partecipando alle messe e all’adorazione eucaristica serale, da vivere nella Cappella del Santissimo Sacramento nei giorni feriali, alle 19, al termine delle sessioni assembleari. Si intende così offrire ai partecipanti al Sinodo e ai fedeli la possibilità di raccogliersi quotidianamente insieme in adorazione al termine dei lavori. In questa speciale occasione l’orario di chiusura della basilica è spostato alle 20.
Nei sabati sera di ottobre, mese specialmente dedicato al Rosario, si reciterà la preghiera mariana per il Sinodo alle 21 in piazza San Pietro. I partecipanti all’assise sono invitati a prendervi parte. Il primo appuntamento di preghiera, sabato 7 ottobre, memoria della Beata Vergine Maria del Rosario, sarà presieduto dal cardinale Mario Grech, segretario generale della Segreteria Generale del Sinodo.
Negli orari di apertura della basilica, due punti informativi posti all’ingresso della Cappella del Santissimo Sacramento e presso la Cappella di San Giuseppe riporteranno le indicazioni per scaricare e leggere online i testi per la preghiera personale nelle diverse lingue del sito della basilica di San Pietro (www.basilicasanpietro.va).