L’impegno di suor Michaela per la comunità Kmhmu’ negli Stati Uniti

Missionaria per la vita

 Missionaria per la vita  QUO-221
26 settembre 2023

Suor Michaela O’Connor riesce a far sì che le storie della Bibbia rimangano vive nei cuori della comunità degli Kmhmu’ di Richmond, in California. Lei è la loro insegnante preferita, la loro amica, la loro confidente. Molti degli anziani della comunità non sanno leggere e per questo spesso si rivolgono a suor Michaela, chiedendole di «raccontare una storia della Bibbia».

Suor Michaela ha conosciuto gli Kmhmu’ nei primi anni del 1990, quando lavorava per la diocesi di Oakland. Nonostante la diocesi disponesse di un ufficio per i popoli etnici, in quella struttura i Kmhmu’ si sentivano spaesati: infatti, erano un gruppo molto piccolo che parla una lingua che non è comune ad alcun altro gruppo etnico. Si rivolsero allora alla diocesi perché avevano una grande preoccupazione: come trasmettere la fede ai loro figli.

Fin dal primo incontro suor Michaela si è sentita attratta da loro. «Sono persone gentili, affettuose, con radicati valori familiari e comunitari e sono molto accoglienti. Avrei voluto tanto aiutarli, ma l’ufficio per l’educazione religiosa era in fase di ristrutturazione e non sapevo cosa poter promettere». E così la religiosa inizia a incontrare le donne Kmhmu’ una sera alla settimana, come volontaria, e da allora è sempre rimasta con loro.

I Kmhmu’ vengono dalle colline del Laos, dove sono stati ignorati per anni dalle autorità locali. Missionari francesi e italiani li hanno introdotti al cristianesimo nella metà del xix secolo. I Kmhmu’ hanno anche cercato di “inventare” una forma scritta per la loro lingua, ma alla fine non è mai stata realmente adottata. L’unico modo di ricevere un’istruzione era quello di abbandonare le loro case nelle colline, anche se le lezioni si tenevano in lingua “lao”, che loro non conoscevano. Per questo sono molto pochi i Kmhmu’ che hanno imparato a leggere.

Quando a metà degli anni ’70 del secolo scorso i comunisti conquistarono il Laos, i Kmhmu’ furono perseguitati a causa della loro religione. Quelli che vi riuscirono, fuggirono in altri Paesi e così, nei primi anni ’80, un piccolo numero di profughi Kmhmu’ si stabilì a Richmond, in California, per costruire una nuova vita per le loro famiglie. Quando arrivarono, non conoscevano nulla o molto poco dello stile di vita americano, e la maggior parte di loro non conosceva una parola d’inglese. Naturalmente, si sono rivolti alla Chiesa cattolica in cerca di aiuto ed è così che suor Michaela è entrata nella loro vita. Alla fine, la religiosa divenne la loro “suora parrocchiale” a tempo pieno. All’inizio, la diocesi sostenne il suo lavoro. Quando finirono le risorse economiche, la sua comunità — le suore della Santa Famiglia — continuarono per decenni a sostenere suor Michaela nella sua opera missionaria presso i Kmhmu’. Fedele allo spirito missionario, suor Michaela rispondeva a ogni necessità della sua gente: spirituale, fisica, emotiva. Fece ogni cosa possibile per migliorare la loro condizione di vita.

«Ho svolto ogni tipo di lavoro sociale che non avevo mai imparato a fare — ha affermato la suora — compreso il lavoro con gli immigrati, anche con i buoni-pasto e con altri programmi governativi, e sono riuscita anche a ottenere borse di studio per i ragazzi. Ho riempito moduli di ogni tipo: considerando che i Kmhmu’ non hanno una lingua scritta, compilare moduli non è naturale per loro». I membri della comunità Kmhmu’ hanno sempre cercato il sostegno di suor Michaela nello sforzo di integrarsi nella vita degli Stati Uniti. La suora ha riso con loro, pianto con loro e alimentato il loro amore per Cristo. Per quanto possano amare il loro nuovo Paese, hanno comunque mantenuto viva la loro cultura tradizionale e le loro consuetudini.

Recentemente, la comunità Kmhmu è stata invitata da monsignor Michael Charles Barber, vescovo di Oakland, a spostarsi dalla grande parrocchia della quale avevano fatto parte per decenni in una più piccola, quella di san Davide del Galles, e loro si sono trovati benissimo. Sono stati accolti cordialmente nella nuova parrocchia e hanno fatto tante conoscenze nuove pur rimanendo un gruppo a sé stante, con il proprio consiglio pastorale e la messa celebrata nella loro lingua.

Ora ci sono le nuove generazioni di Kmhmu’, quelle nate e cresciute negli Stati Uniti che quindi non hanno più bisogno di aiuto per l’inserimento culturale. Eppure, sono sempre desiderosi di avere suor Michaela al loro fianco il più spesso possibile. Dal 2021 ormai il ministero di suor Michaela rientra nel team dirigenziale delle suore della Santa Famiglia. Anche se non è più il suo ministero, occuparsi di loro, è rimasta legata agli Kmhmu’ e passa molto tempo con loro, da “volontaria”. Quasi ogni sabato affronta il lungo viaggio in macchina per celebrare con loro la messa e poi vivere momenti in comunità. Prendersi cura delle famiglie, sia dal punto di vista spirituale sia da quello pratico, è il carisma che le suore della Santa famiglia incorporano dal 1872. L’arcivescovo di San Francisco, monsignor Joseph Sadoc Alemany, disse alla loro fondatrice, suor Dolores Armer: «Ci sono cuori da guarire e anime da salvare nelle strade trafficate della nostra città: questo è il lavoro che Dio vi chiede di fare». E, come centinaia di sue consorelle prima di lei, suor Michaela porta l’amore di Gesù Cristo alle persone nei luoghi dove loro si trovano. Lei lo ha fatto in un angolino di Richmond, dove lei e i Kmhmu’ hanno costruito un legame d’amore e di fiducia che durerà per tutta la vita.

di Charlotte Hall


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