Due interventi dell’arcivescovo Gallagher alle Nazioni Unite

Costruire un futuro
di speranza per tutti

 Costruire un futuro di speranza per tutti  QUO-218
22 settembre 2023

New York , 22. «Il futuro ha un nome e il suo nome è speranza». Partendo dalle parole pronunciate da Papa Francesco al Ted di Vancouver nel 2017, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, è intervenuto ieri al “Vertice del futuro” organizzato dalle Nazioni Unite a New York. Aggiungendo che dalle radici della speranza, insita in ogni cuore umano, «nasce la promessa di un futuro più luminoso per l’intera famiglia umana, perché — come ha scritto Papa Benedetto xvi nell’Enciclica Spe salvi — «ogni condotta umana seria e retta è speranza in azione».

Pertanto, ha proseguito l’arcivescovo, nella valutazione sui progressi compiuti nel percorso del multilateralismo e dei diritti umani, entrambi alla base della nascita dell’Onu, lo «sforzo collettivo non dovrebbe annegare nei luoghi comuni, ma piuttosto portare a un accordo su strategie efficaci per garantire il benessere collettivo, la sicurezza e la prosperità delle nostre nazioni e dei nostri popoli. Nello spirito di un vero multilateralismo, ciò richiede la ricerca del consenso», per evitare la concentrazione del potere nelle mani di pochi e imposizioni culturali a scapito dei più deboli. E la comunità internazionale ha il compito di moltiplicare gli «sforzi nella lotta alla povertà e nella promozione della prosperità, ispirati dalla speranza di un mondo più giusto», ha spiegato ancora. Perchè, come ha scritto Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti, «noi [...] siamo chiamati a unirci come una famiglia che è più forte della somma dei piccoli membri individuali». Solo così «possiamo scegliere di abbracciare la speranza».

Un aspetto che riguarda tutti, e su cui è ancora necessario lavorare, ha detto poi l’arcivescovo Gallagher nel suo discorso alla “Riunione di alto livello sulla copertura sanitaria universale, svoltasi sempre a New York, è la salute. «Essa rimane fuori portata per troppi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo». Infatti, ha proseguito, «gli effetti della povertà, come fame e malnutrizione, alloggi inadeguati e condizioni di lavoro non sicure, aumentano la vulnerabilità alle malattie e rendono più difficile per i poveri ottenere le cure necessarie. Inoltre, è profondamente preoccupante che i costi dell’assistenza sanitaria abbiano fatto sì che mezzo miliardo di persone si trovassero o si trovino ancora in condizioni di estrema povertà».

Nel ricordare che spesso «le organizzazioni basate sulla fede sono gli unici fornitori di assistenza sanitaria», l’arcivescovo ha sottolineato «l’inalienabile dignità della persona», che deve essere al centro degli sforzi verso una copertura sanitaria universale, concentrandosi sulla cura e l’accompagnamento integrale di ogni persona. Infine, ha concluso monsignor Gallagher, «non possiamo ignorare il pericolo di un approccio sempre più consumistico», che segnala «un certo disprezzo per i poveri, i malati, i non nati, i disabili e gli anziani».