Ho svolto il mestiere di giornalista già da un quarto di secolo. Oggi mi interrogo sul senso di quel che ho fatto, anche come direttore de «La Civiltà Cattolica». Al di là di tutte le riflessioni possibili, ho capito che il senso si riassume semplicemente. Sapere: il giornalista vuol sapere, ama conoscere, si informa, si aggiorna, investiga. Capire: il giornalista vuole capire, cogliere il senso, interpretare i fatti che conosce. Raccontare: il giornalista immagina sempre davanti a sé qualcuno che lo legge, lo vede o lo ascolta. Sapere, capire, raccontare. E dunque? Passione per la vita, con tutte le sue contraddizioni etiche ed estetiche. Il giornalista è uno che ama la vita, che ne sente la vibrazione e le vuole corrispondere. Ma le fake news,
le calunnie? Appunto: tutto questo ha, in definitiva, a che fare con il non amare la vita, col non riuscirne a godere, a tal punto da distorcerla. Essere giornalista è, dunque, sempre e comunque, un modo di avere una relazione amorosa con la vita.
di Antonio Spadaro