Hic sunt leones
Il traffico aereo in Africa rappresenta una delle grandi sfide che i governi locali devono affrontare guardando al futuro. Il motivo è presto detto: i prezzi dei biglietti aerei sono così salati per cui volare da un qualsiasi hub africano per una destinazione fuori dal continente può costare meno rispetto a una tratta della stessa distanza o addirittura più breve all’interno dell’Africa. Il tema sta suscitando grande interesse e ha scatenato un acceso dibattito non solo nell’areopago della politica, ma anche tra gli operatori turistici, gli investitori stranieri e nei circoli della cooperazione internazionale.
In effetti il mercato aereo africano, oltre a soffrire le conseguenze di inefficienze strutturali, non è spesso stato in grado di contrastare la concorrenza delle grandi compagnie aeree, particolarmente quelle low cost. Sebbene in questi anni alcuni aeroporti africani siano stati modernizzati, come nel caso di quelli di Addis Abeba (Etiopia) e Nairobi (Kenya), volare in Africa è comunque più costoso che in qualsiasi altra parte del mondo. Ecco che allora il pacchetto che include prezzo del biglietto, tasse e costo del visto rende una destinazione africana spesso cara, in confronto ad altri continenti.
Per comprendere meglio la questione, è interessante leggere quanto riportato in un articolo pubblicato recentemente dal sito della Bbc. Un volo diretto tra Berlino e Istanbul costa mediamente 150 euro per una durata di circa 3 ore; mentre invece la tratta tra Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, e Lagos, capitale commerciale della Nigeria, sono richiesti tra i 500 e gli 850 euro per acquistare un biglietto. Da rilevare che in linea d’aria la distanza è più o meno la stessa che intercorre tra la capitale tedesca e quella turca, con la sola differenza che il volo intra-africano Kinshasa-Lagos prevede almeno uno scalo e una durata che può raggiungere le 20 ore.
La International Air Transport Association (Iata) — l’ente commerciale globale che rappresenta circa 300 compagnie aeree che costituiscono circa l’83 per cento del traffico aereo mondiale — è convinta che occorra una maggiore sinergia tra i Paesi africani per rendere competitivo il mercato africano. Infatti, secondo la Iata basterebbe che i dodici Paesi chiave del continente collaborassero tra loro per migliorare la connettività rendendo fruibili i loro scali passeggeri e merci, che si creerebbero 155.000 posti di lavoro, incrementando il Prodotto interno lordo (Pil) di questi Paesi di oltre 1,3 miliardi di dollari.
La posta in gioco è alta soprattutto se si considera che prima che scoppiasse la pandemia da covid-19, sempre secondo la Iata, nel 2018 il settore aereo aveva generato a livello planetario 65,5 milioni di posti di lavoro contribuendo con 2.700 miliardi di dollari all’economia mondiale, sostenendo il 3,6 per cento dell’attività economica globale.
Una crescita che, stando alle previsioni, nel 2036 potrebbe generare 97,8 milioni di posti di lavoro contribuendo con 5.700 miliardi di dollari all’economia mondiale. Nel mondo sono presenti circa 2.000 compagnie aeree che muovono circa 32.000 aerei su 130.000 rotte giornaliere potendo contare su 3.700 aeroporti. Nel giorno più trafficato dell’anno si è stimato che si è arrivati a un decollo ogni mezzo secondo.
Per quanto concerne l’Africa, un segnale positivo viene dal mercato unico africano del trasporto aereo (Saatm). Si tratta di un progetto faro dell’Agenda 2063 dell’Unione africana (Ua), un’iniziativa che mira alla creazione di un unico mercato del trasporto aereo in Africa, per promuovere la liberalizzazione dell’aviazione civile a livello continentale e fungere da impulso all’agenda di integrazione economica del continente.
Ad oggi, 34 Paesi hanno aderito al Saatm: Benin, Botswana, Burkina Faso, Capo Verde, Camerun, Repubblica Centrafricana, Congo Brazzaville, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Guinea Equatoriale, Gabon, Gambia, Ghana, Guinea (Bissau), Guinea, Kenya, Lesotho, Liberia, Mali, Marocco, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Senegal, Sierra Leone, Sud Africa, Swaziland, Ciad, Togo, Zambia e Zimbabwe. Si stima che complessivamente i Paesi membri del Saatm rappresentino oltre l’85 per cento del traffico di passeggeri intra-africano.
Dei firmatari Saatm, 17 Paesi africani hanno accettato di avviare l’attuazione del programma. Una decisione che concretamente significa accettare di aprire i propri mercati aerei senza condizioni. La decisione è stata presa lo scorso anno in occasione del 23° anniversario della «Dichiarazione di Yamoussoukro» celebrato a Dakar, in Senegal. I Paesi che hanno aderito sono Kenya, Etiopia, Rwanda, Sud Africa, Capo Verde, Costa d’Avorio, Camerun, Ghana, Marocco, Mozambico, Namibia, Nigeria, Senegal, Togo, Zambia, Niger e Gabon.
Rimane il fatto che vi sono non poche compagnie aeree locali che si oppongono a questo indirizzo ritenendo che la liberalizzazione del mercato avvantaggerà le compagnie leader africane come Ethiopian Airlines, Royal Air Maroc e Kenya Airways.
Purtroppo il cammino è ancora lungo e tutto in salita se si considera che ad oggi sono ancora poche le compagnie che effettuano collegamenti aerei intercontinentali tra il Nord America e l’Africa. Basta guardare al volume di prenotazioni: 1.815 voli nel periodo aprile-giugno 2023. Le numerose compagnie che invece operano rotte tra il mercato americano ed il Medio Oriente, vuoi anche per il fatto che alcune prevedono uno scalo tecnico in Europa, rendono il loro business molto più appetibile.
In Africa ci sono attualmente solo 14 aeroporti collegati con il Nord America: Abidjan (Costa d’Avorio), Accra (Ghana), Addis Abeba (Etiopia), Algeri, Il Cairo (Egitto), Città del Capo e Johannesburg (Sud Africa), Casablanca e Dakar (Marocco), Lagos (Nigeria), Lomé (Togo), Nairobi (Kenya), Praia (Capo Verde), Tunisi. Sono invece nove gli scali connessi con l'Africa: Montreal e Toronto (Canada), Atlanta, Boston, Chicago-O’Hare, Miami, New York-“Jfk”, Newark, Washington-Dulles (Stati Uniti). Tutto questo, almeno per ora, non rende il mercato africano per gli operatori un grande affare. La riprova sta nel fatto che i voli tra Nord America e Africa sono operati da sole 12 compagnie aeree: otto delle quali africane (Air Senegal, Egypt Air, Ethiopian Airlines, Kenya Airways, Royal Air Maroc, Air Algeria, Azores Airlines e Tunisair), due statunitensi (Delta Airlines, United Airlines) ed una canadese (Air Canada). Tutto questo con il risultato che, essendo limitato il numero delle compagnie in grado di offrire collegamenti aerei, le tariffe spesso sono alte.
Una cosa è certa: occorre trovare una via tutta africana se si vuole dare impulso al traffico aereo continentale. Emblematico è il caso della Ethiopian Airlines. Poco più di 15 anni fa la compagnia impiegava circa 4.000 persone. Ora sono più di 17.000. Ethiopian, vale la pena rammentarlo, è un’azienda statale, ma è gestita interamente come compagnia commerciale senza che vi siano interferenze governative. Come ha pertinentemente osservato Freddie del Curatolo, direttore dei portali malindikenya.net e watamukenya.net: «Dall’inizio della sua espansione commerciale, l’Ethiopian ha più che raddoppiato le dimensioni della sua flotta di aerei cargo e passeggeri e ha fatto di Addis Abeba un hub regionale, facendo affluire valuta estera nella capitale etiope e dando impulso all’industria dei servizi del Paese (…). Va da sé che se altre compagnie imitassero il successo commerciale di Ethiopian, ciò si potrebbe ripercuotere positivamente sulle tariffe aeree, portandole più in linea con l’Europa o l’Asia, e che possano finalmente arrivare dove desiderano in modo più rapido ed economico».
Se da una parte è vero che oltre al covid-19, le economie africane oggi sono penalizzate dalla crisi russo-ucraina, il mercato del trasporto aereo africano potrà essere competitivo nella misura in cui si stringeranno alleanze all’insegna, ad esempio, del code sharing, con l’intento dichiarato d’incrementare gli scambi commerciali e abbattere i costi.
di Giulio Albanese