All’Angelus l’invocazione del Papa nel ricordo dell’ottantesimo anniversario del bombardamento di Roma
Il Signore liberi
«Il Signore abbia pietà di noi e liberi la famiglia umana dal flagello della guerra». Nel ricordo dell’ottantesimo anniversario del bombardamento sul quartiere romano di San Lorenzo e delle attuali sofferenze del popolo ucraino, l’invocazione di Papa Francesco si è levata dalla finestra dello studio privato del Palazzo apostolico vaticano al termine dell’Angelus recitato ieri, 16 luglio, con i quindicimila fedeli presenti in piazza San Pietro e con quanti lo seguivano attraverso i media. Prima della preghiera mariana, commentando come di consueto il vangelo domenicale, il Pontefice si era soffermato sulla parabola del seminatore.
Cari fratelli e sorelle,
buongiorno!
Oggi il Vangelo ci presenta la parabola del seminatore (cfr. Mt 13, 1-23). Quella della “semina” è un’immagine molto bella, e Gesù la usa per descrivere il dono della sua Parola. Immaginiamo un seme: è piccolo, quasi non si vede, ma fa crescere piante che portano frutti. La Parola di Dio è così; pensiamo al Vangelo, un piccolo libro, semplice e alla portata di tutti, che produce vita nuova in chi lo accoglie. Dunque, se la Parola è il seme, noi siamo il terreno: possiamo riceverla oppure no. Però Gesù, “buon seminatore”, non si stanca di seminarla con generosità. Conosce il nostro terreno, sa che i sassi della nostra incostanza e le spine dei nostri vizi (cfr. vv. 21-22) possono soffocare la Parola, eppure spera, spera sempre che noi possiamo portare frutto abbondante (cfr. v. 8).
Così fa il Signore e così siamo chiamati a fare anche noi: a seminare senza stancarci. Ma come si può fare questo, seminare continuamente senza stancarci? Facciamo qualche esempio.
Anzitutto i genitori: essi seminano il bene e la fede nei figli, e sono chiamati a farlo senza scoraggiarsi se a volte questi sembrano non capirli e non apprezzare i loro insegnamenti, o se la mentalità del mondo “rema contro”. Il seme buono resta, questo è ciò che conta, e attecchirà a tempo opportuno. Ma se, cedendo alla sfiducia, rinunciano a seminare e lasciano i figli in balia delle mode e del cellulare, senza dedicare loro tempo, senza educarli, allora il terreno fertile si riempirà di erbacce. Genitori, non stancatevi di seminare nei figli!
Guardiamo poi ai giovani: anche loro possono seminare il Vangelo nei solchi della quotidianità. Ad esempio con la preghiera: è un piccolo seme che non si vede, ma con il quale si affida a Gesù tutto quello che si vive, e così Lui può farlo maturare. Ma penso anche al tempo da dedicare agli altri, a chi ha più bisogno: può sembrare perso, invece è tempo santo, mentre le soddisfazioni apparenti del consumismo e dell’edonismo lasciano le mani vuote. E penso allo studio: è vero, è faticoso e non subito appagante, come quando si semina, ma è essenziale per costruire un futuro migliore per tutti.
Abbiamo visto i genitori, abbiamo visto i giovani; adesso vediamo i seminatori di Vangelo, molti bravi sacerdoti, religiosi e laici impegnati nell’annuncio, che vivono e predicano la Parola di Dio spesso senza registrare successi immediati. Non dimentichiamo mai, quando annunciamo la Parola, che anche dove sembra non succeda nulla, in realtà lo Spirito Santo è all’opera e il regno di Dio sta già crescendo, attraverso e oltre i nostri sforzi. Perciò, avanti con gioia, cari fratelli e sorelle! Ricordiamo le persone che hanno posto il seme della Parola di Dio nella nostra vita — ognuno di noi pensi: “come è incominciata la mia fede? —; magari è germogliato anni dopo che abbiamo incontrato i loro esempi, ma è successo proprio grazie a loro!
Alla luce di tutto questo possiamo domandarci: io semino del bene? Mi preoccupo solo di raccogliere per me o anche di seminare per gli altri? Getto qualche seme di Vangelo nella vita di tutti i giorni: studio, lavoro, tempo libero? Mi scoraggio o, come Gesù, continuo a seminare, anche se non vedo risultati immediati? Maria, che oggi veneriamo come Beata Vergine del Monte Carmelo, ci aiuti ad essere seminatori generosi e gioiosi della Buona Notizia.
Al termine dell’Angelus, il vescovo di Roma ha salutato i pellegrini presenti e ricordato il quarantennale della Comunità Cenacolo di Saluzzo. Dopo l’appello contro la guerra, il Papa ha ringraziato le parrocchie che svolgono attività estive per bambini e ragazzi e ha concluso parlando della prossima edizione del Giffoni Film Festival, dove i protagonisti sono i più giovani.
Cari fratelli e sorelle,
saluto tutti voi, romani e pellegrini di vari Paesi.
Saluto le Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli, riunite a Roma per il loro Capitolo Generale.
Invio di cuore il mio saluto alla Comunità Cenacolo, che da 40 anni è luogo di accoglienza e promozione umana; benedico madre Elvira, il Vescovo di Saluzzo e tutte le fraternità e gli amici. È bello quello che fate ed è bello che esistiate! Grazie!
Voglio ricordare che ottant’anni fa, il 19 luglio 1943, alcuni quartieri di Roma, specialmente San Lorenzo, furono bombardati, e il Papa, il Venerabile Pio xii, volle recarsi in mezzo al popolo sconvolto. Purtroppo anche oggi queste tragedie si ripetono. Com’è possibile? Abbiamo perso la memoria? Il Signore abbia pietà di noi e liberi la famiglia umana dal flagello della guerra. In particolare preghiamo per il caro popolo ucraino, che soffre tanto.
Desidero salutare e ringraziare tutte le parrocchie che in questo periodo svolgono attività estive con i bambini e i ragazzi — anche in Vaticano ce n’è una molto apprezzata —. Grazie ai sacerdoti, alle suore, agli animatori e alle famiglie! In questo contesto rivolgo un augurio per la prossima edizione del Giffoni Film Festival, dove i protagonisti sono i ragazzi e i giovani.
A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me: io lo faccio per voi. Buon pranzo e arrivederci.