
Invocare santa Giuseppina Bakhita, la suora africana che operò per la liberazione degli schiavi e che è patrona delle vittime della tratta, perché liberi ognuno di noi dalla “schiavitù” dell’individualismo e ci spinga a fare qualcosa per gli altri. Questa, in sintesi, la preghiera del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, che giovedì mattina 29 giugno ha benedetto a Schio, in provincia di Vicenza, la scultura “Let The Oppressed Go Free” (Lasciate liberi gli oppressi). Si tratta di un’opera dedicata proprio a santa Bakhita, realizzata dall’artista canadese Timothy Schmalz, già autore del monumento “Angel Unwares” (Angeli inconsapevoli) che raffigura i migranti di oggi e di ieri e che il Papa ha voluto collocare permanentemente in Piazza San Pietro.
La statua benedetta dal cardinale ritrae Bakhita mentre apre una botola, dalla quale emergono figure che rappresentano le varie forme di tratta esistenti nel mondo. In bronzo, della misura di 6 metri di lunghezza, 1,2 di larghezza e 2,4 di altezza, “Let The Oppressed Go Free” è stata realizzata grazie al contributo economico della Rudolph P. Bratty Family Foundation, fondazione di proprietà di una famiglia di emigrati in Canada dal nord Italia, guidata oggi da Christopher Bratty.
La cerimonia di inaugurazione si è svolta a Schio, dove santa Bakhita ha vissuto e dove riposano le sue spoglie. Per due anni nel comune veneto Parolin, originario della provincia di Vicenza, ha svolto negli anni ‘80 l’incarico di vice parroco. Oggi il segretario di Stato — accolto da un applauso e dagli auguri per il suo onomastico delle circa mille persone presenti — ha voluto anzitutto congratularsi "di cuore" per l’iniziativa e per «tutti quelli che sono stati coinvolti»: dall’artista e il Comune ai benefattori. «Un grande grazie», ha affermato il porporato. Poi, guardando alla statua, ha sottolineato come la scultura spinga ad una riflessione e cioè che «le persone rappresentate non finiscono lì», all’altezza della botola, ma «continuano» anche nel sottosuolo. «Se non tutti gli uomini del mondo, almeno quelli qui presenti possono vedersi raffigurati, perché credo che tutti abbiamo una schiavitù da cui dobbiamo liberarci, e tutti dobbiamo chiedere a santa Bakhita, patrona delle vittime della tratta, di aiutarci a liberarci dalla schiavitù della chiusura in noi stessi», ha detto il cardinale.
Il riferimento è a «quell’individualismo che ci impedisce di prenderci cura degli altri, come dovremmo fare». «Papa Francesco continua a richiamare su questo punto: sull’indifferenza con cui guardiamo la realtà dei nostri giorni, soprattutto la realtà di sofferenza, di dolore e di vulnerabilità, l’incapacità di dare risposte», ha rimarcato il porporato. «Credo — ha aggiunto — che soltanto se saremo liberati da questa schiavitù alla quale tutti siamo sottoposti — non c’è nessuno che possa dirsi esente — allora saremo capaci di aprire gli occhi, di renderci conto delle situazioni che ci sono nel mondo e anche vicino a noi, nella nostra realtà, e sapremo darci da fare, prenderci cura e fare quello che possiamo fare. Non possiamo fare tutto ma credo che ognuno di noi può fare qualcosa». Auspicio di Parolin è, perciò, «che ognuno si senta impegnato a lavorare su questo».
Dopo la benedizione, il coro ha intonato alcune canzoni e il pubblico in processione si è diretto verso il duomo di San Pietro di Schio, dove è stata celebrata la messa.
Mercoledì 28 giugno, durante l’udienza generale in piazza San Pietro, Papa Francesco ha incontrato Schmalz e il presidente della Rudolph P. Bratty Family Foundation, Christopher Bratty. Durante il breve saluto, insieme hanno riflettuto sull’eredità di santa Bakhita e, al termine, il Papa ha benedetto una miniatura della scultura realizzata con una stampante 3d, presentata dall’artista e dal donatore dell’opera.
di Salvatore Cernuzio