Un anno insieme I “nostri” canti dalle periferie

 Un anno insieme I “nostri” canti dalle periferie  ODS-012
01 luglio 2023

«L’Osservatore di Strada» così come è visto da chi, ogni mese, condivide su queste pagine
le proprie ferite e le proprie speranze: in questo numero non potevamo non dedicare anche i “canti dalle periferie” al primo “compleanno” del nostro mensile. Perciò, troverete qui alcune riflessioni
su cosa rappresenta per noi un giornale che fa “ascoltare” la voce dei senza voce
e sul sogno che desideriamo condividere con i lettori e con le persone che incontriamo,
quello di un mondo dove nessuno debba subire l’umiliazione di sentirsi escluso e scartato,
un mondo di giustizia e di pace per tutti.

Esistiamo!

È trascorso ormai un anno dalla prima pubblicazione del nostro giornale, che ci dà finalmente la possibilità concreta di raccontare, ai tanti nostri amatissimi lettori, che esistiamo! Noi, quelli della strada!

Da sempre, la gente comune, ma anche le istituzioni pubbliche e private e la Chiesa si adoperano per aiutare coloro i quali sono costretti, da varie e complesse vicissitudini esistenziali, a “vivere la strada”, sostenendoli nel cercare di superare le mille difficoltà che li affliggono.

I nostri modesti “scritti”, che, con grande orgoglio, possiamo pubblicare sulla carta stampata di un vero e proprio giornale, sono piccoli messaggi rivolti a giovani e meno giovani attraverso i quali vorremmo far capire che la vita, purtroppo, può riservare amare e dolorose sorprese. E questo può capitare anche a coloro che l’hanno trascorsa nel lavoro, al prezzo di grandi sacrifici per il benessere dei propri cari.

Oggi, finalmente, grazie al nostro «Osservatore di Strada», la Chiesa ci dà la possibilità di far sentire la voce di tanti poveri: una voce piccola, modesta, ma credo di grande valore umano, educativo e cristiano.

Di questo noi tutti, gente della strada, saremo sempre grati. E, sommessamente, vi chiediamo di continuare ad aiutarci, cari amici, e di sostenere il nostro giornale per dare sempre voce ai tanti fratelli che soffrono.

Raccontiamo
le nostre storie

Il nostro giornale compie un anno. La prima cosa che mi viene in mente è la continuità che, per un giornale, è una cosa a dir poco fondamentale per stabilire un rapporto con chi legge e anche con chi lo diffonde.

Il nostro gruppo, formato da alcuni ospiti della Cittadella della Carità di Santa Giacinta, si riunisce più o meno una volta al mese. E da quando ne faccio parte mi sono interessato sempre di più. Si parla, si discute delle cose della vita, di politica, di sport, di un po’ di tutto. E capita pure che ci facciamo un sacco di risate.

Proviamo ad arrivare al maggior numero di persone possibile per raccontare le nostre storie, la nostra vita e far capire che la figura, un po’ romanzata, del clochard, quello che sta per strada per una sua scelta, è una barzelletta. Vorremmo far capire ai lettori che, nella vita, può capitare a tutti di ritrovarsi, da un momento all’altro, in difficoltà anche estreme. Viste da lontano, queste situazioni sembrano quelle di un film. Non ti pare vero che possano succedere. Poi, da un giorno all’altro, ti ritrovi per strada, senza niente. E l’unica cosa che puoi fare è mantenere la tua dignità.

La relazione tra chi racconta e chi ascolta

Ho avuto la fortuna di incontrare questo giornale sei o sette mesi fa e di poterci scrivere. Per me «L’Osservatore di Strada», per quanto sia un piccolo giornale, ha una forza incredibile: dà voce a persone che hanno bisogno di essere viste, ascoltate.

Chi lo legge ritrova in queste pagine spaccati di vita vera: dolori, sconfitte, emozioni. Storie di chi aveva tanto e che, per motivi diversi, non ha più nulla, di persone, di esseri umani che vivono sotto i ponti o, i più fortunati come me, in qualche rifugio della Caritas.

Sono storie di svariati tipi, alcune semplici, altre molto complicate e interessanti, raccontate da “periferici” con passati incredibili. Ma non tutti hanno la fortuna, come l’ho avuta io, di incontrare qualcuno che, attraverso la voce di un giornale come il nostro, gli dia la possibilità di gridare le proprie sofferenze.

Sarebbe bello cercare e trovare questi “periferici” che sono ancora inascoltati. Ascoltare e raccontare le loro storie potrebbe essere, anche per chi legge, un aiuto per guardare con altri occhi le difficoltà che la vita — come è capitato a me — ti pone davanti: conoscere gli errori che si possono commettere e confrontarli con i propri. E renderti conto che, mentre cerchi di capirli, stai dando una risposta ai tuoi.

Questa relazione tra chi racconta e chi ascolta ti permette di capire che anche l’errore ha una sua valenza, una sua importanza. Capisci dove quegli errori (cocaina, eroina, alcol) ti hanno portato e cominci a sviluppare degli anticorpi: piano piano ricominci a costruire te stesso, ad avere stima di te, a sognare.

Ecco l’importanza di questo piccolo, grande giornale: ti mette in contatto con altre storie, con altri “periferici”, ti permette di cercare di rompere quella solitudine che non porta da nessuna parte. Anzi.

Una mano amica
che accompagna

Fuori dalla retorica e dentro la realtà: così la Chiesa ci sollecita nell’essere testimoni del nostro tempo. Anche se la vita ti ha condotto ad effettuare scelte errate e a condividere l’esperienza del carcere, c’è sempre lo spazio della Fede e della Speranza. Ogni uomo è portatore del messaggio evangelico, quando non si chiude in se stesso e quando è alla pari con chi gli sta a fianco.

La vita ti riserva sorprese, anche difficili da comprendere come, ad esempio, il valore inclinato della vita. Scrivo dopo undici giorni di ricovero in ospedale, dove mi hanno trattato con competenza e professionalità. Pensavo — sbagliando gravemente — di essere visto, proprio per il mio essere detenuto, come una pietra che dà fastidio. Ho errato. L’attenzione è stata costante e l’ospedale mi ha lasciato un buon ricordo anche se per me è stato il primo ricovero, arrivato dopo i 65 anni di vita. Un frate ci ha portato l’Eucaristia ed io mi sono sentito meno abbandonato. Rientrato in cella, ho trovato un nuovo numero dell’«Osservatore di Strada»: bello come sempre, lo sfoglio e lo leggo — direi — anche con una certa emozione.

Ecco la realtà, ecco lo strumento che mi ha creato sintonia, che mi ha fatto ri-scoprire la bellezza di conoscere — anche se solo per iscritto — tante altre persone.

«L’Osservatore di Strada» è la mano amica che accompagna, è la mano tesa che ti sollecita, che ti schiude intelligenza e conoscenza per dire — con chiara semplicità — che la strada è il luogo della vita e che osservarla aiuta tutti ad essere autentici nella condivisione di valori e, soprattutto, ad essere dentro la realtà che abbraccia tutti, compresi coloro che vivono in strada, anzi a cominciare proprio da loro che devono essere al centro di quell’umanità che troppo spesso si impigrisce e diventa egoista.

Tutto questo è il messaggio — semplice, ma efficace — dell’«Osservatore di Strada»: strumento della Chiesa in uscita e della sensibilità a fare ogni giorno quanto troviamo nelle pagine del Vangelo.

Un punto
di svolta

Domanda da 1.000.000 di $. Attenzione, però: anche in caso di risposta esatta, non si vince niente. D’altra parte il sottoscritto, illo tempore, ispirò l’immarcescibile tormentone estivo dei Righeria: «No tengo dinero, oh-oh-oh; no tengo dinero, oh-oh-oh-oh…». Dopo questa necessaria precisazione, torniamo alla domanda: può un giornale cambiare il corso della storia, la vita degli uomini?

Messa in questi termini, la cosa rischia di suonare eccessivamente idealistica, se non addirittura velleitaria. Certo, non mancano esempi di testate indissolubilmente legate a grandi eventi storici, anche rivoluzionari, ma in alcuni casi si tratta di “megafoni” di idee, analisi, strategie, parole d’ordine formulate in seno ad un governo, da organi dirigenti di un partito e via dicendo, molto meno all’interno di una redazione.

Eppure… eppur (qualcosa) si muove.

Evidentemente, in scala ridotta la cosa può funzionare.

Ad esempio, nella mia vita — che non sarà “storica”, ma mi sta pur sempre estremamente a cuore — «L’Osservatore di Strada» traccia una linea spartiacque. C’è un prima e un dopo, rispetto al giornale. A chi è intento, armato di unghie e denti, a risalire la china in fondo alla quale era scivolato, può significare tantissimo in termini di fiducia nelle proprie possibilità, speranze nel futuro (da cosa nasce cosa, non mi stanco di ripeterlo, per iscritto sul giornale e a voce agli amici più disfattisti), autostima perduta o forse scarsa già in precedenza.

A chi, come il vostro amato redattore (sì, lo so che gli sparereste volentieri, ma per cortesia usate la stessa benevolenza che adottate nei confronti del pianista) vuole approfittare di questa sospensione — si spera, temporanea — della propria vita per sottoporla a revisione e cercare di correggerne gli aspetti meno soddisfacenti, costituisce uno strumento di lavoro in più.

Se, ad esempio, della propria personalità non piace la difficoltà a parlare di sé, è vero che mettersi a nudo per iscritto, invece che verbalmente, sembra meno impegnativo perché meno coinvolgente. È però vero anche che un giornale raggiunge molte più persone, quindi ci si mette molto più a nudo. L’unica foglia di fico è che chi legge può non conoscere chi scrive. Ma la foglia può cader presto.

Insomma, vorrei evitare che la revisione della mia vita finisse come quella dell’ultima autovettura da me posseduta: non valendo la pena revisionarla, la rottamai.

A buon intenditor poche parole.

Più si dona
più si riceve

Più si riesce a donare e più si riceve: è questo il vero messaggio che bisogna saper accogliere dall’«Osservatore di Strada». Sono stata molto colpita e ho imparato molto da coloro che vivono in strada e hanno raccontato la propria storia. La loro sofferenza mi ha fatto molto riflettere e mi ha fatto capire quanto sia importante accoglierli dando loro speranza e dignità e facendoli sentire vivi. È importante far ritrovare loro quella strada che da tempo hanno smarrito, con uno sguardo, un sorriso, una stretta di mano e un abbraccio. E così si può scoprire che attraverso di loro si può incontrare Gesù, che sta sempre al nostro fianco. Lo si può incontrare nei loro sguardi tristi, ma pieni d’amore.

«L’Osservatore di Strada» viene pubblicato per loro, perciò chi lo legge si faccia partecipe delle storie di vita di questi fratelli soli. Chi passa accanto a loro non lo faccia con indifferenza, piuttosto giri lo sguardo ai margini della strada: lì c’è una persona che aspetta di ricevere un sorriso.

Ho fatto conoscere «L’Osservatore di Strada» a molta gente e tutti sono rimasti colpiti leggendo quelle storie di povertà, ma anche di speranza. Papa Francesco ha sempre voluto una Chiesa povera. Accogliamo il suo messaggio, segno di carità, di amore e di speranza.

Qui scrive
chi la strada
la conosce

Buon compleanno «L’Osservatore di strada»! Questo mese compi un anno. Sembra ieri quando abbiamo iniziato la pubblicazione di questo prezioso inserto mensile dell’«Osservatore Romano». Prezioso, perché scritto direttamente da chi la strada la conosce, la vive ogni giorno: ci dorme, ci mangia, ci fa tutto ciò che viene richiesto dalla vita. E non è un caso che, nato da poco (solo sei mesi), sei stato insignito del Premio Buone notizie a Caserta insieme a Monica Maggioni, all’epoca direttore del « tg 1» e già presidente della Rai, e a Nello Scavo, inviato di guerra del quotidiano «Avvenire», autore di approfondite inchieste sul traffico di esseri umani.

«L’Osservatore di Strada», ispirato direttamente da Papa Francesco, si distingue per quella informazione di ritorno che tanto manca in Italia. Sì, è vero, altri giornali, la radio e la televisione riportano notizie sui senza dimora, sui profughi e sugli emarginati, ma è pur vero che un intero giornale di 12 pagine scritto dai diretti interessati è tutta un’altra faccenda.

Chi meglio di chi vive la strada può raccontare la strada? Le difficoltà delle intemperie invernali ed estive, le ore in attesa di un pasto o di qualche indumento e, poi, le file per la doccia nei luoghi messi a disposizione dalle poche realtà di beneficenza, i pericoli di vivere senza un vero riparo?

Benvenuto «L’Osservatore di strada» e buon compleanno! Grazie a tutti coloro che contribuiscono a redigere gli articoli, a coloro che pazientemente lo distribuiscono in piazza san Pietro la domenica mattina, che lo portano nei vari luoghi frequentati dai senza dimora, grazie a coloro che scattano le fotografie e che si occupano dell’impaginazione. Grazie al direttore Andrea Monda.

«L’Osservatore di strada» viene distribuito gratuitamente e, come ha detto Papa Francesco, chi vuole può lasciare un’offerta che va alla persona che porge il giornale. Si fa affidamento sulla generosità di coloro che lo ricevono perché, è bene ricordarlo, sia i redattori sia i distributori operano a titolo gratuito.

Dare calore
nella povertà

«L’Osservatore di Strada» mi ha insegnato una bella cosa: dare grande calore nella povertà.

La prima volta che mi sono trovato in Piazza San Pietro per distribuire il giornale, sentivo dentro il mio cuore come una luce che si accende, come un fuoco dentro un grande cuore.

Tu, giornale «L’Osservatore di Strada», mi segui e mi dai forza.

Il racconto
della speranza

Questo giornale è un toccasana: parla di tante cose e racconta i desideri dei poveri. Contiene uno spaccato di vita che parla anche della Caritas diocesana di Roma.

I suoi racconti sono molto interessanti. Non dico queste cose perché ho scritto un libro, ma perché mi è sempre piaciuto parlare e raccontare la speranza attraverso la scrittura.

Alessandro

Antonio

Domenico

s.c.

Fabrizio Salvati

Lia

Stefano Cuneo

Agostino

Massimo Consalvi