Un lavoro interiore
Una gioia e un segno di speranza per la comunità ecclesiale e civile di Fabriano. È stata ufficialmente riaperta al culto la cattedrale, dopo gli interventi di ripristino e di restauro a causa del terremoto del 9 novembre 2022. A presiedere la celebrazione, sabato sera, 24 giugno, è stato l’arcivescovo Edgar Peña Parra, sostituto della Segreteria di Stato, il quale nell’omelia ha rimarcato la dimensione della «festa» per sottolineare il valore dell’avvenimento. E non soltanto perché il 24 giugno è dedicato al patrono della diocesi di Fabriano-Matelica, san Giovanni Battista, ma soprattutto perché «dopo gli eventi di quel drammatico novembre dello scorso anno, finalmente viene riaperta questa chiesa cattedrale».
Il luogo che tante volte ha visto i fedeli «radunati insieme per la preghiera, per la celebrazione della messa, per quelle relazioni umane e spirituali che sono la linfa di ogni azione pastorale e della stessa vita della Chiesa, oggi vi viene restituito», ha detto il presule rivolgendosi ai fedeli. Tante volte, ha aggiunto, anche negli ultimi anni, «la vostra comunità è stata colpita da episodi che ne hanno segnato il corso, con terremoti che hanno scosso non soltanto la terra ma anche i vostri cuori, le vostre anime, la vostra serenità». Il Signore, però, che «mai dimentica le preghiere e le lacrime dei suoi figli, vi dona l’occasione di ritrovarvi nella gioia e nella gratitudine».
Di una grande gioia parlava anche il Vangelo del giorno, in cui è narrata la nascita di Giovanni Battista. Si può dire che «tutto il vicinato accorre presso la casa di Elisabetta e Zaccaria per partecipare alla gioia che sta per venire alla luce». E quella casa, ha osservato il sostituto, «si riempie di un clima di attesa, di stupore e di festa, per le meraviglie che il Signore ha compiuto sull’anziana Elisabetta e per quelle che, attraverso la nascita di questo bambino, compirà per tutto il popolo».
Come il precursore, la comunità dei credenti è chiamata a essere una Chiesa che prepara la via al Signore. Giovanni Battista, infatti, «prepara la strada a un altro che deve venire». Non porta sé stesso, ha sottolineato l’arcivescovo, ma anzi «dice che deve diminuire perché Colui che deve arrivare, il Messia, possa emergere e risplendere». Non cura i propri interessi, «né approfitta del suo ruolo di profeta, ma si fa servo della Parola che sta per venire nel mondo», voce che sveglia «il torpore dell’anima e invita alla conversione, annunciando la visita imminente di Dio per mezzo del suo Figlio». In proposito il sostituto ha ricordato quanto affermato da Papa Francesco nell’omelia del 24 giugno 2014, cioè che Giovanni ha lavorato anzitutto per preparare, «senza prendere niente per sé. Il suo primo compito, dunque, è preparare il cuore del popolo per l’incontro con il Signore».
Il presule ha fatto riferimento anche a san Paolo vi , quando nell’indizione del Giubileo straordinario del 1966, al termine del concilio Vaticano ii , affermava: «La Chiesa cattedrale... raffigura il tempio spirituale che interiormente si edifica in ciascuna anima, nello splendore della grazia, secondo le parole dell’apostolo: “Voi siete il tempio del Dio vivente” (2 Cor 6, 16)» (Costituzione apostolica Mirificus eventus).
Infatti ciascuno, con il dono del Battesimo, è costituito come «pietra viva» e partecipa alla costruzione dell’«edificio spirituale» (1 Pt 2, 5). Tutti i fedeli, infatti, sono come «pietre viventi, unite profondamente, cementate dalla carità per mezzo di Gesù Cristo, che non è solo la pietra angolare e di sostegno, ma soprattutto il basamento di fondazione tra di noi, per l’edificazione dell’unico popolo di Dio».
Guardando e contemplando la cattedrale, ha concluso Peña Parra, «chiedo al Signore di rendervi, quale comunità chiamata a camminare insieme, sempre più “un cuor solo ed un anima sola” (At 4, 32)», con il dono di «una comunione più intensa nella corresponsabile partecipazione e nella comune ed operosa missione di dover testimoniare ed edificare la Chiesa». In questo senso, «l’immagine dei lavori di restauro che hanno tenuto chiuso questo edificio sacro possa sollecitare sempre e di nuovo, quel lavoro interiore della nostra vita, chiamata ad una sincera e permanente conversione».