Conclusi i lavori della 77ª assemblea generale della Conferenza episcopale italiana

L’orizzonte missionario
faro del Cammino sinodale

CEI President, Cardinal Matteo Maria Zuppi, during the 77th general assembly of the Italian Bishops ...
25 maggio 2023

Si è conclusa stamane con l’udienza di Papa Francesco ai partecipanti all’incontro nazionale dei referenti diocesani del Cammino sinodale italiano, la 77ª assemblea generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), che si è svolta in Vaticano dal 22 al 25 maggio. Le varie sessioni, arricchite dal lavoro nei gruppi sinodali, hanno avuto come tema centrale: “In ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Passi verso il discernimento”. Nel suo discorso odierno, Papa Francesco ha rinnovato l’invito a non avere paura di “chiamare tutti” e ha ringraziato i referenti diocesani per il lavoro che stanno portando avanti sul territorio.

Sollecitati dagli spunti offerti dal Pontefice, i vescovi — si legge nel comunicato conclusivo diffuso dalla Cei — si sono concentrati su una rilettura del biennio narrativo del Cammino sinodale, rilevando alcuni punti acquisiti, tra cui la ricchezza della rete di referenti diocesani; l’acquisizione del metodo della “conversazione spirituale” come stile sinodale permanente e dei “cantieri” come esperienza laboratoriale da proseguire; la consapevolezza delle fatiche e delle resistenze, la fecondità dell’icona biblica di Marta e Maria, ovunque recepita; la corrispondenza sostanziale tra il “sogno di Chiesa” emerso nel popolo di Dio e la Evangelii gaudium di Papa Francesco; le numerose difficoltà, dovute sia all’avvio del Cammino sinodale in piena pandemia, sia alle resistenze e obiezioni a volte espresse come “dissenso”, altre volte come disimpegno.

Durante i lavori, i presuli si sono confrontati sull’azione molteplice dello Spirito Santo nei singoli battezzati, nella comunità cristiana, nell’umanità e nell’intero cosmo: lo Spirito precede e ispira l’azione stessa della Chiesa, spingendola alla testimonianza; lo Spirito dota i battezzati del “senso di fede” che, attraverso l’esperienza del confronto, può diventare “consenso di fede”. L’orizzonte missionario, si è detto concordemente, deve restare il faro del cammino sinodale: senza questa prospettiva, che costituisce la natura stessa della Chiesa — che esiste per annunciare Cristo e il suo Vangelo — le comunità cristiane si perderebbero nelle loro problematiche interne, smorzando la forza dello Spirito e impoverendo così il mondo.

Per i vescovi, occorre offrire risposte concrete alle istanze evidenziate dalla comunità, dando ulteriore spazio all’ascolto e recuperando lo stretto legame tra ecumenismo e sinodalità. Non c’è infatti bisogno di un’altra Chiesa, ma di una Chiesa diversa, desiderosa di ascoltare piuttosto che di farsi ascoltare, capace di farsi presente nei luoghi ineludibili della povertà, dove manca la pace, dove la gente vive. Del resto, il dinamismo dei giovani e il fenomeno migratorio — scrivono i vescovi — ricordano alla Chiesa l’urgenza di mettersi in cammino, sempre in ascolto dello Spirito e della realtà che dettano i temi di un’agenda da cui non si può prescindere: la sinodalità — è stato sottolineato — non è un contributo alla neutralità.

Attraverso il lavoro dei gruppi sinodali e raccogliendo quanto emerso nel biennio, l’assemblea ha individuato alcune piste fondamentali per il discernimento operativo: la missione nello stile della prossimità; il linguaggio dell’annuncio, della liturgia e della comunicazione; la formazione e l’iniziazione alla vita cristiana; la corresponsabilità nella guida delle comunità; la revisione e la valorizzazione delle strutture.

Nel corso dei lavori sono stati ripresi e rilanciati i temi proposti dal presidente della Cei, il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, nella sua Introduzione: l’episcopato ha espresso gratitudine per l’ampiezza e la concretezza dei contenuti condividendone le linee di fondo di carattere pastorale, politico, sociale e culturale. Più volte, nel dialogo in aula, è risuonato il richiamo alla pace, con la domanda esplicita di un impegno nella linea espressa dagli incontri di spiritualità sul Mediterraneo e di un maggiore coinvolgimento della Cei sui temi della riconciliazione e della legalità. La guerra è una «macchina di morte fratricida», ha detto il cardinale Zuppi, nell’omelia della messa presieduta questa mattina nella basilica di San Pietro, a conclusione dei lavori. «Questa celebrazione che ci vede riuniti intorno a Pietro, accolti e sostenuti dalla presenza di colui che presiede nella comunione la nostra comunione, ci aiuta a contemplare cos’è la Chiesa, ci offre un’icona della sua realtà umana e spirituale, che non è mai idealizzata o virtuale». Il porporato ha sottolineato che la Chiesa e i cristiani credono nella pace, «siamo chiamati a essere tutti operatori di pace, ancora di più nella tempesta terribile dei conflitti».

In questo senso — è emerso sempre nel corso dei lavori — l’enciclica Pacem in terris resta, a sessant’anni dalla pubblicazione, un riferimento importante per rileggere il tempo presente. Così come, per il Paese, l’esempio dei tanti testimoni – Falcone, don Puglisi, don Diana – che sono stati uccisi per aver combattuto le mafie con coraggio e determinazione. Per questa ragione, è importante continuare a «operare per la liberazione dal male ed essere nel cuore dello slancio dell’Italia verso il futuro».

Ai vescovi della Cei è giunto il messaggio di Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica, con un ringraziamento alla comunità ecclesiale italiana per l’accoglienza dei profughi ucraini e per il sostegno nel far fronte all’emergenza causata dal conflitto, così come per gli aiuti concreti che hanno permesso, da un lato, di salvare tante vite umane e, dall’altro, di supportare la popolazione che sperimenta una grave crisi umanitaria. Gratitudine anche dalla Conferenza episcopale della Turchia per i contributi e l’affetto manifestato verso la Chiesa di Anatolia, in occasione del terremoto che ha devastato diverse aree della Turchia e della Siria.

Inoltre, ha evidenziato il cardinale Zuppi, in una società in cui «ci si esalta (e poi ci si deprime) nella drammatica vertigine della soggettività dell’io isolato», emerge forte la necessità di passare dalla logica della contrapposizione a quella della composizione, anche sulle questioni che riguardano la famiglia, il gender e l’educazione all’affettività. In particolare, per i vescovi non può mancare un’attenzione specifica al tema della colonizzazione ideologica, che chiede di essere affrontato con intelligenza e chiarezza, nella linea più volte indicata da Papa Francesco.

I presuli si sono trovati concordi della necessità di intraprendere azioni di salvaguardia della “Casa comune” sull’intero territorio, nel solco del magistero e in particolare dell’enciclica Laudato si’, ma anche di educare a gesti di solidarietà concreta nei confronti delle famiglie, sempre più alle prese con la mancanza di lavoro e di casa. Solidarietà che deve essere manifestata anche verso i migranti provenienti da tutte le rotte, compresa quella balcanica, per i quali si chiedono accoglienza, protezione, promozione e integrazione insieme a tutele sia sul piano della cittadinanza sia del lavoro, volte ad assicurare, tra l’altro, l’accesso alle scuole ai bambini e ad evitare forme di caporalato.

Un’altra urgenza messa a fuoco dall’episcopato è stata quella relativa ai giovani che, pur manifestando una forte ricerca di spiritualità, fanno fatica a trovare nella Chiesa ascolto e risposte alle domande esistenziali, di senso e di ragioni per vivere.

Dai presuli è arrivata la richiesta di un cambiamento che permetta di supportare (e non ostacolare) le diverse forme di volontariato, a fronte di una burocrazia asfissiante che rende difficile fare il bene organizzato nel Paese.

Forte preoccupazione, inoltre, è stata espressa per il fenomeno, ampiamente cresciuto con la pandemia, del gioco d’azzardo, causa di patologie e di drammi economici, e per quello della denatalità che deve essere affrontato con soluzioni sul versante del welfare ma anche dal punto di vista culturale.

Nei loro interventi, i vescovi hanno ricordato la dolorosa questione dello spopolamento delle aree interne, in particolare di molte zone del Mezzogiorno. È stato avviato anche un confronto sul processo di unificazione delle diocesi “in persona Episcopi”: in modo particolare sulle modalità di prossimità e di presenza sul territorio, oltre che sulla necessità di una verifica dei frutti degli accorpamenti avvenuti nel passato.

Infine, è stata ricordata la “Giornata per la Carità del Papa”, in programma per domenica 25 giugno sul tema “Siate partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno” (cfr 1 Pietro, 3,8). Si tratta di un modo concreto per sostenere la missione e le attività del Pontefice, standogli accanto, con la preghiera e le opere. Nel 2022 le diocesi italiane hanno offerto alla Santa Sede 1.820.236,01 euro; l’importo pervenuto alla Santa Sede a norma can. 1271 del Codice di Diritto Canonico è stato di euro 4.001.500,00.