Un genio della neurologia cognitivista, chiamato a far parte della Pontificia Accademia delle Scienze, Marianne Wolf, mi ha ricordato una splendida espressione di Tolkien, che invitava a riaccendere i cuori in un mondo che è diventato freddo. Questo il dono della lettura, che la Wolf invita a preservare, nello scorrere rapido, troppo rapido, di immagini che ci bombardano, ci suggestionano, ci catturano. Un’opportunità, ma anche la possibile perdita di concentrazione e quindi di analisi, di capacità critica, allenate da “soli” seimila anni di esperienza.
L’uomo, e il suo cervello, sono attivi da ben più tempo. Eppure la parola scritta e letta hanno plasmato la nostra mente, allargandone le potenzialità, e perderne per acquisirne altre non sarebbe una buona idea. Per questo il suggerimento è bialfabetizzarsi, ovvero imparare, da piccoli ma non troppo, a frequentare il mondo della carta e quello digitale, cominciando però dalla carta. E dal racconto orale mediato dalle parole di chi ci vuol bene, rito tenero e fondamentale per esaltare il nostro talento linguistico, quello della favola della buonanotte.
L’incontro con i libri di questa studiosa gioiosa e appassionata, così attenta a preservare l’umano in noi, a fronte delle scoperte tecnologiche più spettacolari, è l’occasione per ragionare sulla lettura, e sull’urgenza di riaccendere i cuori. Perché leggendo si allarga l’orizzonte del nostro piccolo mondo, ma si apprende per contagio e immersione la virtù dell’empatia, che è meglio definita dal termine carità, e fratellanza. Un romanzo, una poesia ti mettono in comunicazione con altri diversi da te, ti rendono cosciente delle tue pochezze, condivise con altri uomini, ti mostrano testimoni di sentimenti e azioni che condividi o vorresti condividere, con maestri di cui hai bisogno, che nessuno davvero vuol star solo sul cuor della terra, e un raggio di sole non basta.
Ciò che scalda è la parola, amica o diventata amica per quello scambio di ragione e cuore che un buon libro permette. Sfondando il muro della solitudine, dell’indifferenza. Una fiaba ai nostri bambini, ripetuta e sempre rinnovata, regala parole che non usiamo nel quotidiano, disegna mondi che appartengono al nostro immaginario remoto, ci insegna ad essere noi, il burattino ribelle e ansioso di amore, il cavaliere che agogna l’avventura o il pirata che scruta il mare e il destino.
Senza nostalgie anacronistiche, la voce di un lettore su smartphone o tablet è altra cosa. Lo dice la scienza, che studia le aree del cervello che più o meno si attivano. Il cuore, quello segue, se educato a guardare il reale e chi lo abita.
di Monica Mondo