L’intervento del cardinale Mario Grech

Sinodalità e ascolto
delle periferie

 Sinodalità e ascolto delle periferie  QUO-112
15 maggio 2023

«L’ascolto delle periferie»: è questo il campo in cui grazie alla «sua esperienza centenaria» Caritas Internationalis «può illuminare l’attuale processo sinodale della Chiesa». Se ne è detto convinto il cardinale Mario Grech, intervenendo sabato scorso alla 22a assemblea generale della confederazione degli organismi caritativi ecclesiali cattolici.

Invitato a sviluppare la tematica dei lavori «Costruire nuovi cammini di fraternità» in relazione proprio al ruolo di segretario generale del Sinodo dei vescovi, il porporato ha evidenziato come la prassi sinodale sia «intimamente legata alle radici cristologiche, ecclesiali e spirituali della carità cristiana, e quindi intrinseca alla “identità distintiva” della Caritas».

In particolare, ha spiegato Grech parlando in inglese, «l’opzione preferenziale per i poveri e i più deboli» rimanda a «uno dei tratti caratteristici di una Chiesa sinodale: quello dell’ascolto, inteso» come il prestare orecchio al «gemito dello Spirito particolarmente attraverso il “grido” degli ultimi e degli esclusi che costituiscono la maggioranza del pianeta». Tuttavia, ha constatato, «nelle diverse consultazioni sinodali fin qui svolte» è emerso «che diverse Chiese particolari hanno avuto grandi difficoltà a realizzare concretamente questo ascolto delle periferie; non tanto perché non lo vogliano fare, ma semplicemente perché non lo sanno fare». E di conseguenza «l’impegno della Caritas verso gli ultimi e la sua concreta vicinanza fino a “toccare la carne ferita” di quanti sono emarginati e “scartati” dalla società dei consumi, rappresentano un aspetto cruciale per la realizzazione di un autentico cammino sinodale di conversione». Infatti, «come ha sottolineato con forza anche il Sinodo amazzonico, non c’è sinodalità» senza «prossimità concreta per ascoltare con chiarezza il grido di tutti coloro che subiscono» ingiustizie.

Il cardinale si è poi soffermato sull’«individualismo che permea fortemente tutti gli strati della postmodernità», rilanciando la sinodalità come antidoto efficace per sconfiggere questo problema, «non solo nella Chiesa ma in ogni parte della società dove regna la cultura dello scarto». Ed ecco allora che «camminare insieme ai poveri e agli esclusi non significa semplicemente farsi carico dei loro bisogni, siano essi fisici o spirituali, cadendo così in una logica meramente assistenzialista». Piuttosto, ha osservato il segretario generale del Sinodo, «significa soprattutto imparare» da loro, mettendosi a “scuola delle periferie”, alla “cattedra dei poveri”, perché esiste una “sapienza dei margini” «che invita e interpella ad abbandonare la nostra logica limitata e presuntuosa e a ripensare tutto a partire da quella “capovolta” da Gesù, “il primo dei poveri”», ha chiarito citando un’espressione del cardinale Tagle. Il Figlio di Dio, del resto, «si abbassa e si dona pienamente fino alla consumazione totale di sé per elevarci, nello Spirito, al Padre».

Nel concreto, insomma, si tratta di «riconoscere pienamente i poveri e gli esclusi come nostri pari, cioè come fratelli e sorelle che hanno nel Figlio la stessa dignità di figli». E, ha insistito Grech, in tale «prospettiva, ascoltare i poveri con cuore aperto e accogliente» significa «fare spazio a Dio, che si rivela nella carne umana e ci offre la giusta prospettiva per una maggiore comprensione sia del mistero dell’Incarnazione e della redenzione, sia di tutta la realtà nella sua ricchezza». Perché, ha concluso, «per una Chiesa sinodale non basta la conversione della singola persona, così come non bastano le strutture da sole. Piuttosto, dobbiamo lavorare per una cultura sinodale diffusa capace di abbracciare tutta la vita con tutta l’umanità».