La speranza, la felicità
e il compito della politica

Pope Francis greets children during a two-day 'General States of Birth' conference in Rome on May ...
13 maggio 2023

Il grigio è l’opposto del verde. Non solo e non tanto perché il grigio è il colore del cemento e dell’asfalto mentre il verde è la natura, l’erba, gli alberi.. ma perché il verde è il colore della speranza mentre un’esistenza grigia è quella segnata da monotonia, mestizia, rassegnazione. Verde è stato il colore con cui ieri Papa Francesco ha “colorato” gli Stati Generali della natalità da cui si era elevato un grido per la condizione in cui versa l’Italia rispetto alla “questione” delle nascite. Se un fatto diventa una questione, se nascono istituzioni per seguire un fenomeno, vuol dire che le cose non vanno bene e che si è già in ritardo. Speranza è infatti la parola, a lui molto cara, che il Papa ha voluto “consegnare” a tutti i partecipanti, perché, ha affermato: «La sfida della natalità è questione di speranza».

Ogni crisi, politica, sociale, economica, è sempre innanzitutto una crisi spirituale. Per cui senza dubbio la politica potrà, dovrà, trovare le giuste misure per cercare di invertire la tendenza e trasformare l’attuale inverno in una primavera demografica, ma il nodo del problema è quello indicato dal Papa, passare dal grigio al verde, trasformare la tristezza e la solitudine in solidarietà e speranza. Una speranza che, ha avvertito il Papa, «non è, come spesso si pensa, ottimismo, non è un vago sentimento positivo sull’avvenire. Non è illusione o un’emozione che tu senti, no; è una virtù concreta. È un atteggiamento di vita. E ha a che fare con scelte concrete. La speranza si nutre dell’impegno per il bene da parte di ciascuno, cresce quando ci sentiamo partecipi e coinvolti nel dare senso alla vita nostra e degli altri».

La speranza ha a che fare con gli altri e con il loro destino. Un po’ come la felicità secondo la bella definizione del vescovo americano Fulton Sheen: «La felicità non si ottiene puntando affannosamente alla sua ricerca, ma viene incontro, come una sorpresa, a chi è intento a far felici gli altri».

La felicità è stato l’altra parola insieme alla speranza che il Papa ha voluto consegnare nel discorso di ieri invitando la politica ad essere all’altezza del desiderio racchiuso nel cuore delle persone, un desiderio la cui “asticella” non deve mai essere abbassata «accontentandosi di surrogati privati e mediocri». Ridurre l’orizzonte vitale a una vita di “surrogati” rende tristi, ci separa dal nostro desiderio di felicità e «quando siamo tristi, grigi, ci difendiamo, ci chiudiamo e percepiamo tutto come una minaccia. Ecco, la natalità, così come l’accoglienza, che non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società. Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno. E tante volte si dimenticano di sorridere».

Le parole del Papa aprono davanti agli uomini politici un bivio preciso e chiedono conto rispetto ad una visione della società: da una parte una “somma di individui”, dall’altra un popolo composto di persone. Senza disturbare tutta la tradizione del personalismo cristiano, è però chiara la differenza tra la persona, che è una rete di relazioni, e l’individuo che invece è distinto, separato, isolato. Sta qui la responsabilità dei politici che, rispetto al tema specifico della crisi della natalità, devono sempre ricordarsi la distinzione che De Gasperi faceva tra il politico e lo statista, il primo occupato a pensare alle prossime elezioni, il secondo alle future generazioni. 

di Andrea Monda