Il vescovo di Hong Kong a colloquio con il direttore de «la Civiltà Cattolica»

La missione di essere «Chiesa ponte»

 La missione di essere «Chiesa ponte»  QUO-110
12 maggio 2023

«La nostra diocesi ha ricevuto dal Papa Giovanni Paolo ii la missione di essere una “Chiesa ponte” … la sfida più grande è collegare le parti diverse e opposte, per aiutarle a vedersi come persone umane desiderose di essere ascoltate e comprese. Aiutarle ad ascoltare le controparti con rispetto ed empatia, nella speranza che ciò lenisca il loro disagio e/o favorisca la collaborazione». È questo uno dei passaggi più significativi dell’intervista del vescovo di Hong Kong, monsignor Stephen Chow Sau-yan, rilasciata a padre Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica», e il cui testo integrale si può leggere in italiano, inglese e cinese sul sito della rivista dei gesuiti.

Monsignor Chow racconta la sua visita a Pechino dal 17 al 21 aprile scorsi e parla delle sfide per la Chiesa cattolica in Cina. L’intervista è stata pubblicata oggi alla vigilia della presentazione, domani 13 maggio alle ore 18, presso la sede de «La Civiltà Cattolica» a Roma, del volume in lingua cinese Il magistero di Papa Francesco. Una guida alla lettura delle sue encicliche ed esortazioni apostoliche di padre Spadaro. All’evento interverrà il pro-prefetto per la Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari del Dicastero per l’Evangelizzazione, il cardinale Antonio Luis Gokim Tagle.

Nell’intervista, monsignor Chow afferma di considerare la sua visita a Pechino come una prosecuzione del viaggio compiuto dal cardinale John Baptist Wu nel 1994, all’epoca vescovo di Hong Kong: il fatto di essere una “Chiesa ponte” — osserva – «fu menzionata per la prima volta dal venerabile Matteo Ricci», missionario gesuita in Cina tra il xvi e il xvii secolo. «Sebbene dall’istituzione dell’Accordo provvisorio» tra la Santa Sede e la Repubblica popolare cinese — ha aggiunto — «sia stato stabilito un canale ufficiale tra i rispettivi dipartimenti di Stato della Santa Sede e della Cina, consideriamo il nostro viaggio del 17 aprile come un ponte, a livello diocesano, tra Pechino e Hong Kong. Tra i frutti più notevoli di quella visita scorgo il contatto personale tra i presuli delle due diocesi e il riaccendersi della collaborazione in diverse aree. La collaborazione che abbiamo concordato, fortemente auspicata da entrambe le parti, ci dà speranza e determinazione a lavorare insieme».

Circa l’Accordo provvisorio, afferma che a suo parere «non è morto come alcuni sembrano aver suggerito. Ma le discrepanze di vedute tra le due parti sull’assegnazione dei vescovi ad altre diocesi potrebbero costituire un fattore da sottoporre a una migliore comprensione. Pertanto, se per il futuro si svolgessero colloqui più regolari e approfonditi, forse ne verrebbero dei chiarimenti».

Interpellato sul significato della cosiddetta “sinicizzazione” della Chiesa, ha risposto che occorre continuare a dialogare sull’argomento perché la Chiesa nel continente sta «ancora cercando di capire quale significato dovrebbe assumere per sé» questo concetto e «a tutt’oggi non è pervenuta a una conclusione definitiva».

«Secondo uno dei funzionari governativi che abbiamo incontrato durante il viaggio — ha sottolineato — la sinicizzazione assomiglia al nostro concetto di inculturazione. Quindi, penso che per ora sia meglio non saltare a conclusioni sulla sinicizzazione».

Ha quindi osservato che «piuttosto che sul linguaggio dei “diritti”, noi preferiamo porre l’accento sulla coltivazione della “dignità”, e su un sano senso del “dovere” verso la comunità, la società e il Paese. È nostro dovere promuovere e assicurare la dignità degli altri, non solo la nostra. Ciò detto anche la Cina, come il resto del mondo, deve imparare a fare meglio per promuovere la dignità di tutti in patria e al di fuori, sebbene le vada riconosciuto di aver compiuto un lavoro straordinario per eliminare la povertà materiale e l’analfabetismo nel Paese».

Parlando di Matteo Ricci, ha affermato che «è ancora conosciuto e stimato in Cina, dentro la Chiesa e fuori. È molto rispettato dai cattolici in Cina, ed è tenuto in grande considerazione anche dagli intellettuali cinesi. Anche il presidente Xi ha omaggiato Ricci in uno dei suoi discorsi alla comunità internazionale».

Riguardo a Papa Francesco, ha affermato che molti cattolici «apprezzano quello che sta facendo per la Chiesa in Cina. I vescovi che ho incontrato durante questo viaggio hanno una disposizione positiva nei suoi confronti. Ma quanti sono contrari all’Accordo provvisorio sembrano piuttosto prevenuti» nei suoi confronti. Tuttavia — ha spiegato — «da quello che ho visto e letto, così come dall’atteggiamento dei cattolici che ho incontrato durante il viaggio, direi che una grande maggioranza dei cattolici in Cina è fedele a Papa Francesco e spera che l’Accordo provvisorio porti cambiamenti auspicabili per la loro Chiesa, non ultimo un incontro tra Papa Francesco e il presidente Xi. Anche il governo cinese ha molto rispetto per Papa Francesco. I suoi componenti apprezzano particolarmente la sua apertura mentale e l’inclusività». Quindi monsignor Chow conclude: «Dal momento che Papa Francesco ha espresso il suo amore per il popolo cinese e la sua speranza di visitare la Cina, non stupirebbe che anche il governo cinese volesse vederla realizzata. Preghiamo affinché questo accada, non solo per il Papa o per la Cina, ma per il mondo».