Recitati dal Papa al termine dell’udienza alla diocesi di Asti

Quei versi in piemontese
cari a Jorge Mario Bergoglio

 Quei versi in piemontese cari a Jorge Mario Bergoglio  QUO-109
11 maggio 2023

Un incontro dal sapore familiare, questo il sentimento dominante nell’udienza che, venerdì 5 maggio, Papa Francesco ha riservato ai fedeli astigiani, giunti in Vaticano per ringraziarlo della visita avvenuta il 19 e 20 novembre scorsi. Insieme alla numerosa delegazione della diocesi, convenuta a Roma, «alle radici della nostra fede», hanno preso posto nella Sala Clementina del Palazzo apostolico alcune delle autorità più importanti della città piemontese.

Sono ancora ben vive nella nostra memoria e presenti nel nostro cammino di fede le parole con le quali il Papa iniziò la sua omelia nella cattedrale di Asti, nella festa di Cristo Re: «Preghiamo il Signore perché benedica questa terra». Fin da subito, la sua vicinanza si rese esplicita con il preciso riferimento al fatto che «da queste terre mio padre è partito per emigrare in Argentina, e in queste terre, rese preziose da buoni prodotti del suolo e soprattutto dalla genuina laboriosità della gente, sono venuto a ritrovare il sapore delle radici».

E ora siamo stati in pellegrinaggio a Roma, nella “sua” casa, ad esprimere il “grazie” dell’intera comunità astigiana per il tempo che ci ha dedicato e per averci mostrato quella vicinanza e quell’affetto tutto particolare che lo lega alle nostre terre e alla nostra diocesi.

«Benvenuti!». Con questa parola il clima di attesa dell’incontro si è sciolto in un sentimento di calda vicinanza al Santo Padre e nessuno è stato deluso. Francesco ci ha confermato: «Questo senso di calore umano non è solo un’emozione, no, è calore umano astigiano, è una cosa vostra! Si è acceso in me guardando i vostri volti gioiosi, sentendo il vostro affetto, vedendo che c’è una famiglia che va avanti, che cammina sulla strada del Vangelo, con tutti i limiti e le difficoltà».

«Un momento di grande calore umano — fatto con legna piemontese, che non scalda subito, ma dopo un po’ di tempo e poi dura! —. Un momento di famiglia, in senso ampio».

Una famiglia che collabora per un bene condiviso: è stata l’esperienza forte di coesione diffusa in diocesi nei giorni che hanno preceduto la sua visita. Un mese intenso e frenetico in cui tutta la città, tutte le autorità e istituzioni si sono sentite unite ed affiatate. Abbiamo fatto un’esperienza profonda di fraternità e di collaborazione.

E puntualmente, riflettendo sulla parola “famiglia”, il Pontefice ha ribadito: «La famiglia è una realtà tanto cambiata, e sta cambiando, eppure rimane un valore-chiave». E parlando al nostro cuore, il Papa ha indicato come «l’amore di Cristo trasforma la famiglia, la libera dalle dinamiche dell’egoismo, e la arricchisce di un legame nuovo non dominato dagli interessi e dalle convenzioni della parentela, ma animato dalla gratitudine, dalla riconoscenza, dal servizio reciproco».

Nonostante il comprensibile affaticamento fisico della mattinata, il Santo Padre ha dedicato a ciascuno dei presenti uno sguardo di amorevole paternità. A chi faceva notare che questa fatica di saluto personalizzato poteva essere alleggerita, il Papa confermava, continuando a stringere mani a chi veniva a porgergli un saluto, una sofferenza, una gioia: «Va bene così, a me piace molto salutare tutti!»

Questo voler incontrare tutti, proprio tutti, ci dona la dimensione più ampia dell’essere parte della Chiesa e la consapevolezza (molto sinodale) di essere coinvolti in un cammino al seguito di Gesù Cristo, come “fratelli tutti”.

In questo senso, ci indica il Papa: «La parola fraternità non è solo un bel modo di dire, un ideale per sognatori, ma ha un fondamento, Gesù Cristo, che ci ha resi tutti fratelli e sorelle, e ha una strada, il Vangelo, cioè la via per camminare nell’amore, nel servizio, nel perdono, nel portare i pesi gli uni degli altri».

Uno dei frutti della visita del Papa ad Asti è l’ambulatorio “Fratelli tutti” che presto sarà a disposizione della collettività cittadina. Sarà un luogo in cui gli scartati, i poveri e i dimenticati potranno ricevere cure sanitarie e accedere a visite mediche specialistiche. L’ambulatorio si avvarrà della collaborazione di personale infermieristico e medico che, a titolo volontario e gratuito, offrono tempo e competenze per la salute dei più svantaggiati. I volontari sono persone con appartenenze religiose, culturali e politiche differenti, ma accomunate dal desiderio di creare un mondo più fraterno e giusto.

Non ci nascondiamo il desiderio di poter ancora accogliere il Papa ad Asti, a casa sua. E nel commiato il Santo Padre ha voluto lasciarci un ultimo, grande insegnamento di calore famigliare e di impegno sociale citando, in piemontese, con commozione, i versi di una nota poesia di Nino Costa, che sappiamo essergli particolarmente cara:

«Ma ‘l pì dle vòlte na stagion përdùa

o na frev o ‘n maleur dël sò mësté

a j’anciòda ‘nt na tomba patanua

spersa ‘nt un camposanto foresté»

[“Ma il più delle volte una stagione perduta

o una febbre o una disgrazia del loro mestiere

li inchioda in una tomba ignuda

sperduta in un camposanto forestiero”]

Parole tratte da Rassa nostrana per ricordare gli astigiani immigrati e non più tornati, un invito percepito come forte richiamo all’impegno di fronte a quanto sta succedendo nel nostro presente. «Oggi il nostro Re dalla croce ci guarda “a brasa aduerte”. Sta a noi scegliere se essere spettatori o coinvolti. Sono spettatore o voglio essere coinvolto?». Questo ci aveva detto il Papa ad Asti ed è sembrato ripeterlo in questo saluto fuori programma. Grazie Santo Padre, «vogliamo essere coinvolti»!

di Marco Prastaro
Vescovo di Asti