Un documentario sulle donne africane vittime dell’abbandono

«In-Visibles» è come Pasqua

 «In-Visibles» è come Pasqua  QUO-107
09 maggio 2023

Che cosa avranno mai in comune Eya Hegnon (sarta), Agnes Sokpo (riflessologa), Benedicta Sokpo (psicologa), Christine Munetu (pasticcera), Rebecca Ama Agboli (pasticcera), Mamatou Akpo Sotondji (negoziante), Dorcas Fleur Kpodo (fondatrice di un orfanotrofio) e Noeline Ezan Akossiwa (parrucchiera tirocinante) con tante altre donne in Africa? L’esperienza dell’abbandono, della violenza, della solitudine, della disoccupazione. Se non fosse stato per le Suore della Provvidenza, per le Suore di Maria Madre della Chiesa e per le religiose appartenenti ad altre congregazioni, queste donne sarebbero ancora abbandonate, sole e disoccupate. Sono loro le donne invisibili che il documentario di 30 minuti In-Visibles — che verrà proiettato per la prima volta a Roma sabato 13 maggio, alla vigilia dell’assemblea generale dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche (Umofc) — vuole invece rendere visibili.

La presidente dell’Umofc e dell’Osservatorio mondiale delle donne (Omd), María Lía Zervino, ha detto a Vatican News che In-Visibles vuole compiere la missione dell’Osservatorio mondiale delle donne di «dare visibilità alle donne che sono invisibili, invisibili perché sono sommerse in quell’oceano che il Papa chiama la “globalizzazione dell’indifferenza”. E vogliamo anche dare visibilità all’opera delle suore». L’Umofc ha deciso che il modo migliore per «sensibilizzare sulle sofferenze delle donne in Africa a causa della violenza di genere» fosse realizzare un film sul posto, spiega María Lía: «E l’arte è il modo in cui più facilmente possiamo noi aprirci a un’altra realtà, prendere coscienza di quello che capita, della situazione, delle esperienze e delle donne che hanno sofferto violenza, però che grazie all’aiuto delle suore, delle congregazioni, anche delle donne laiche, adesso hanno potuto ritrovare il senso della loro vita e formare una famiglia integrate nella società e andare avanti».

Lia Beltrami, amministratore delegato di Aurora Vision, è incaricata dall’Omd per la produzione del documentario: «L’idea, quando mi è stata proposta, mi è piaciuta subito perché è un po’ l’impegno di una vita», dice a Vatican News. Dopo aver individuato un’area tra il Togo e il Ghana «siamo partite proprio lavorando insieme, insieme alle donne, perché la donna in Africa, in questo caso, vive sofferenze grandissime che sono comuni un po’ a tutte le zone». Lia sceglie suor Eleonora Agassa, delle Suore della Provvidenza, come aiuto regista. «Mi piaceva tantissimo l’idea di lavorare con una suora, una tipologia di suora diversa rispetto a quel prototipo a cui si è abituati», dice riferendosi al fatto che suor Eleonora è antropologa e sta studiando per prendere la licenza in comunicazione. «La storia molto bella che c’è dietro — spiega ancora Beltrami — è che la mamma di suor Eleonora è nel gruppo Umofc del Togo. E suor Eleonora, quindi, diventa suora già dentro quest’idea, dove l’associazione di donne cattoliche laiche lavora insieme con le suore per il bene delle donne, di tutte le donne della comunità». La competenza di suor Eleonora è stata fondamentale per la realizzazione di questo film, rileva Lia: «La sua precisione e la sua determinazione sono state fondamentali, ma anche la sua sensibilità nell’individuare le storie da raccontare, perché lei ha organizzato subito tutte le riunioni» con le varie congregazioni di suore e ha così ristretto il gruppo delle donne sulle quali concentrarsi. «Questa esperienza è stata bellissima per me, è stata una sorta di tirocinio», dice suor Eleonora a Vatican News: «In-Visibles è come Pasqua perché racconta la discesa nelle sofferenze più profonde sopportate dalle donne africane e poi la loro rinascita, la loro risurrezione. E nella loro risurrezione, accanto a esse c’è la figura delle donne consacrate. Direi — prosegue la religiosa — che il documentario non mostra tutte le sofferenze delle donne africane, no. Questo è solo una goccia. È come una radiografia, forse non soltanto delle donne africane ma di tutte le donne nel mondo».

Suor Eleonora spiega ancora che un aspetto delle sofferenze che le donne africane portano dentro di sé è la sensazione terribile quando manca il coraggio per aprirsi all’altro: «La vita diventa, direi, una tomba in cui vivono le donne. Direi ancora che il lavoro delle persone consacrate è proprio questo, questo aiuto che si dà non per soddisfare un bisogno momentaneo, ma per rendere la persona autonoma, affinché si possa guadagnare degnamente la vita. Per questo faccio un appello a tutte le persone di buona volontà: di aiutare i progetti delle congregazioni, delle comunità religiose che operano in questo ambito di autonomia delle donne e delle famiglie». Anche María Lía Zervino è venuta per le riprese: «Per me, personalmente, è stata un’esperienza davvero commovente», racconta. Aveva già letto 10.000 sondaggi che l’Omd ha ricevuto da donne africane da oltre trenta Paesi, e aveva ascoltato centinaia di donne negli incontri in piccoli gruppi. Tutto quello che ha sentito e letto «è diventato carne e ossa, è diventato reale», ricorda: «Abbiamo toccato con mano, visto con i nostri occhi e sentito nel nostro cuore, non abbiamo solo capito con il nostro cervello, abbiamo fatto sì che la voce di quelle donne diventasse la nostra. Ecco, per questo l’Osservatorio ha prodotto In-Visibles, grazie all’aiuto del nostro partner, la Fondazione Hilton: vogliamo creare una rete tra congregazioni religiose e organizzazioni civili per lanciare una campagna globale per sradicare gradualmente la violenza contro le donne in Africa».

di Bernadette Reis


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